In Europa, c’è una Repubblica dentro un’altra Repubblica. Con la sua Costituzione, il Parlamento, la Bandiera e un Presidente. Ma i parlamentari si riuniscono in un bar, le leggi costituzionali sono scritte in 23 lingue, su tavole traslucide esposte in pubblico, e la bandiera cambia colore quattro volte all’anno, come le stagioni. Questa Repubblica si chiama Užupis. E la cittadinanza, là, è una scelta d’arte.
Se non la conoscete, dovreste conoscerla. Perché Užupis è una di quelle cose più facili da scoprire che da immaginare. E il modo migliore per fare la sua conoscenza è prendere un volo per Vilnius, alloggiare in centro e oltrepassare uno dei ponti che dividono questo quartiere-stato dal resto della capitale della Lituania.
Užupis – tradotto – significa “oltre il fiume”, ed è in questo quartiere alieno, abitato per lo più da artisti, con porte e finestre che si aprono su atelier, laboratori, gallerie d’arte, che si possono misurare i fermenti della nuova Lituania. Quella post-post-sovietica.
Nekrošius, Koršunovas e gli altri
Per chi va a teatro, Lituania è sinonimo di Nekrošius, il 65enne regista che ha studiato a Mosca, ma ha poi fatto conoscere al mondo intero una poetica intrisa fin nel profondo dallo spirito nazionale del suo Paese. Memorabili Pirosmani Pirosmani e Zio Vanja, i due primi spettacoli approdati in Italia, al Festival di Parma, nell’89, proprio quando la Lituania, nei flussi della glasnost di Gorbacëv, rivendicava l’indipendenza. Sarebbero poi venuti i suoi Shakespeare, i suoi Cechov, la sua Divina Commedia. E ci saremmo poi abituati a riconoscere nei cartelloni il nome della sua compagnia, Meno Fortas (che significa “la fortezza dell’arte”).

Eccettuato il più giovane Oskaras Koršunovas (che, comunque, ne ha quasi 50) non è granché ciò che si sa, qui da noi, della scena contemporanea lituana. Qualche nome: un drammaturgo come Marius Ivaškevičius, e registi come Paulius Ignatavičius, Artūras Areima e Rugilė Barzdžiukaitė. Tutt’al più qualche approfondimento: un dossier di parecchie pagine su Hystrio, quattro anni fa, li raccontava nei dettagli.

Eppure, non solo Užupis, ma l’intera Vilnius e anche la poco distante Kaunas, hanno conosciuto in questo decennio una crescita esponenziale di gruppi e singoli artisti. E di drammaturghi, registi, coreografi, danzatori, tutti in grande fermento. A Užupis, quartiere-stato dichiaratosi indipendente nel 1997, un simbolico pianoforte mezzo annegato sulla riva del fiume Vilna, segnala che non basta un po’ d’acqua a spegnere il fuoco dell’arte. E molti degli edifici dove nel recente passato sovietico erano stati prodotte merci e cultura di regime (stabilimenti industriali e tipografie, per esempio) sono stati riconvertiti in sale e spazi espressivi, di esposizione o di formazione, per una popolazione che a differenza del vecchio occidente d’Europa, spicca per giovani valori demografici. Basta guardarsi in giro, camminando per strada a Vilnius.
Gli zeppelin, a cena con il Presidente
Per capire che cosa sia questa Lituania post-post-sovietica, un Paese che nei confronti di quel periodo sembra ora nutrire un rapporto controverso (come è il caso di tutte le nostalgije post-comuniste), bisogna insomma inoltrarsi tra le viuzze di Užupis, ordinare uno zeppelin(*) in una delle sue trattorie, e conversare con questi parlamentari artisti. Il primo Presidente di Užupis, Romans Lileikis, è pure poeta, musicista e regista.
Tuttavia, se non avete già in programma un viaggio in Lituania, sarà la Lituania a venire a voi. Anzi, a noi, in Italia. Roma è la sede scelta per FLUX, il primo festival lituano delle arti, promosso in occasione del centenario della prima indipendenza, quella dall’impero russo, nel 1918. La seconda, come si può immaginare, è quella del 1991, dall’impero sovietico.
Tra il 4 e il 15 maggio 2018, l’iniziativa dell’Istituto Culturale di Lituania, in collaborazione con Fondazione Musica per Roma, invita ad aggiornare fluidamente i nostri file internazionali. Tre mostre, due rassegne video, quattro concerti, cinque spettacoli: in tutto 12 giornate di arte, teatro, danza, musica performance, proiezioni, architettura e fotografia, per dare smalto baltico al calendario culturale della capitale italiana, in alcune delle sue sedi più autorevoli: Auditorium Parco della Musica, MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Teatro Argentina, Teatro India, Palazzo Braschi, Museo Baracco.
Alcune anticipazioni
La presentazione ufficiale del cartellone è prevista all’Auditorium Parco della Musica, giovedì 26 aprile, ore 12.00. Ma per voi teatranti, magari già attanagliati dall’impazienza, posso anticipare che tra i tanti appuntamenti, oltre ai titoli già conosciuti di Nekrošius (Un digiunatore, da Kafka) e di Koršunovas (I bassifondi da Gorkij), FLUX prevede uno spettacolo creato da Kamilė Gudmonaitė, esponente ribelle di una liquidità di genere (Trans trans trance), le creazioni di danza urbana di Airida Gudaitė e Laurynas Žakevičius e un’opera musicale contemporanea. Scritto per pianoforte e supermarket sound, il lavoro si intitola Buona giornata! ed è basato sulla routine canora (e non solo) di dieci cassiere di un centro commerciale. L’idea è di Lina Lapelytė e Vaiva Grainytė, compositrice e librettista giovanissime, associate sotto le bandiere della compagnia Operomanija.

Altre informazioni su mostre d’arte, esposizioni fotografiche, rassegne video, concerti, più il calendario completo di tutte le proposte di FLUX, saranno disponibili sul sito dell’Auditorium a cominciare da giovedì 26 aprile.
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(*) La forma richiama il dirigibile tedesco Zeppelin, ma non altrettanto digeribile è questo tradizionale piatto della cucina lituana: in pratica un gigantesco gnocco. Un guscio di patate bollite e patate grattugiate, modellato a ogiva e riempito di carne e cipolla stufate, ricucinato in acqua con erbe aromatiche, e servito con panna acida e pancetta croccante. Da provare, senz’altro.