Nella vita bisogna contare. “Non sono molto portata per la matematica, ma per organizzare meglio le relazioni faccio molti conteggi”. La coreografa di NY spiega in due parole la sua tecnica. O forse è la sua filosofia di vita.
L’undicesimo Festival internazionale di Danza Contemporanea, a Venezia, si è inaugurato ieri sera con la riproposta di un titolo-emblema.Creato nel 1979 da Lucinda Childs, Philip Glass e Sol LeWitt, Dance è una di quelle opere che restano nell’album dello Spettacolo del Novecento. Rivisto, ha una limpidezza e una leggerezza che oggi ci sogniamo, soprattutto pensando a quanto fossero pesanti e ideologici quegli anni. La cosa bella è che, prima di ritirare il Leone d’oro alla carriera della Biennale, la coreografa ha rievocato l’elettricità e la voglia di sperimentare che attraversavano quegli anni. E ci ha ricordato però che non bisogna mai dire: belli quei tempi, peccato che sono passati.
“Einstein on the beach”, 1976
Quei minimalisti anni ’70
A 36 anni Lucinda Childs era bellissima e razionalissima. Nessuna sorpresa che Robert Wilson e Philip Glass pensassero a lei mentre progettavano l’opera che sarebbe rimasta nella storia dello spettacolo mondiale. Einstein on the Beach debuttò ad Avignone nel 1976, poi il tour internazionale. Childs diventò l’icona coreografica del minimalismo. E lo è ancora, oggi a 76 anni. Dopodomani anzi ne festeggia 77.
One two, three, four, five, six…. “recitavano” i performer in una delle più famose sequenze di quello spettacolo. E lei, Lucinda, che veniva da una formazione inusuale per quegli anni – lezioni accademiche al mattino, improvvisazioni con Cunningham e Cage nel pomeriggio – sapeva bene contare.
“C’erano giorni in cui il lavoro era molto strutturato, e giorni in cui lavoravamo in assoluta libertà”. Oltre che di occuparsi di una delle sequenze coreografiche, Wilson le aveva chiesto di scrivere dei testi e di recitare. “Indipendentemente da chi era lì per danzare o per cantare, pensavamo soprattutto a riempire lo spazio in maniera uniforme. Avevamo tutti un pensiero molto aperto, ma l’aspetto più difficile di tutto il lavoro era inventare un processo comune, piuttosto che far capo a scelte personali”.
“Io non ho mai pensato a illustrare o a raccontare con la danza una partitura musicale. Mia intenzione è sempre stata quella di trovare una relazione tra la musica e il mio lavoro sul movimento. Anche lo stesso Glass, aveva in testa delle regole strutturali, ma nello sviluppo di ripetizioni e variazioni era molto intuitivo. Ritenevamo tutti che le idee non dovessero rimanere nella testa. Con le idee dovevamo invece occupare tutto lo spazio dove provavamo”.
“E ci pareva ogni giorno di saltare nel vuoto. Io partivo da una di queste idee, ma non sapevo che cosa poi potesse succedere e quale sarebbe stato il risultato finale”. Procedimento che non ha mai smesso di seguire, anche oggi, quando la giovane artista che contava in sequenza è diventata la dama del minimalismo. Lady Minimal.
Fragilità
“La danza è la più fragile delle forme d’arte. Spesso ne parliamo, a New York, nelle nostre chiacchiere, e a volte ci preoccupiamo della situazione, ma poi riusciamo sempre a trovare una soluzione. È una bella comunità, la nostra, siamo fortunati: i giovani coreografi di oggi non si fermano davanti a nulla”.
Lucinda Child, oggi
Voglio chiudere questo post con due video in cui mi sono imbattuto in Rete. Li trovo divertenti, e anche rivelatori. Il primo risale ai lavori iniziali di Childs, quando ballava in cucina con le spugnette Spontex e i bigodini in testa (Carnation, 1963).
