Tra i lettori e le lettrici di QuanteScene! ce n’è uno – uno solo – che vive in Azerbaigian. L’ho scoperto oggi, 31 dicembre.
Mi chiedo e gli chiedo: perché uno che vive in Azerbaigian si interessa alle cose che accadono nei teatri qui intorno, come dice il sottotitolo di questo blog?
La stessa cosa potrei domandare a quello che vive in Senegal (o perlomeno, dal Senegal si è connesso), sempre uno solo. O a quello equadoregno, a quello islandese. Chissà, magari su QuanteScene! ci arrivano un po’ per caso.
Magari un po’ per caso ci arrivano anche gli altri 19k (gli altri diciannovemila) che sono approdati qui dall’aprile 2017 (cioè da quando si è inaugurato questo blog) a oggi.
Oggi, che è il 31 dicembre, il giorno che ci si fa gli auguri. Insomma: buon nuovo anno a tutti i diciannovemila, soprattutto a quelli e quelle che vivono in Azerbaigian, a Singapore, a Malta, nella Città del Vaticano…
19k və Azərbaycanda bir oxucu
QuanteScene oxuyanlar arasında! Azərbaycanda yaşayan biri var, yalnız biri var. Bu gün, 31 dekabrda bildim.
Görəsən, Azərbaycanda yaşayan kimsə bu bloqun alt yazılarında deyildiyi kimi, ətrafındakı teatrlarda baş verənlərə niyə əhəmiyyət verir?
Eyni şeyi Seneqalda yaşayan birinə (və ya heç olmasa, Seneqaldan bağladı) soruşa bilərdim, yalnız bir. Və ya Ekvador, İslandiya bir. Kim bilir, bəlkə QuanteScene-də əldə edirlər! təsadüfən.
Bəlkə təsadüfən və ya məqsədlə digər 19k (yəni on doqquz min) 2017-ci ilin aprel ayından (yəni bu bloq açıldığı gündən) bu günə qədər buraya endi.
Bu gün, 31 dekabr. Özümüzə xoş bir yeni il arzuladığımız gün. Beləliklə, bir sözlə: bütün on doqquz min nəfərə, xüsusilə də Azərbaycanda, Sinqapurda, Maltada, Vatikan şəhərində yaşayanlara təbrik edirəm …
19k and one reader living in Azerbaijan
Among the readers of QuanteScene! there is one, only one, who lives in Azerbaijan. I found out today, December 31st.
I wonder: why does someone who lives in Azerbaijan care about the things that happen in the theatres around here, as the subtitle of this blog says?
The same thing I could ask to the one living in Senegal (or at least, who from Senegal has connected), one only again. Or to the Ecuadorian one, to the Icelandic one. Who knows, maybe they got on QuanteScene! by chance.
Maybe by chance, maybe on purpose, other 19k (that is, nineteen thousand) have landed here since April 2017 (ie. since this blog was inaugurated) to today.
Today, which is December 31st. The day we wish ourselves a happy new year. So, in short: happy new year to all nineteen thousand, especially to those who live in Azerbaijan, Singapore, Malta, in the Vatican City…
A teatro ci sono professionisti che non si vedono. Si vedono però i risultati del loro lavoro. I professionisti della comunicazione, per esempio.
A chi fatica negli uffici stampa, agli invisibili social media manager, ai grafici web che ogni giorno bisticciano con la press area, è dedicato questo mio reportage sulla professione, apparso sul numero 3 / 2019 della rivista Hystrio, all’interno del dossier sull’operatore teatrale.
C’era una volta Lucherini. E c’erano le lucherinate, che altro non erano se non gran belle trovate per mettere un po’ di pepe sui giornali. Colpi di genio che oggi prenderebbero il nome di strategie di comunicazione.
L’ufficio stampa all’italiana nasce proprio con Enrico Lucherini, il press-agent che nel nostro Paese ha inventato un mestiere, facendo anche la fortuna di parecchie star.
Anni Cinquanta, il giovane Lucherini si diploma all’Accademia a Roma: non gli sarebbe dispiaciuto fare l’attore. Lo dissuade però Sofia Loren: “Tu devi promuovere i film, mica interpretarli”. Alle dive non si può dire di no. Così, su due piedi, lui si trasforma in addetto stampa e mette frutto ogni malizia comunicativa.
Il press-agent e le lucherinate
Ci sono lucherinate che restano ancora nella storia dello spettacolo italiano. La parrucca di Sandra Milo che prende fuoco e Roberto Rossellini che gliela strappa, salvandole la vita. Il flirt tra Florinda Bolkan e Richard Burton, con Liz Taylor che sviene. I finti pompieri che salvano Mariangela Melato da un finto incendio. “Non ho mai capito se i direttori dei giornali lo sapevano che erano tutte balle, oppure se le bevevano davvero” commenterà, anni dopo, l’attrice. Ma gli articoloni uscivano.
