Unwrapping Silvia Gribaudi. La grazia e il corpo libero

Se non lo faccio adesso, davvero finisce che la promessa non la mantengo più. Avevo scritto, qualche mese fa, che sarei tornato a parlare del lavoro di Silvia Gribaudi. Lo faccio ora, alla fine dell’anno, scartando l’ultima grazia che il 2018 concede, prima del botto.

Silvia è la profetessa italiana del corpo libero. Non quello della ginnastica, che è molto legato anzi, alla forza e alla muscolatura. Ma il corpo davvero libero, quello che si è affrancato dagli obblighi e dai doveri a cui le culture lo costringono.

Perché oggi, più che in altre epoche, più che in altre società, il corpo è prigioniero.

Il corpo, un mito d’oggi

Prigioniero di un’idea o – secondo pagine mai tramontate di Roland Barthes – di un mito d’oggi che lo vorrebbe sempre tonico e dinamico, armonioso, proporzionato, e magro. Insomma bello, toccato dalla grazia.

Antonio Canova, Le tre Grazie (copia in gesso conservata a Possagno)

All’opposto di quelli mitici, i corpi veri non sempre sono giovani, tonici, proporzionati, scattanti, flessibili. Quasi mai asciutti. Ma è questa la loro bellezza. Il Vero e il Bello vanno assieme da millenni.

La storia personale di Slivia Gribaudi racconta proprio questa sua scoperta. A dieci anni era la tipica bambina che sognava di fare la ballerina classica. A vent’anni coronava il suo sogno, lavorando con il linguaggio d’école per il Teatro Regio di Torino (la sua città d’origine) e la Fenice di Venezia, e con il contemporaneo per numerose altre compagnie.

Ma il corpo ha le sue vie, e bisogna assecondarne le trasformazioni. Quando, a trent’anni, anche il corpo di Silvia ha cominciato a modificarsi, allontanandosi sempre di più dal mito della ballerina, sono cominciati i guai. Però – come insegna il buddismo – debolezze e limiti possono essere trasformati in punti di forza. Così il suo corpo mitico ha lasciato il posto a un corpo politico.

What age are you acting? / Le età relative

Ho capito che, per restare performer, dovevo far lavorare le parti grasse” dice. “Rido sempre quando penso a queste parti del corpo che, quando cammini hanno una loro danza, a prescindere dal tuo controllo“. In altre parole, un’estetica curvy.

Da quella decisione, maturata nel tempo, sono nati progetti e spettacoli che hanno scavalcato l’anonimato e l’omologazione del corpo classico, per andare a costruire la personalità coreografica di Silvia Gribaudi.

A corpo libero, del 2009, appunto. E soprattutto la coreografia di R.osa – Dieci esercizi per nuovi virtuosismi con Claudia Marsicano (Premio Ubu 2017). Accanto a laboratori con persone over 60, confluiti poi nei progetti pluriennali What age are you acting? / Le età relative e Oggi è il mio giorno e numerosi corsi e esperienze seminariali condotti in Italia e all’estero.

I temi della danza partecipata e della danza di comunità, diffuse, sottratte ai recinti del professionismo, sono sempre più sentiti in ambito coreografico (alcuni nomi soltanto: Virgilio Sieni, Jérôme Bel, Sharon Fridman, Marco Chenevier). Il che non significa che queste declinazioni coreografiche non incrocino la Bellezza.

Tre uomini, il Canova, la grazia

È il pensiero che Silvia Gribaudi sta coltivando oggi e che – con il coinvolgimento di tre danzatori professionisti – guarda a giugno 2019. Il momento in cui a Castiglioncello debutterà ufficialmente Graces: un lavoro che dalla bellezza neoclassica di Antonio Canova prende le mosse. Per indagare come l’idea del Bello, oltre che culturalmente relativa, sia un principio vitale e salubre. Splendore, gioia, prosperità, questo spandono le Tre Grazie, tre punti cardinali fissati tra il 1812 e il 1817 da Canova nel marmo, che Gribaudi libera dagli stereotipi di tempo e di genere, e svela con il balsamo dell’ironia.

residenza per Graces – Gradisca d’Isonzo, dicembre 2018

Tre uomini (Siro Guglielmi, Matteo Marchesi, Andrea Rampazzo) e la stessa Gribaudi stanno lavorando fin dal dicembre 2017 a questa creazione, prodotta da Zebra e vincitrice del progetto CollaborAction XL 2018/19. Un lavoro di ricerca, paziente, che ha li ha visti e li vedrà lavorare a tappe in numerose residenze: al Danstationeen Danscentrum Skånes Dansteater di Malmö in Svezia, ad Armunia a Castiglioncello, alla Fondazione Piemonte dal Vivo, a L’Arboreto di Mondaino, e nelle scorse settimana ad Artefici, progetto residenziale attivato da a.ArtistiAssociati di Gorizia.