Il secondo, molti decenni dopo, ci dà l’opportunità di rivedere assieme quei due mattacchioni geniali, Bob e Phil. È il 2012 e ci parlano di Einstein on the Beach, il loro hit di 35 anni prima. A un certo punto, a 24:38, arriva lei, Lucinda.
Le parole sono come interruttori. Ne schiacci uno e ti sorprende a volte la cascata di luce che riesce ad accendere. Le parole accedono invece l’immaginazione. Bermudas, per esempio.
Impressions d’Afrique, una precedente creazione di MK
Bermudas è il titolo di un futuro lavoro del collettivo di danza MK. Ma allo stesso tempo scatena associazioni di idee. Per Michele Di Stefano (che ha fondato MK alla fine degli anni ’90 e si è conquistato il Leone d’argento della Biennale danza 2014), Bermudas si occupa della costruzione di “un campo energetico carico di tensione relazionale”. Non so se l’ironico riferimento vada al famoso arcipelago britannico, o al suo temibile triangolo, o al sistema fiscale piuttosto allegro che regna laggiù. O ancora ai pantaloncini corti che da quelle isole prendono il nome e fanno subito estate. Però in uno di questi caldi pomeriggi, mi è capitato di intravedere che cosa sarà, prossimamente, Bermudas.
Dialoghi, le residenze a Villa Manin
MK è uno dei gruppi che hanno trovato ospitalità – più esattamente, residenza – nel progetto che CSS di Udine e l’ente che cura le attività di Villa Manin a Passariano stanno sviluppando in questa splendida location, che è la villa veneta nella quale si favoleggia che Napoleone avesse firmato il trattato (che si chiama invece) di Campoformido.
Del progetto Dialoghi, residenze delle arti performative a Villa Manin, sono stati ospiti già molti ensemble coreografici che hanno indubbiamente tratto vantaggio dal poter studiare, lavorare, esercitarsi, creare in tranquillità, senza stringenti obblighi produttivi, in un ambiente che per la qualità del vivere e il rapporto tra natura e architettura stimola intensamente l’immaginazione. Residenti (oltre a Napoleone) sono stati in questi due anni di progetto anche gli ensemble coreografici Dewey Dell, Arearea, e ancora Alessandro Sciarroni, Arkadi Zaides, Rima Najdi, e un gruppo di performer guidati da Constanza Macras.
Robinson, altra creazione di MK
Bermudas, ha detto Di Stefano presentando a un piccolo pubblico di osservatori l’esito finale di due settimane di lavoro, nasce da tre principi. Primo: dev’essere una creazione “abitabile” da un numero di interpreti che può variare da tre a quindici. Secondo: si basa su una regola di movimento elementare la quale, moltiplicata, riesce a produrre elaborati complessi. Terzo: danzare, oltre che sul proprio corpo, vuol dire concentrarsi sul corpo degli altri. Detta come la dice lui: “la danza del mio corpo produce lo spazio che dà alla danza del tuo corpo la possibilità di esistere”.
Bermudas, in costruzione a Villa Manin
Bermudas sta ancora prendendo forma, e lo farà nei prossimi mesi, ma come suggerisce lo stesso Di Stefano, ha già dentro di sé lo spirito che ai performer, tre o quindici che siano, dà la possibilità di trovarsi a proprio agio.
E agio è un’altra parola-interruttore. Se si risale indietro nel tempo, se ne trova l’origine latina. Viene da ad iacere, cioè stare accanto. E in questa prospettiva, essere anche consapevoli di chi ci sta vicino. “Per me – dice il coreografo – la danza si situa fuori del corpo del perfomer, non dentro”.
(Detto tra parentesi : lo sapevate che i bermuda nascono in conseguenza di una legge, in vigore un tempo sulle quelle isole britanniche, che vietava alle donne di mostrare le gambe completamente scoperte. L’uso si diffuse poi tra la popolazione maschile. E persino i militari ne trassero vantaggio.
Gancio storico che riporta alla mente la motivazione con la quale nel 2014 La Biennale di Venezia premiava Di Stefano con il Leone d’argento per la danza: “per aver scelto questo linguaggio allo scopo di dar luogo a camminamenti antropologici, che ci lasciano intuire la presenza di tribù organizzate per posture, dinamiche irregolari, e decostruzione dei perimetri spaziali, all’interno di ciascuno di noi”).