La lucherinata più bella, secondo me, è quella che ha tra i protagonisti Luca Ronconi. Paparazzato dal principe dei fotoreporter romani, Tazio Secchiaroli, il giovane Ronconi offre come San Martino un lembo della propria giacca affinché la danzatrice turca Aiché Nanà, assoldata da Lucherini e Fellini, non si prenda un raffreddore con lo spogliarello improvvisato durante una festa in un locale del centro della capitale. Scandalo e polizia. L’orgia dell’aristocrazia romana titolano ‘a lenzuolo’ i giornali. Ma il gioco è fatto. Siamo nel 1958: si apre la Dolce vita italiana. Anche per gli uffici stampa.
Lo spogliarello di Aiché Nanà al Rugantino (e la riprovazione delle signore presenti)
I fondatori americani
Certo, lo stile era decisamente provinciale. Molto lontano da quello che i maestri delle pubbliche relazioni avevano insegnato e messo in pratica negli Stati Uniti, mezzo secolo prima.
Edward Bernays, uno tra i più influenti uomini d’America, nipote di Freud, inventore della persuasione occulta e della propaganda (quella di Goebbels) era stato, negli anni Dieci, il press agent americano dei Ballets Russes e di Enrico Caruso. E il suo metodo, l’aveva poi applicato alla politica e all’industria. Era perfino riuscito a convincere le donne a fumare.
Un altro fondatore della professione, Ivy Lee, nel 1906 aveva inventato e dettato le regole del comunicato stampa: concisione, chiarezza, condivisione.
L’ufficio stampa all’italiana, che dal cinema sarebbe presto passato anche allo spettacolo dal vivo, applicava tecniche un po’ più domestiche, per quanto efficaci, e continuerà ad applicarle per molto tempo: quelle del gossip o l’elemosina del pezzo. Resta proverbiale il ritornello di un’influente addetta stampa italiana che ad ogni festa, pubblica o privata, abbordava chiunque fosse in grado di tenere una penna in mano, cronista di nera o scrittore di successo, avanzando la sua richiesta: “Amoreee, me lo fai un pezzettino?“
Tipicamente femminile
Non c’era infatti bisogno di aver studiato public relations o marketing. Né di praticantato presso i giornali. Era un mestiere tipicamente femminile, quello dell’ufficio stampa all’italiana nel settore dello spettacolo. Disinvoltura nella conversazione, folta rubrica di contatti, sapiente uso del telefono, intensa vita sociale e una rete allargata di conoscenze facilitavano enormemente chi si dedicava a questo settore, sempre più importante via via che dalla carta stampata la comunicazione si allargava a radio e televisione.
Il professionismo, quello vero, abitava intanto le istituzioni maggiori e i festival più importanti. E si distingueva lo stile aziendale di Dolores Radaelli al Piccolo di Milano, di Mario Natale e Gianna Volpi al Festival di Spoleto, di Adriano Donaggio alla Biennale di Venezia, solo per fare i nomi più rilevanti. Ognuno con un proprio metodo, il proprio indirizzario tenuto stretto, e rapporti personalizzati con le figure chiave (i critici, il capiservizio di cultura e spettacoli, in certi casi perfino i direttori delle testate). Mentre c’era chi inaugurava già i primi fenomeni di esternalizzazione, e si formano e crescevano le agenzie specializzate di comunicazione per lo spettacolo. Service, si diceva allora. Nel frattempo il profilo professionale si consolidava facendo dell’addetto stampa, prima che dell’artista, l’interlocutore privilegiato del giornalista. Il suo facilitatore, il suo tramite, la sua fonte.
E poi, il digitale
Tutto cambierà, come se quel mondo fosse investito da un tromba d’aria, con l’avvento del digitale. Prima il computer, la videoscrittura, e la necessità, per gente abituata alla macchina per scrivere, di affrontare un primo gradino tecnologico.
Poi la posta elettronica, che manda in cantina i comodi fax e le vecchie fotocopiatrici imponendo incomprensibili regole di netiquette (il galateo della Rete, c’è ancora oggi qualcuno che lo ignora).
Infine la supremazia della Rete, che ribalta l’organigramma ‘militaresco’ e la gerarchia a piramide della carta stampata. Il mondo della comunicazione si orizzontalizza. La laurea e i tirocini in Scienze della Comunicazione diventano indispensabili.
Con il passaggio della comunicazione al web, un mondo di regole e di abitudini da ufficio stampa si sgretola e perde le proprie sicurezze. Perché a cambiare, prima di tutto, è il giornalismo culturale. Non solo nuove testate, nuove firme, nuove scritture: anche una sostanziale perdita di autorevolezza della critica (o secondo alcuni una sua trasformazione) e una diversa agenda di notiziabilità. Più interviste e meno recensioni, più anticipazioni e meno analisi a posteriori, tante immagini, a cascata, ora che alla macchina fotografica si alternano potenti smartphone dedicati.
Infine, il colpo decisivo all’ufficio stampa: la pervasività degli strumenti social che spostano l’attenzione sulla figura del social media manager e impongono una trasformazione linguistica. Va in pensione l’Ufficio Stampa e sul biglietto da visita si trova scritto Media and Communication Department. La cartellina tipo Bristol finisce nella spazzatura, sostituita dai press-kit digitali.