È qui – più esattamente nel teatro di una cittadina piccola e accogliente, Gradisca d’Isonzo – che ho intercettato il loro lavoro. Che in questa fase, ancora preparatoria, mette assieme procedimenti di alto virtuosismo, intrecciati al graffio di una dissacrazione piena di grazia.

Come fermare, per un momento almeno, la sfuggente idea di Bello? Come modellarne il simulacro contemporaneo, eternamente fluidificato da pulsazioni di moda e oscillazioni del gusto? Come interrogare la cultura, le culture, per scoprire sotto il velo che le tre divinità sorreggono, il ruolo della natura? Ma sopratutto come far spazio nella nostra vita, oggi, alla Bellezza e alla Grazia?

A chi li considera concetti astratti, sorpassati oggi, bisognerebbe sussurrare all’orecchio che sono indispensabili. E salutari, prima di tutto.

Vanno in scena The Quipps, gli acceleratori di poesia

Venerdì 14 dicembre, Trieste Contemporanea presenta dal vivo giovani autori internazionali alle prese con nuovi formati di poesia. Ore 19.30, Studio Tommaseo di Trieste, via del Monte 2/1. Ingresso gratuito.

Farete fatica a trovare The Quipps su Internet: è un espressione che non esiste ancora. Ma è stata scelta proprio per questo. Per dare un nome a qualcosa di nuovo.

The Quipps è un progetto che ha impegnato Trieste Contemporanea per parecchi mesi. Ma alla fine è nato. E venerdì sera, il 14 dicembre, farà la sua entrata in scena.

The Quipps è poesia contemporanea. E anche qualcosa di più. Seguitemi.

Ritmo e velocità che accelerano la poesia

Cerniera d’arte e di cultura verso il Centro Europa, Trieste Contemporanea è un attivatore di dialoghi che si snodano lungo parecchi fronti. Mancava questo: l’incontro con i poeti di una generazione che, superata la superficie della carta, pensa e fa poesia in una diversa dimensione. Non solo libri, volumi, plaquette, non solo componimenti affidati ai siti internet.

Poesia performata invece, interpretata dal vivo dagli stessi autori. Lavoro di parole, che diventano materiale per azioni d’arte: scolpite con la voce, la lingua, il corpo, suoni e visioni nella performance live degli stessi poeti creatori, scelti con cura per rafforzare il dialogo creativo con i Paesi confinanti. Dall’Austria viene la rapper Yasmo. Dalla Slovenia viene Eva Kodalj, perfomer e regista. Sono invece italiani Marco Gorgoglione e il duo Gabriele Stera + Martina Stella.

Ecco The Quipps, tutti under 30, un giovane gruppo di scultori di parole che Trieste Contemporanea chiama acceleratori di poesia. Perché è con loro che la scrittura acquista una velocità e un ritmo diversi da quelli che siamo abituati a incontrare sulla carta. Una nuova oralità, la presenza fisica dell’autore, la forza dello performance davanti al pubblico.

Le loro esibizioni potrebbero somigliare a quelle dei tanti autori che gareggiano negli slam di poesia, competizioni diffuse di qua e di là dell’Atlantico, e da quasi vent’anni anche in Italia. Ma in quel format, oramai classico, a prevalere è piuttosto il senso della competizione, sono le regole su cui si basa, è il giudizio pop di una giuria scelta tra il pubblico.

The Quipps è altro. Distante dalla gara, vive di poche, forse di una sola regola. Il valore dei performer, selezionati da un esperto, Christian Sinicco, anche lui poeta. “Si tratta di scritture praticate tra il suono – dice – immagini create degli strumenti tecnologici e la voce degli stessi autori: insieme si assumono la responsabilità di innovare il linguaggio”.