Penso che il programma del Festival di Santarcangelo, quest’anno alla 47esima edizione, interessi a molti. Tra il 7 e il 16 luglio ci sono in cartellone titoli e nomi che mi incuriosiscono parecchio, non le cose che sappiamo un po’ tutti. Siccome il nuovo sito non è ancora attivo, trascrivo qui sotto il comunicato che presenta il programma. Ne parleremo poi a luglio. Quando il teatro vive la sua stagione calda.
Santarcangelo Festival è energia contagiosa: la creazione contemporanea italiana ed internazionale torna protagonista nel borgo romagnolo dal 7 al 16 luglio per dieci giorni e dieci notti d’estate, in un programma che spazia dalla performance alla coreografia, dall’arte visiva alla musica, dal dibattito al dj-set fino a tarda notte. La 47esima edizione, la prima firmata dalla direzione artistica di Eva Neklyaeva e dalla co-curatela di Lisa Gilardino, è un’esperienza immersiva: concentra il proprio sguardo sul corpo come strumento politico, crea habitats d’artista aperti ad ogni ora, si muove sui binari dell’empatia per dar vita a quella comunità temporanea di performer, attivisti, operatori e pubblici variegati che è da sempre la linfa vitale del Festival.
Artisti associati
Tre artisti associati affiancano per il triennio 2017-2019 questo viaggio, Francesca Grilli, Motus e Markus Öhrn: con ciascuno di essi, legati al Festival da percorsi differenti, è avviato un dialogo e una collaborazione artistica che si declina nella condivisione di progetti, nella coproduzione di performance e in un continuo e reciproco confronto. Proprio allo svedese Markus Öhrn, di stanza a Berlino, è affidata l’inaugurazione del Festival, venerdì 7 luglio allo Sferisterio, con una molotov cocktail opera all’aperto, dal titolo Terra bruciata. Francesca Grilli, artista italiana residente a Bruxelles, torna a Santarcangelo dopo dieci anni con un progetto che coinvolge la comunità di rifugiati locali, The forgetting of air, 8 e 9 luglio. Motus porta in scena un gruppo unico di attrici in ÜBER-RAFFICHE(nude expanded version), dal 14 al 16 luglio: un riallestimento del recente Raffiche, ripensato per gli spazi di una palestra e dalla durata di oltre tre ore.
Habitats: un nuovo museo in città, un sirenetto in residenza, un laboratorio sulla sostenibilità artistica
Gli habitats sono il cuore del nuovo progetto artistico, spazi aperti e fruibili per tutta la durata del Festival: artisti visivi e performer sono invitati ad immaginare nuovi luoghi a Santarcangelo, creazioni site-specific in cui il pubblico può decidere di entrare e tornare quando preferisce. Progetto principe di questa impronta è l’apertura di un nuovo spazio museale nel centro della città, il Museum of Nonhumanity, la cui inaugurazione anticipa il Festival al 23 giugno. Il progetto è curato da Terike Haapoja, artista visiva di origine finlandese di stanza a New York e già rappresentante del Nordic Pavillon alla Biennale d’Arte di Venezia, e dalla scrittrice Laura Gustafsson, insieme nel progetto History of Others. Come si è costruito nei secoli il confine tra umano e non umano? Quali conseguenze e quali libertà ha concesso all’uomo questa distinzione? Museum of Nonhumanity si articola attraverso un’esposizione, la programmazione di un calendario di incontri dal titolo Freedom for Every Body e la realizzazione di un Vegan Cafè, per un’opera a metà strada tra installazione artistica, costruzione sociale e performance che riflette su oppressioni, schiavitù, genocidi, abusi di risorse naturali e animali. Sul rapporto tra uomo e natura si concentra anche Club Ecosex, degli australiani Pony Express, per la prima volta in Europa: un’esperienza erotica verde, in simbiosi con fiori, piante e terra. Il duo esplora i temi della post-sostenibilità ispirandosi al manifesto dell’ecosessualità di Elizabeth Stephens e Annie Sprinkle. MACAO, il collettivo artistico dietro al polo artistico milanese, inaugura l’Open-Love Point, attivo fino al 16 luglio: all’interno un laboratorio aperto sul rapporto tra produzione artistica e sostenibilità, dal titolo Robot+Syndicate, progetto triennale che esplora dall’interno la struttura del Festival e che prospetta nuovi possibili scenari di organizzazione. Il sirenetto Merman Blix arriva per la prima volta in Italia, in una residenza artistica che dura quanto il Festival: lo avvisteremo in giro per la città, in apparizioni estemporanee nelle fontane del paese o nella piscina comunale, dove terrà un workshop su come liberare la sirena che è in noi. Altri habitats comprendono la tenda di decompressione del collettivo finlandese W A U H A U S, che ci invita dal 7 al 9 luglio in uno spazio dove riposarsi dalle calde e intense giornate di Festival, una mostra d’arte firmata da Eva Geatti, e la creazione di un vero e proprio Bed&Breakfast per artisti curato dal gruppo delle Azdore.