Sacrosanti principi
In una metamorfosi così rapida, com’è stata quella del 2.0, non si perdono però i sacrosanti principi che stanno alla base di una efficace comunicazione d’azienda: il saper tagliare la notizia sulle caratteristiche di ciascun media e, perché no, di ciascuna testata o giornalista (la sartoria, il tailoring), la costruzione di un’immagine aziendale integrata, in cui scrittura (soprattutto i comunicati, che restano uno strumento imprescindibile) e immagine (soprattutto i filmati, nel loro ruolo di veicoli emozionali) consolidano lo storytelling aziendale. E soprattutto non cambiano comportamenti etici quali la trasparenza, la credibilità, l’affidabilità nel rapporto professionale.
A cambiare invece è una deontologia che nel passato separava in maniera netta il ruolo del giornalista e quello del comunicatore. Faccenda che oggi, con la diversa articolazione del lavoro intellettuale, sempre più versatile, flessibile, liquido, precario, volatile (lascio a chi legge la scelta del termine preferito) integra in una nebulosa spesso ambigua tutti i professionisti della comunicazione. Un forma di consociativismo di settore in cui riesce a volte difficile distinguere tra informazione e promozione, giornalismo e pubblicità.
Sono le stesse arti dello spettacolo dal vivo, del resto, a mettere in crisi alcune delle più solide certezze sulle quali, per secoli, quelle arti si sono fondate: la distinzione tra la professionalità attiva del performer e la percezione passiva spettatore. I contemporanei modelli partecipativi di teatro, danza, musica, e la dissoluzione – in certi casi – del diaframma tra palco e platea stanno a dimostrare che i modelli relazionali cambiano, e cambia pertanto la pratica delle professioni.
Così non stupisce non sentire più, all’inizio dello spettacolo, la solita registrazione più o meno simpatica che invita a spegnere i telefonini. Anzi, ecco farsi avanti sul palco qualcuno che in modi accattivanti strilla: “fotografate, filmate, fate pure… e mi raccomando postate subito sui vostri canali social: ci aspettiamo una marea di like, di retweet, di condivisioni“.
La morte dell’ufficio stampa sembra lì ad un passo. Ma di altro non si tratta che di una finta morte annunciata. Un’altra lucherinata, insomma.
Ha scritto il libro più importante della sua vita e lo ha pubblicato. Subito dopo, ci ha lasciati. È successo ieri notte, improvvisamente. Come se fosse da sempre stabilito che alla fine del tuo lavoro, se lo hai fatto bene, è giusto riposare.
Regista, autrice teatrale e radiofonica, scrittrice, saggista, Ida Bassignano ha attraversato con determinazione e passo sicuro il teatro italiano di tutto lo scorso cinquantennio. Non era affatto facile, negli anni ’70, nel periodo delle cantine romane, declinare al femminile la parola regista, e nemmeno la professione. Ma Bassignano aveva le idee e la tempra per farlo.
Due incontri segnano la sua carriera. Quello con Luca Ronconi, allora quarantenne, a cui fa da aiuto per Utopia, spettacolo utopico fin dal titolo, mai realizzato completamente, che lascia un segno forte a Venezia, nell’edizione 1975 delle Biennali Teatro da lui dirette. Con Ronconi, Bassignano avrà modo di lavorare anche per l’allestimento di Opera di Lucano Berio e dell’Uccellino azzurro di Maeterlinck (entrambi 1981).
L’altro incontro, che le assicura in pieno il titolo di regista, è quello con Piera Degli Esposti. Assieme, attrice e regista realizzano uno dei più memorabili ribaltamenti di letteratura in teatro. Molly cara (1979) è il lungo flusso di coscienza con cui James Joyce porta a termine il suo Ulisse. Svagata e originale, la voce di Degli Esposti lo consegna alla storia del teatro italiano recente. Così come la regia di Bassignano ne fa un punto fermo nel genere dei monologhi.
L’Utopia di Ronconi, secondo Bassignano
Il suo libro più importante – L’Utopia di Luca Ronconi, pubblicato da Ianieri Editore (2019) e solo da pochi giorni in libreria, anche online su Amazon – Bassignano l’ha realizzato con cura e tra mille ostacoli. Di quell’Utopia a Venezia, negli ex cantieri navali della Giudecca, non restano che alcune fotografia. Una ripresa filmata, l’unica, sembra addirittura essersi volatilizzata. È dunque un minuzioso lavoro di memoria quello che l’autrice fa, restituendo quasi dal vivo quel tempestoso allestimento che assume, negli annali del teatro italiano, la grandezza di un kolossal demolito dagli imprevisti.
“Una fantasmagorica sfilata di trentatré attori, sei automobili, un camion, una corriera e persino un piccolo aereo Piper, che doveva svolgersi su una strada di 60 metri per 10, con pubblico previsto su tribune laterali: era uno spettacolo in cammino” scrive Bassignano. “Lo spettacolo era costituito da cinque commedie di Aristofane e prodotto da festival internazionali. Non si parlava solo di utopie sociali e politiche, ma la rappresentazione stessa era una sorta di utopia con tutte le difficoltà logistiche e climatiche di un’estate particolarmente piovosa“.
