Kleine Berlin, la zona. Nel cuore di tenebra di Tarkovskij

Fino al 9 settembre, nei tunnel sotterranei della Kleine Berlin, a Trieste, uno spettacolo permette al pubblico di rivivere gli stati d’animo del film Stalker, capolavoro del regista russo. È l’ultimo appuntamento del festival Approdi.

“La Zona è un sistema molto complesso di trabocchetti, che sono tutti mortali. Non so cosa succeda qui in assenza dell’uomo, ma non appena arriva qualcuno, tutto, tutto si comincia a muovere… le vecchie trappole scompaiono, ne appaiono di nuove… posti prima sicuri, diventano impraticabili. Il cammino si fa ora semplice e facile, ora intricato fino all’inverosimile”. (Stalker, Andrej Tarkovskij, 1979)

Sotto una delle colline sulle quali poggia la città di Trieste si estende un sistema di cunicoli, tunnel, pozzi, condotti scavati durante la seconda guerra mondiale: una architettura sotterranea conosciuta ancora oggi con il nome di Kleine Berlin.

Questa piccola Berlino era uno dei tanti ricoveri antiaerei fatti costruire in città subito dopo l’inizio del conflitto: il più complesso tra i rifugi in cui trovare posto durante i bombardamenti.

Una parte di questa cittadella ipogea era inaccessibile alla popolazione civile. Le milizie tedesche che occuparono Trieste nel ’43 l’avevano riservata a sé e poi collegata, attraverso passaggi tenuti nascosti a tutti, con punti strategici: il quartier generale, il palazzo di giustizia. Nel pieno centro della città, una zona off-limits, proibita, aliena.

La Zona

È  in questo labirinto umido, scandito dall’aprirsi di oscure gallerie laterali, polvere e reperti bellici, lastre arrugginite, che in questi giorni Lorenzo Acquaviva, Giovanni Boni, Lorenzo Zuffi, fanno rivivere La Zona, l’area aliena attorno a cui Andrej Tarkowskij aveva costruito un capolavoro della cinematografia anni Settanta: Stalker.

un’immagine dal film (1979)

Nel film, lo stalker è la guida clandestina, l’esperto del territorio, colui che a pagamento accompagna due visitatori, uno scienziato e uno scrittore, verso un luogo dove, corre voce, potrebbero verificarsi fatti straordinari, la Stanza.

“Vent’anni fa, circa, sembra che proprio qui sia caduto un meteorite che rase al suolo il villaggio. Cercarono questo meteorite, ma naturalmente non trovarono nulla. Poi la gente cominciò a sparire. Venivano qui, ma non tornavano indietro… Alla fine decisero che il cosiddetto meteorite non era proprio un meteorite e per cominciare misero tutto intorno del filo spinato, per evitare che i curiosi corressero rischi. Così cominciò a correre voce che ci fosse un posto, la Stanza, nella Zona, dove si esaudivano i desideri, e così decisero di proteggerla come la pupilla degli occhi. Chissà quali desideri potevano venire in mente a qualcuno!”.

Immergersi nella Zona

Lo spettacolo è un evento immersivo, che sollecita i sensi del pubblico – non più di 45 persone per replica – condotte, come i personaggi del film, attraverso gli ambienti sotterranei. Il contatto con le pareti, il buio, l’umidità, la pavimentazione impervia, trasformano in sensazioni fisiche ciò che la pellicola restituiva visivamente. Un disagio emotivo, un nodo enigmatico, entro cui scivolano i dialoghi, fedeli alla sceneggiatura originale, per mantenere la tensione con cui Tarkovskij esplorava le sabbie mobili di un pensiero non-razionale, la dimensione mistica verso cui può incamminarsi una diversa vita.

Lo scrittore è Giovanni Boni, irascibile, scettico, fatalmente deluso dall’inefficacia della scrittura. Lorenzo Zuffi è il fisico, scienziato ambizioso, in apparenza cinico: se ne scopre piano piano la fragilità, cui non viene in soccorso alcuna meccanica. Figure scelte per rappresentare due sguardi che scrutano insoddisfatti la superficie della vita. Incapaci entrambi di penetrarla nella profondità che dovrebbe essere il loro traguardo, Quello dell’artista, o per altro verso, quello dello scienziato.

Scrittore e Professore incarnano l’arroganza e il limite dei processi conoscitivi. Lo stalker (che è Lorenzo Acquaviva) possiede invece la ritrosia degli uomini segnati dal destino. La sofferta capacità della fede, che accetta il mistero contro il quale i suoi due clienti si accaniscono.

Stalattiti e un velo d’acqua

Giunti in prossimità della Stanza, davanti agli spettatori si dirama il tunnel che conduce nella tenebra della terra. La meraviglia inquieta della volta in cemento, ricamata da stalattiti e concrezioni calcaree. Sotto i piedi corre un velo d’acqua. È qui che Diana Höbel,  convincentissima nel filmato che suggella La zona, dà voce alla moglie dello stalker e ne disegna in controluce il profilo amaro, l’infelicità necessaria.

Sapete… mamma era molto contraria. Forse l’avrete già capito: non è normale! La gente rideva di lui e lui era così smarrito, poverino. Mamma mi diceva: “È uno stalker, un condannato a morte, un eterno carcerato, e i bambini? Pensa ai bambini degli stalker!” e io… io non volevo… non volevo nemmeno discutere. Ma io lo sapevo benissimo che era un condannato a morte, un eterno carcerato e anche dei bambini… ma che cosa potevo farci io? Ero sicura che insieme a lui sarei stata… bene! Sapevo che avrei avuto tante amarezze, ma è meglio una felicità amara che una vita grigia e noiosa. Be’, questo devo essermelo immaginato dopo. Allora egli si avvicinò a me e disse semplicemente queste parole: “Ti prego, vieni con me!”. Andai… e non me ne sono pentita, e non ho mai invidiato nessuno, mai, in nessun momento della mia esistenza. Il destino è fatto così. Così è la vita, così siamo noi. E se nella nostra vita non ci fosse dolore non sarebbe meglio, sarebbe peggio: perché allora non ci sarebbe la felicità né la speranza… ecco”.

un’altra immagine dal film

LA ZONA
con Giovanni Boni, Lorenzo Acquaviva, Lorenzo Zuffi. Nel filmato Diana Höbel. Regia di Giovanni Boni e Lorenzo Acquaviva. Per Approdi Festival, fino al 9 settembre.

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