Il corpo al centro del cambiamento politico
Quali corpi hanno il diritto di danzare, amare e mostrarsi? Con l’affermarsi di politiche sempre più conservative, la rappresentazione del corpo femminile, il colore della pelle, le tematiche queer e le diversità fisiche diventano un importante nodo di espressione, e tracciano una linea rossa tra i progetti presentati al Festival. La performer canadese Dana Michel, insignita del Leone d’Argento per l’Innovazione nella Danza alla Biennale di Venezia, porta a Santarcangelo l’acclamato solo Yellow Towel, dal 14 al 16 luglio: una riflessione sugli stereotipi legati all’identità black. L’austriaca Doris Uhlich campiona ed amplifica i suoni generati dalla sedia a rotelle del suo partner nella prima di Ravemachine (8 e 9 luglio) mentre Silvia Gribaudi, con l’irriverente R.OSA esplora l’incredibile fisicità della performer Claudia Marsicano, in un solo ispirato a Botero e agli anni ’80 di Jane Fonda (dal 7 al 9 luglio). Ancora Silvia Gribaudi sarà protagonista di incursioni cittadine site-specific, a partire dal riallestimento del suo fortunato solo A corpo libero (8 e 9 luglio). Fresco di debutto a Kampnagel di Amburgo, The Olympic Games di Chiara Bersani e Marco D’Agostin approda al Festival in un’anteprima tra il 7 e l’8 luglio, mentre Goodnight, peeping Tom (dal 9 al 16 luglio) vede sempre la giovane coreografa italiana protagonista di un’intima performance per 5 spettatori alla volta. Tocca temi legati alla sessualità il lavoro dell’emergente performer finno-egiziana Samira Elagoz: Cock, cock… Who’s there? (13 e 14 luglio), racconta di rapporti di potere, forme autonome di espressione sessuale, tentativi di relazione con gli uomini.
Tra danza e performance
Nomi affermati e giovani performer emergenti compongono il resto del progetto del Festival. Simona Bertozzi, coreografa dal potenziale internazionale, porta a Santarcangelo il potente e allo stesso tempo delicato And it burns, burns, burns (15 e 16 luglio); il catalano Quim Bigas Bassart presenta in prima nazionale Molar (13 e 14 luglio), un solo sull’empatia e sulla felicità. Filippo Michelangelo Ceredi racconta in Between Me and P. (dall’8 all’11 luglio) la scomparsa del fratello, a soli 22 anni, e la sua intima relazione con questa ferita; ancora dall’Italia Strasse anima uno dei campi da basket della città in House Music Santarcangelo(15 luglio), un lavoro condiviso e partecipato da alcuni residenti del quartiere. Anche quest’anno il Festival si sposta nella meravigliosa cornice di Villa Torlonia, a San Mauro Pascoli, per due giornate affidate alla creatività di Orthographe e Mara Oscar Cassiani (12 e 13 luglio): i primi propongono Stanze, performance tratta da The bells will sound forever di Thomas Ligotti; Mara Oscar Cassiani con Spirit porta invece avanti un’indagine sul concetto di rito. Ancora una trasferta a L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, per la prova aperta di (Untitled) Humpty Dumpty di Cristina Kristal Rizzo e Sir Alice (16 luglio), il cui debutto è programmato al Festival di Avignone. Sarà l’emergente Fabrizio Saiu a chiudere idealmente il Festival, il 16 luglio, in una parata per le vie del centro guidata da tiratori di frisbee, musicisti e smartphone.