Così è davvero divertente leggere i mille accidenti a cui, a Venezia, ma anche in altre capitali, lo spettacolo andò incontro. In quel clima di battaglia, Bassignano guidava pure un camion nella scena finale.
Due delle poche immagini di Utopia, regia di Luca Ronconi, alla Biennale di Venezia (1975)
Ma accanto al lavoro di regia, oltre che con Ronconi e Degli Esposti, la sua carriera è stata anche quella di sceneggiatrice, autrice radiofonica e di romanzi (dal suo Piemonte, ha ricavato nel 2016 un titolo abbastanza autobiografico, Maria d’Berlòc). Aveva inoltre collaborato con il quotidiano l’Unità per una rubrica dal titolo ironicamente presago ora: “La cara estinta, ritrattini di fine secolo“.
Per rammentarne la tempra, ecco qui sotto, tratti dalla grande enciclopedia di Internet, due documenti che vi consiglio di guardare e di ascoltare.
In text streaming, dalla sala del Piccolo Teatro Studio Mariangela Melato di Milano la consegna dei Premi Ubu 2019. Seguila su QuanteScene! / blog di cose che succedono nei teatri.
23.50 Buona notte… e che un giorno possiate essere premiati tutti (e tutte) 😉
23.35 “I premi servono a sollevare questioni”. Francesca Morello (Riff) riprende la sua canzone Echo, e a Milano la serata si conclude dalla sala Melato del Piccolo Teatro, davanti alle scenografie dello spettacolo di Roberto Latini, Mangiafuoco.
23.28 SPETTACOLO DELL’ANNO ex aequo: – Aminta , regia di Antonio Latella – Un nemico del popolo, regia di Massimo Popolizio Al videomessaggio di Popolizio, si aggiunge, attorno a Antonio Latella, tutta la compagnia di Aminta. “Loro sono l’amore mio, ognuno di loro mi ha difeso e mi ha protetto sempre: è, questo, un premio che va alle donne, quelle che hanno il coraggio di denunciare gli uomini di merda, che le distruggono”.
23.25 PREMIO DELL’ASSOCIAZIONE UBU PER FRANCO QUADRI a Maria Grazia Gregori Jacopo Quadri consegnerà il premio a Maria Grazia Gregori in una serata dedicata a lei nel 2020.
23.20 MIGLIORE SPETTACOLO DI DANZA DELL’ANNO Bermudas – coreografia Michele di Stefano “Un lavoro senza bordo, che agisce sul perimetro dello spettacolo, dissolvendolo: è un premio al dissolvimento, una danza non sull’inclusività – parola abusata – ma sulla permeabilità, parola dolce che scioglie l’identità”
23.14 MIGLIORE REGIA Lisa Ferlazzo Natoli per When the rain stops falling “Le mie mani di acciaio e, alla pari, la mia tenerezza non sarebbero nulla se non fossimo, tutti assieme, un reparto di regia”.
23:05 MIGLIORE ATTRICE O PERFORMER Maria Paiato per Un nemico del popolo “Grazie a Massimo Popolizio perché per merito suo ho soddisfatto un desiderio che penso tutte le attrici condividano: fare i maschi in teatro”. E attacca con l’inverno del nostro scontento dal Riccardo III.
22.58 MIGLIORE ATTORE O PERFORMER Lino Musella per The night writer – Giornale notturno “Ogni attore è in debito con altri attori, attori conosciuti e attori ignoti, bisognerebbe costruire un monumento all’attore ignoto”.
22.35 PREMIO UBU ALLA CARRIERA Mimmo Cuticchio “Sono uno che viaggia e che continua a essere artigiano, più che artista . Così mi ha insegnato mio padre. Drizzavo i chiodi sulla piccola incudine, passavo carta vetrata sui legni, lucidavo armature con il limone e la sabbia. Una tradizione che rischiava di finire negli anni ’50. Ho aperto allora un teatrino, mi sono costruito i pupi con le mie mani e oggi mi onoro di vedere che tutte le scuole d’Italia che vengono a Palermo, possono ancora vedere il Teatro dei Pupi”. E racconta la storia della spada che apparteneva a Peppino Celano… “Nato e cresciuto in mezzo ai paladini, quando Peppino mi disse: prendi questa spada e facci un cunto, io non ricordavo assolutamente nulla, e improvvisai. Avevo 25 anni, ero sudato dalla testa ai piedi, e lui mi regalò la sua spada, la sua spada vera”.
22.30 Una menzione speciale segnala un percorso interrotto. “40 firmatari del Premio Ubu si sono fatti portavoce del sostegno a Flavia Armenzoni, Beatrice Baruffini e Alessandra Belledi, ex direzione del Teatro delle Briciole, sfiduciate a Parma dalla Fondazione Solaris, nonostante infanzia e nuove generazioni siano state la vocazione della compagnia delle Briciole, che ha segnato la storia recente del teatro italiano”.