The Quipps si accorda con gli intenti del concorso Squeeze It, un’altra iniziativa di Trieste Contemporanea, rivolta a giovani under 30, che abbiano interessi nei media e nei linguaggi della contemporaneità (ne parlavo in un precedente articolo). Entrambi i progetti culminano in questi giorni di dicembre: venerdì 14 (ore 19.30) con la prima edizione di The Quipps e il giorno successivo (ore 19.30) con la finale del concorso biennale Squeeze It – Premio Franco Jesurun, giunto invece alla terza edizione.

Tocca a Christian Sinicco, ora, presentare gli autori che ha selezionato. Sentiamolo.

MARCO GORGOGLIONE
Ultima Aestate

La performance, intitolata “alla fine dell’estate”, è un’elaborazione del lutto, del trauma della separazione e della perdita. È un percorso che esplora il senso delle cose che passano, come la fine, il senso di vuoto, l’assenza. È un dialogo con chi non c’è più e allo stesso tempo con se stessi, voci diverse e distanti che riaffiorano e diventano compresenti, per recuperare quello che è perso e quello che resta.

Marco Gorgoglione nasce nel 1995 in Basilicata. Vive a Pisa dove studia Lettere moderne. Nel 2017 fonda gli Yawpisti, movimento che si occupa della diffusione di poesia contemporanea sul territorio toscano e italiano. Nel 2018 è a Genova tra i finalisti nazionali di poetry slam. Ha collaborato con poeti e festival italiani e internazionali come il Pisa Book Festival.

EVA KOKALJ
Svet pripada hrabrim (Il mondo è di chi ha coraggio)

Nei suoi gesti di poesia, il soggetto viene sempre per primo. Quando la poetessa tocca il proprio mondo interiore, cerca un porto dei sogni che è stato demolito. Esplora il suo modello per la transizione del mondo esterno nell’esistenza umana e descrive la caduta e il rialzarsi, l’amarezza e la solitudine, il proprio scorrere dall’interno verso il mondo e viceversa – il mondo che entra. Esplora l’amara ma coraggiosa verità di chi siamo, qual è lo scopo, qual è il nostro silenzio, quando il silenzio diventa assenza di parole. Come parlare di qualcosa in quel silenzio? La risposta è: parla dell’amore.

Eva Kokalj (1989) è una poetessa slovena, performer e regista teatrale. Spesso mette la propria poesia in musica e / o video. Si è esibita anche come cantautrice, esibendosi finora per tre volte. Inoltre ha scritto e diretto due spettacoli che sono stati presentati a Glej, a Lubiana e, nella sua città natale, Celje. Ha partecipato alla finale del Poetry Slam Nazionale Sloveno due volte.

YASMIN HAFEDH (YASMO)
What more can I say?!(Cos’altro posso dire?!)

Hafedh cercherà di tracciare il ponte tra la poesia della parola e il rap. Il femminismo arriva sempre quando si esibisce, anche i grandi anti: antifascismo, antirazzismo, antisessismo. Per il rispetto e la pace, parola per parola, e il tutto per dire qualcosa.

Yasmin Hafedh (1990) vive a Vienna, dove ha frequentato i palcoscenici dall’età di 15 anni e ha cominciato a lavorare come poeta. Ha iniziato a frequentare gli slam di poesia a Vienna (dal 2007), mentre andava a scuola. A quel tempo, è diventata redattrice della rivista Literaturzeitschrift & Radieschen e membro della 1MM Freestyle Session, una sessione di freestyle bisettimanale. Nel 2009 è stata la prima donna nella finale dell’Ö-Slam (Austrian Poetry Slam Championship), che ha vinto poi nel 2013. Hafedh è uno dei più noti slampoets austriaci.

GABRIELE STERA e MARTINA STELLA
Dorso Mondo

È una performance di poesia, musica elettronica e video-arte, estratta da un libro-disco di prossima uscita per l’editore Squi(libri). Nel paesaggio di geometrie astratte prodotto dalle proiezioni video di Martina Stella, Gabriele Stera unisce il ronzio dei campi elettromagnetici presenti in sala e le parole per raccontare un’insonnia, un viaggio interspaziale, un naufragio, una giornata.

Gabriele Stera (Trieste, 1993), poeta e artista sonoro e Martina Stella (Trieste, 1992), artista visiva, vivono a Parigi dove studiano rispettivamente Estetica e Fotografia e arte contemporanea. Il loro primo lavoro collettivo, Dorso Mondo, unisce poesia, musica, illustrazione e performance multimediale, e sarà edito da Squi(libri) nel 2019.