Programma musicale e Dopofestival al circo
Curato da Stefania ?Alos Pedretti e Francesca Morello, il programma musicale del Festival include concerti dal vivo, installazioni sonore, dj-sets e feste fino a tarda notte nel rinnovato spazio dedicato al Dopofestival, un nuovo chapiteau. Enrico Malatesta e Giovanni Lamipresentano Ephemeral Islands (8, 9 e 15 luglio), un’indagine sui paesaggi sonori della città, mentre Trinity in Silent / Shout (dal 13 al 15 luglio) crea mini dj-sets per una persona alla volta. Il resto della programmazione musicale include concerti gratuiti in giro per il paese: l’acclamato cantautore australiano Scott Matthew (14 luglio), i russi Phurpa (9, 11 e 12 luglio), già ospiti di Primavera Sound a Barcellona, Baby Dee dai Paesi Bassi (7 luglio), la rapper svedese Gnučči (8 luglio) e gli italiani Holiday INN (15 luglio). Playgirls from Caracas, Giuseppe Moratti, Tropicantesimo, Khan Of Finland, Lady Maru, St.RoboT, Silvia Calderoni e altri dj animeranno ogni sera il Dopofestival fino a notte inoltrata. Parte del progetto musicale è frutto di una collaborazione attiva con Short Theatre.
Progetti
Durante l’anno, Santarcangelo dei Teatri supporta attività educative di lungo termine dedicate ai più giovani. Durante il Festival vengono presentati i risultati finali di questi laboratori: non-scuola guidata da Michele Bandini con oltre 60 ragazzi (10 luglio), e Let’s Revolution! a cura di Teatro Patalò, con oltre 20 adolescenti (11 luglio). Torna, in tre giorni di programmazione, Premio Scenario (dal 10 al 12 luglio), per un appuntamento dedicato alla proposte più interessanti della giovane generazione teatrale italiana. In collaborazione con la Cineteca di Bologna, prenderà inoltre vita in Piazza Ganganelli, durante tutto l’arco del Festival, il cinema all’aperto gratuito; non mancheranno il mercatino vintage e second-hand curato da Garage Sale e il ristorante in piazza del Centro Festival. Il workshop fotografico tenuto dal reporter Davide Monteleone e curato da e.motion permetterà inoltre ad un gruppo di giovani fotografi di cimentarsi nel racconto delle giornate di Festival in un’esperienza formativa. Come ogni anno, le attività di Santarcangelo Festival sono monitorate dal progetto sulla sostenibilità ambientale P.S. Presente Sostenibile, cui sono legate diverse pratiche di rispetto ecologico durante l’intera rassegna.
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Santarcangelo Festival è realizzato grazie al Comune di Santarcangelo di Romagna, e ai comuni di Rimini, Longiano, Poggio Torriana e San Mauro Pascoli. È sostenuto dalla Commissione Europea, dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, dalla Regione Emilia-Romagna e dagli sponsor Gruppo Hera, Gruppo Maggioli, CAMAC, Romagna Acque Società delle fonti, Amir Onoranze Funebri e CMC Ravenna. Il Festival collabora quest’anno con La Notte Rosa / Together, il capodanno estivo su 170km di Riviera, nella notte del 7 luglio.
Biglietteria
Tickets: da 2€ a 12€
Abbonamento a 4 spettacoli: 40€
La biglietteria in Piazza Ganganelli aprirà lunedì 3 luglio 2017