22.24 MIGLIORE CURATORE/CURATRICE O ORGANIZZATORE/ORGANIZZATRICE Settimio Pisano – Scena Verticale Sul lavoro sotterraneo dell’organizzatore: “Lara, la mia figlia piccola, mi ha detto: “Papà, lo so che sei bravo, ma per che cosa ti hanno votato?”
Francesca Morello (Riff), colonna sonora di tutta la serata racconta come lavora sul suo veicolo, la musica, e com’è partita affondando le sue radici nel grunge.
22.12 MIGLIORI COSTUMI Gianluca Falaschi – Orgoglio e pregiudizio e When the rain stops falling “Le costellazioni famigliari che ci portiamo dietro, e che ci capita di trasformare in vestiti, in maniera kantoriana”.
22.10 MIGLIOR PROGETTO LUCI Gianni Staropoli per Quasi niente di Deflorian-Tagliarini “Il mio lavoro non è solo fare le luci, è il frutto del loro lavoro, altrimenti il mio sarebbe stato niente, quasi niente”.
22.00 MIGLIOR PROGETTO SONORO O MUSICHE ORIGINALI Hubert Westkemper per Lo Psicopompo e per La classe
21.56 MIGLIOR PROGETTO SCENOGRAFICO Stefano Tè, Dino Serra e Massimo Zanelli per Moby Dick – Teatro dei venti “Una collettività in scena movimenta una nave-balena”.
21.53 MIGLIORE SPETTACOLO STRANIERO PRESENTATO IN ITALIA The Repetition – Milo Rau Scrive Rau in un messaggio inviato poco fa: “E’ la seconda volta che mi capita di ricevere un premio Ubu. E devo confessarlo: la seconda è ancora più bella della prima” e aggiunge una delle storielle dl signor K. di Bertolt Brecht. A tale proposito viene rammentata la recente e allarmante situazione ungherese, dove è stata istituita una commissione per il controllo governativo sull’attività dei teatri.
21.42 MIGLIOR ATTORE O PERFORMER UNDER 35 Andrea Argentieri – Se questo è Levi
21.28 MIGLIOR ATTRICE O PERFORMER UNDER 35 ex aequo -Marina Occhionero -Matilde Vigna. “C’è splendore in ogni cosa, io l’ho visto” è la citazione da una poesia di Mariangela Gualtieri che Marina Occhionero aggiunge al premio.
21:13 MIGLIOR NUOVO TESTO ITALIANO O SCRITTURA DRAMMATURGICA L’abisso – Davide Enia A proposito del suo testo, dedicato a Lampedusa, la nostra frontiera: “Solo la grammatica della speranza ci permette di avere una visione prospettica, il mio ringraziamento va a tutti gli esseri umani che ho incontrato su quella frontiera e alla luce delle loro ferite” dice Davide Enia. Assieme a Graziani, Enia ricorda Alessandro Leogrande, altro grande raccontatore della frontiera. “Il primo passo da compiere è ascoltare, qualcosa che non viene mai fatta”. Trauma e lager sono ancora parole chiave. “I lager esistono in Libia e sono pagati con i soldi europei”.
21.02 MIGLIORE NUOVO TESTO STRANIERO O SCRITTURA DRAMMATURGICA When the rain stops falling – Andrew Bovell Margherita Mauro è la traduttrice e legge la nota spedita da Bovell. “Può accadere che un pesce cada dal cielo nel 2039, quando i pesci si saranno già estinti. Abbiamo ancora il controllo dei nostri destino o oramai è troppo tardi?”
21.00 Chiara Lagani (Fanny e Alexander) sottolinea che l’applauso che arriva sempre intenso e da parte dei più giovani, al termine di Se questo è Levi rappresenta per loro l’incontro con un momento dei più tragici della nostra storia.
20.57 Simone Bruscia ricorda che il Premio Riccione nasce nel 1947, lo stesso anno di fondazione del Piccolo di Milano, con la decisione di guardare il mondo attraverso gli occhi della drammaturgia.
20.56 Angelo Savelli (Pupi e Fresedde – Teatro di Rifredi) si augura che autori come Sergio Blanco e Fabrice Murgia godano di maggior favore rispetto alla più nota e rappresentata drammaturgia anglosassone.
20.53 PREMI SPECIALI UBU 2019 ex aequo – Pupi e Fresedde – Teatro di Rifredi “per l’inteso lavoro di traduzione, allestimento e produzione della nuova drammaturgia”, – Premio Riccione Teatro per “l’impegno da sempre profuso verso la promozione della cultura teatrale contemporaneo sviluppato sul piano della drammaturgia. Il più votato tra i Premi speciali è : – Se questo è Levi di Fanny e Alexander per la complessa progettualità che indaga la personalità e l’eredità dello scrittore.
