Artisti molti. Ma moltissimi (e internazionali) i direttori di festival, di teatri, di circuiti, gli operatori dello spettacolo, i programmatori, gli studiosi, i giornalisti. E anche i social media manager, i video-maker, i curiosi.
Quasi quattrocentocinquanta osservatori erano la scorsa settimana a Cagliari, la città che ha ospitato la settima sessione della New Italian Dance Platform – NID 2023. Appuntamento biennale durante il quale la coreografia italiana fa il punto su se stessa e – soprattutto – si presenta ai compratori stranieri.
Un’expò muscoloso. Con le parole dell’economia della cultura, un simposio importante (vedi cosa scrivevo qui). Per gli artisti. Per i produttori. Per i pubblici futuri.

Qualche colpo d’occhio
Primo colpo d’occhio. Davanti al sipario incendiato di luce, una figura si muove a carponi. Chissà se è un uomo, o un ominide piuttosto, creatura ancora animale. Tasta il terreno con gli arti, si inoltra con cautela in quel deserto infuocato, disabitato. Per lui è una terra sconosciuta. Certo pericolosa. E la esplora. (Deserto tattile, di Nicola Galli)
Secondo colpo d’occhio. Due scattanti figure femminili saltano con la corda. Come facevano da bambine. Vanno avanti per un quarto d’ora. Senza sbagliare un colpo. Movimenti identici e coordinati. Battito regolare. Poi, impercettibilmente, il ritmo si sfasa, però resta controllato, impeccabile, esatto. Fase e controfase. Danza e contraddanza. Corpi e corde diventano una tecnologia sonora. (Do-around-the-world, coreografia di Parini Secondo).

Terzo flash. Come se fossimo in sala prove, il coreografo Fabrizio Favale presenta alcuni momenti del suo training. Ciascuno è dedicato a un nome magistrale della danza del secolo scorso: José Limón, Merce Cunningham, Trisha Brown. Nessuna esigenza spettacolare, solo la volontà di dimostrare che lo studio implica progressione e evoluzione. E consente derive fortunate (Danze americane, danza di Fabrizio Favale).
Torte, oppure calze a rete
Quarta visione, con ricetta inclusa. Anna Pavlova è stata una ballerina russa, tra le più famose degli inizi del XX secolo. La Pavlova è anche un dessert, molto iconico: “torta di meringhe, farcita di panna montata, con una cascata di frutta fresca” spiega il tutorial che scorre in sovraimpressione, mentre la voce del perfomer intona al microfono canti piuttosto arrugginiti. Con grazia, la sua partner serve fette di dolce al pubblico in prima fila (Umlaut, ideazione e coreografia di Giuseppe Vincent Giampino).
Quinta e ultima immagine, scollacciata. Una decina di palloncini neri nuotano sul palcoscenico. Sei gambe tornite, avvolte nelle calze a rete dei porno fetish, si aprono e si chiudono come compassi. Davanti a loro, ci siamo noi, voyeur discreti di un ballo di un secolo e mezzo fa: il cancan. Che in questo frangente ammicca a un eros contemporaneo, malizioso, fluido. I maschi sono due, la donna è una. Noi vediamo però solo sei gambe, potenti. (Cancan, coreografia di Fabritia d’Intino).

Pensata e praticata
Progetti, percorsi e traguardi diversi. Questi, e molti altri ancora, si offrivano agli occhi degli ospiti della settima sessione di NID 2023, la piattaforma che ogni due anni chiama a raccolta, seleziona e presenta a una platea internazionale la nuova danza del nostro Paese. In altri termini, più aziendali, la promozione all’estero del made in Italy.
A Cagliari, sede di questa edizione, molte erano le creazioni recenti, recentissime, come quelle a cui ho appena accennato. Alcune ancora in gestazione, altre già solide: insieme andavano a formare la sezione Open Studios, ventaglio aperto nel quale registrare il movimento veloce di un settore in continua crescita. Almeno dal punto di vista artistico, perché le risorse economiche sembrano sempre mancare.
Tra i molti tentativi – alcuni fragili, approssimativi, incespicanti – si potevano però distinguere lavori di un’originalità e di un intuito che parlano una una lingua d’arte pensata e praticata, con sicurezza e determinazione.
Penso a CrePa, per esempio, miscela di movimento, gesto, testo, nella quale i tanti significati del titolo, riescono davvero a prendere corpo, anzi i corpi, quelli di Sara Sguotti e Arianna Ulian (autrice del mordace testo in versi). Succedeva nello slargo all’aperto dell’Exma, il fabbricato del dismesso macello cagliaritano, che ora è un centro culturale e uno snodo di iniziative.

Così come nel piccolo e raccolto Teatro Doglio, un titolo già presentato negli Open Studios 2021 e ripreso quest’anno, confermava la personalità coreografica di Damiano Ottavio Bigi, già interprete per Pina Bausch e Dimitris Papaioannou. Un discreto protagonista è un duetto maschile, leggero, senza fronzoli. Con quel titolo low profile che dall’inizio alla fine tiene sospesa l’attenzione. E con l’attitudine di Bigi per un narrare volatile, senza spiegoni, senza giustificazioni.
Le tante anime di NID 2023
Muscolo cardiaco vivace della quattro giorni cagliaritana è stata Sa Manifattura, il complesso di edifici della antica Manifattura Tabacchi, in pieno centro, con i suoi spazi ristrutturati e accoglienti, ideali per incrociare le tante anime di questa NID 2023.
Anime e storie analizzate e ripercorse in panel e tavole rotonde (con esperti italiani – Fabio Acca, Elisa Guzzo Vaccarino, Rossella Battisti – pronti a sollecitarne le diverse voci) e in applaudite escursioni (di Carmelo Zapparata) fra i banchetti allestiti dalle compagnie per presentarsi, col giusto piglio mercantile, agli operatori.

Pullman scattanti erano poi pronti per trasportare tutti al Massimo oppure al Doglio, le due sale che ospitavano la programmazione vera e propria. Daniele Ninarello (con Nobody, Nobody, Nobody), Francesca Foscarini (con Greta on the beach), Roberto Castello (con Inferno), Luna Cenere (Shoes on, per Michele Scappa e Davide Tagliavini, vestiti solo delle proprie scarpe) sono alcuni dei nomi che chi segue la recente coreografia in Italia ha già avuto modo di conoscere e di apprezzare.

Da un bastione panoramico
Così come apprezzato e conosciuto è Michele Di Stefano con la sua Mk Company, cui NID 2023 ha affidato il titolo di chiusura. Atmosferologia, spettacolare evento site-specific e fuori formato, ha richiamato tutti sulle terrazze panoramiche di Saint Remy, il bastione prospettico che domina l’intera città di Cagliari. Qui, sulla spianata, corse a perdifiato, tracce sonore in cuffia, vedute urbane in lontananza, casualità di incontri tra vita quotidiana e progetto d’arte.
Per ricordare, a chi non lo avesse ancora capito, che la danza italiana cambia, si dota di strumenti nuovi, conquista nuovi spazi, taglia e ritaglia ulteriori traguardi. Così facendo, lascia molti spiazzati. Amen. Resteranno indietro. Tutto il resto, è chiacchiera.

NID 2023 – New Italian Dance Platform – Fluidity

Tutte le immagini sono di Agostino Mela e Sara Deidda McLeod