20.40 “Il Premio Ubu è uno sguardo collettivo sul teatro della contemporaneità” dice Graziano Graziani. In rappresentanza del comitato per il Premio Ubu, Lorenzo Donati illustra l’Ubu Database, implementato quest’anno: una fotografia di tutto ciò che è stato prodotto in questa stagione in Italia: “è la grande varietà e la polifonia della nostra scena, un sano politeismo che tiene insieme le diverse fedi del teatro”. La maggioranza degli spettacoli inseriti nel database ha un video. Collaborano alla consegna dei premi Roberta Ricciardi e Giacomo Toccacieli, allievi della Scuola del Piccolo.
20.34 Ora siamo in diretta. Abbiamo sentito Echo suonata dal vivo di Francesca Morello (Riff). Un saluto dal palco a Federica Fracassi, conduttrice della scorsa edizione.
20:30 Graziano Graziani annuncia il collegamento imminente con Rai RadioTre Suite, accanto a lui c’è Cinzia Spanò, l’altra conduttrice della serata. Sul palco del Teatro Studio Melato la musica sta per partire.
20. 20
La sala del Teatro Studio pochi minuti prima dell’inizio della serata
20.00 Sono le 20.00 di lunedì 16 dicembre. Tra mezzora inizierà qui, nella sala del Piccolo Teatro Studio Mariangela Melato di Milano, la consegna dei Premi Ubu 2019.
La premiazione giunge alla fine di una doppia selezione di candidature che ha visto formate, inizialmente, le tre nomination per ogni singola categoria di premio: migliore spettacolo, migliore regia, migliori interpreti, e così via…
Le terne sono state annunciate, lo scorso 30 novembre in una puntata della trasmissione radiofonica Piazza Verdi su RadioTre e sono riportate in un precedente post di QuanteScene!
La serata viene anche trasmessa in diretta radiofonica su Rai RadioTre Suite.
In un dicembre in cui si susseguono premi e riconoscimenti teatrali (vedi un post precedente), si è svolta oggi a Udine, all’Accademia “Nico Pepe“, la dodicesima edizione del Premio “Giovani realtà del teatro”.
La maratona di teatro riservata ai progetto under 35, è iniziata in mattinata e si è conclusa alle 20.30, momento in cui le diverse giurie previste dal regolamento hanno assegnato premi e riconoscimenti ai 23 progetti finalisti.
• La Giura Artistica ha scelto come vincitori ex aequo i progetti:
LA PRINCIPESSA AZZURRA (Svizzera – regista e attrice Saskia Simonet, attori Martin Durmann, Simion Thoni e Simone Fiore).
La principessa azzurra. Ph. Alice BL Durigatto / Phocus Agency
• Al progetto PRESENTE! (Emilia Romagna – regia collettiva della compagnia “Chièdiscena”; attori: Davide Albanese, Camilla Bertinato, Diego Delfino, Marcella Faraci, Giorgia Forno, Carlo Golinelli, Giuspeppe Monastra, Michele Onori, Marina Scordino) è stato assegnato il premio della Giura Giornalisti, intitolato quest’anno all’attore a Omero Antonutti, recentemente scomparso.
• Per la categoria Monologhi il vincitore è EDIP* (Lazio – regista e attore: Michele Ragno; autrice Maria Luisa Maricchiolo) .
• La Giuria Docenti della Nico Pepe ha votato per BIANCA STELLA / BALLATA PER PICCOLE COSE (Lombardia/Liguria – regia: Giulia Lombezzi; attrici: Michela Caria, Marzia Gallo).
• Vincitore votato dagli Allievi della Nico Pepe è il monologo LA MOGLIE PERFETTA (Lazio – drammaturgia e attrice: Giulia Trippetta ) che ha ricevuto anche una Menzione speciale.
• Il Direttore dell’Accademia “Nico Pepe”, Claudio de Maglio, ha assegnato un premio speciale al progetto SETE (Lazio – regia: Lorenzo Parrotto; Attore Giorgio Sales; drammaturgo Walter Prete) che ha vinto anche la Residenza artistica della regione Lazio Periferie Artistiche;
• È stata inoltre assegnata una menzione speciale a PORCELLINA, testo del drammaturgo ivoriano Koffi Kwahulé, presentato dalla Compagnia Rusalka Teatro – (Lombardia ; regia : Enrico Lofoco, attori: Caterina Luciani, Emanuele Turett ). Mentre da parte del pubblico in sala è stata nuovamente votata LA PRINCIPESSA AZZURRA.
In diretta, un attimo dopo l’annuncio di questa sera, dal Teatro India di Roma, ecco l’esito della tredicesima edizione del Premio Tuttoteatro.com alle arti sceniche “Dante Cappelletti”.
La giuria, composta da Roberto Canziani, Gianfranco Capitta, Rodolfo di Giammarco, Chiara Mignemi, Attilio Scarpellini e Mariateresa Surianello, ha scelto a maggioranza e per la prima volta nella storia del Premio, di assegnare un ex-aequo.
Risultano pertanto vincitori della edizione 2019 di Tuttoteatro.com. – la compagnia Sesti – Maiotti per Luca 4, 24 – la compagnia Beat Teatro per La Vacca
Queste le motivazioni con cui vengono premiati i due studi.
LUCA 4, 24 “Tre lingue del teatro si incontrano per raccontare un accadere del mondo: quella della parola, quella della musica, quella del corpo. Divergono – seguendo ciascuna il proprio percorso d’arte – ma insieme ricostruiscono una storia dell’Italia di oggi. Le parole di Luca evangelista – il passo in cui la sacra scrittura testimonia che nessuno è profeta in patria, conducono lo spettatore alla condizione dei testimoni di giustizia, ganglio oscuro della nostra convivenza civile”.
LA VACCA “Il desiderio, che muove notoriamente il sole e le altre stelle, muove anche il disegno di una periferia urbana in cui la scoperta delle pulsioni in due corpi ragazzini incontra e si confonde con l’atavica sottomissione delle bestie all’uomo. La vacca, etichetta che riduce a oggetto sessuale la nobile femmina bovina, rivela una convergenza di trame che non racconta, ma a cui allude. Emarginazione omologazione, biologia e turbamento di cuore”.
Il Premio Nicolini
Assieme al Premio Tuttoteatro.com, la giuria ha assegnato anche il Premio “Renato Nicolini”, che va a personalità “che si siano distinte nella progettazione, nella cura e nel sostegno delle attività culturali e artistiche, esprimendo col loro operare un rinnovamento delle dinamiche relazionali e della stessa politica culturale”.
MIMMO BORRELLI E EFESTOVAL La sesta edizione del “Nicolini” premia Mimmo Borrelli e il suo Efestoval, “un festival povero forse di danari, quanto ricco di suggestioni e emozioni, che dei Campi Flegrei, quella terra ribollente di bullicame e sofferenza, fa un punto forte di rinascita e battaglia, per tutti”.
Per la categoria PROGETTO ORGANIZZATIVO la scelta della giuria ha premiato Moby Dick – Teatro dei Venti.
Ideazione e regia Stefano Tè, adattamento drammaturgico Giulio Sonno. Ideazione allestimento scenico Stefano Tè e Dino Serra; progettazione e realizzazione Dino Serra e Massimo Zanelli. Con Oksana Casolari, Marco Cupellari, Daniele De Blasis, Alfonso Domínguez Escribano, Federico Faggioni, Talita Ferri, Alessio Boni, Francesca Figini, Davide Filippi, Hannes Langanky, Giovanni Maia, Alberto Martinez, Amalia Ruocco, Antonio Santangelo, Mersia Valente, Elisa Vignolo. Una produzione Teatro dei Venti, in co-produzione con Klaipeda Sea Festival (Lituania), con il sostegno della Regione Emilia Romagna, del Comune di Modena e della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, con il contributo del Comune di Dolo (VE) in collaborazione con l’Associazione Echidna.
Nomination, premi, finalisti, vincitori, giurie, regolamenti. Nelle due settimane che precedono le festività di dicembre, si concentrano gli appuntamenti che mettono in riga il teatro italiano. È la sindrome di Babbo Natale, che premia chi è più bravo.
Dicembre 2018, i vincitori della ottava edizione di Rete Critica
Bravo – a teatro – è una qualifica difficile da definire. Bravo è il risultato di valutazione complessa.
Bravo come. Bravo perché. Bravo da quando.
Sulle scene italiane non mancano bravi attori. E brave attrici. Bravi regist*. Anche organizzatori e organizzatrici brav*. Per fortuna premi e menzioni abbondano, e se si è davvero bravi, in qualsiasi senso, un riconoscimento prima o poi lo si conquista.
Rete Critica 2019
Fin da ieri pomeriggio, 6 dicembre, Rete Critica ha fatto da apripista. A Padova, al Teatro Verdi, complice lo Stabile del Veneto, il think-tank che raccoglie le principali testate online, riviste blog e webzine che trovano spazio nel web, ha incontrato i candidati ai tre premi previsti dal regolamento di Rete Critica: miglior percorso artistico, miglior progetto organizzativo, migliore strategia comunicativa.
Lorenzo Donati presenta l’edizione 2019 di Rete Critica
Costruita in nove anni di dibattito interno e da un’affilata selezione di vincitori, l’identità di Rete Critica è abbastanza chiara: individuare ciò che nasce e si sta muovendo sulle frontiere avanzate della scena, rendere visibile il nuovo, riconoscere credito ad artisti singoli e compagnie che elaborano idee, progetti, spettacoli, eventi, evitando le formule consolidate, lontani dalla comfort zone che garantisce l’attenzione di chi programma e quindi degli spettatori.
Cacciatrici di talenti, buona parte delle 33 testate online di Rete Critica hanno continuato questa mattina il lavoro di valutazione. Davanti a loro, a presentare i propri progetti e gli spettacoli, i 10 finalisti delle 3 categorie.
Percorso artistico o di compagnia Davide Enia – L’Abisso Silvia Gribaudi – Graces e Humana Vergogna Dom – L’uomo che cammina Il Mulino di Amleto – Platonov
Progetto organizzativo (Premio Sandra Angelini) Teatro dei Venti – Moby Dick Mutaverso Teatro – Erre Teatro Festival Testimonianze Ricerca Azioni – Teatro Akropolis
Dopo la discussione plenaria, a cavallo tra voti off-line e voti on-line – è il bello di chi abita le zone di transizione – questa sera, sabato 7, si conosceranno i risultati di questa nona edizione di Rete Critica.
Tuttoteatro.com 2019
Diversa è l’identità del Premio Tuttoteatro.com, edizione numero tredici, che fa tappa finale questo pomeriggio al Teatro India a Roma. È una giuria più ristretta, sei osservatori specializzati, quasi tutti con una militanza lunga nel campo della critica, quella che andrà scegliere, domani sera, 8 dicembre, il vincitore di un premio che riconosce 6.000 euro di incentivo alla realizzazione a un progetto inedito e mai rappresentato, scelto tra un centinaio di candidature. Una prima fase di selezione è avvenuta sulla base di elaborati cartacei e dei video pervenuti. Un secondo appuntamento al teatro Petrolini di Ronciglione (Roma), lo scorso novembre, ha verificato l’avanzamento in scena dei 19 progetti semifinalisti, e adesso nella due-giorni al Teatro India, si sviluppa la galleria delle 7 compagnie finaliste che presenteranno ciascuna uno studio scenico di una ventina di minuti e si contenderanno il titolo di vincitore, assieme all’assegno che lo nobilita anche economicamente.
I finalisti del Tuttoteatro.com 2019 La vacca – Beat Teatro (Napoli) Pupitingè – Bifano-Campisi-di Mauro (Napoli) F-Aìda. Eppue cantava ancora – Mana Chuma Teatro (Reggio Calabria) Biografia dell’inquietudine – Lisa-Imprenditori di sogni (Roma) Life – Emiliano Brioschi-Cinzia Spanò (Milano) La luce delle parole – C.t.l. Lab/Marco Lungo (Latina) Luca 4,24 – Sesti-Maiotti (Cannara PG)
Al Tuttoteatro.com, dedicato alla memoria di un collega critico teatrale, Dante Cappelletti, si affianca da oramai sei edizioni il Premio Nicolini (Renato Nicolini aveva fatto parte della giuria fino al momento della scomparsa ). Quest’anno il Nicolini premierà Mimmo Borrelli per il suo Efestoval, riconoscimento che va a personalità “che si siano distinte nella progettazione, nella cura e nel sostegno delle attività culturali e artistiche, esprimendo col loro operare un rinnovamento delle dinamiche relazionali e della stessa politica culturale”. Così recita il regolamento.
Al termine della serata di domani, 8 dicembre, in cui si vedrà realizzato, in prima nazionale, lo spettacolo che aveva ottenuto il Tuttoteatro.com 2017 (La Regina Coeli di Carolina Balucani e Matteo Svolacchia), la giuria annuncerà il vincitore 2019.
Giovani realtà del teatro 2019
Caratteristiche simili ha il Premio Giovani realtà del teatro, previsto a Udine la prossima domenica, il 15 dicembre, e organizzato dall’Accademia “Nico Pepe”. Anche qui, con il limite dell’under 35, una ventina di studi, trailer e monologhi si alterneranno in uno spazio storico dell’Accademia, il seicentesco oratorio del Cristo, dalle 10.00 del mattino fino al tardo pomeriggio. A differenziare il Premio udinese è la varietà delle giurie, esattamente 5, che si suddivideranno un montepremi di oltre 6.000 euro e un periodo di residenza multidisciplinare. Giuria artistica, giuria dei giornalisti, giuria dei docenti della “Nico Pepe”, giuria degli allievi e giuria del pubblico, individueranno i vincitori, seguendo propri specifici criteri.
Premi Ubu 2019
Immediatamente a ruota, lunedì 16 dicembre, al Teatro Studio Mariangela Melato di Milano, la terza sala del Piccolo, ecco la serata dei Premi Ubu.
Tra i tanti eventi della sindrome di dicembre è il più longevo: 38 edizioni da quando la voce di Nunzio Filogamo, nel 1978, annunciò ai cari amici vicini e lontani i vincitori di quella prima edizione, collegata alla pubblicazione del primo Patalogo.
In un precedente post ho già elencato le quindici nomination, tra le quali si vedranno spiccare il volo “i migliori del 2019” (così li definisce il regolamento dell’Ubu). La Milano prenatalizia renderà come sempre la cosa assai mondana.
E se non foste per caso a Milano, una diretta radio all’interno di Radio Tre Suite, contornata dai mitici gruppi di ascolto Ubu, sparsi nella penisola, manterrà alta la tensione, fino al momento in cui a tarda ora, si proclamerà lo spettacolo dell’anno.
Ho fatto due conti e verificato che – membri delle diverse giurie – siamo più o meno in cento. Cento Babbi Natale del teatro. Che non si occupano di panettoni.