Nella serie di appuntamenti in digitale, avviata dai Teatri stabili del Nordest (Friuli Venezia Giulia, Veneto e Bolzano) otto settimane e mezza fa, questa sera va in rete L’ora in cui non sapevamo niente l’uno dell’altro, scritto da Peter Handke nel 1992, allestito al Mittelfest nel 1994.

Ma davvero dal 15 giugno – un lunedì – torneremo a trovarci nei cinema e nei teatri? Quel che realmente accadrà, come succederà, è ancora tutto da inventare. Per il momento, perché non godere dei microscopici vantaggi di ritorno che il virus ci ha assicurato?
Uno, ad esempio, è quello che fa brillare di nuovo, sotto i nostri occhi, opere, titoli, spettacoli, che altrimenti sarebbero rimasti a riposare nello smisurato camposanto del teatri: sottopalchi, archivi, depositi, magazzini…
Questa sera, 17 maggio dalle ore 20.00, sul sito dello Stabile del Friuli Venezia Giulia, e sulla sua pagina Facebook, l’iniziativa restituisce agli spettatori online un gioiello vero. Un esperimento eccellente di scena e di scrittura, che altrimenti avremmo dimenticato.
L’ora in cui non sapevamo niente l’uno dell’altro, testo scritto da Peter Handke nel 1992, venne allestito nel 1994 al Mittelfest di Cividale del Friuli. L’idea di portare in scena le pagine del premio Nobel (2019) austriaco era stata di Giorgio Pressburger e Mimma Gallina. Sperimentatore, vulcanico ideatore di dispositivi teatrali, il regista Pressburger aveva pensato di utilizzare in lungo e in largo piazza Diacono, nel cuore storico di Cividale.
In anticipo sulle trasformazioni che intanto subiva la scrittura teatrale, Il testo di Handke è una lunga, lunghissima didascalia. La descrizione di una fitta serie azioni che dovranno essere eseguite da un centinaio di figure, interpreti, comparse, che in un flusso continuo attraversano uno spazio vuoto.

Uno spiazzo vuoto, pieno di luce
“La scena è uno spiazzo vuoto pieno di luce. Comincia che uno l’attraversa scappando di volata. Poi, dalla direzione opposta, eccome ancora uno, come l’altro” scrive Handke. “ Allo stesso modo, subito dopo, una tutta imbacuccata da donna anziana, che si tira dietro un carrello della spesa. Non è ancora del tutto uscita dal campo visivo, che due, con gli elmetti da pompiere, passano sparati per lo spiazzo, con manichette e estintori in braccio: più per un esercitazione che per un emergenza“.
E cosi via: giardinieri, tifosi di calcio con bandiere, pescatori e canne, una bella vestita da boutique, uno incatenato, un gruppo in fila indiana, avanti, avanti, per una cinquantina di pagine, fino al visionario finale.

Handke, Augè, Lehmann. Non sapevano niente l’uno dell’altro
Atto senza parole, si scrisse allora, visto che nessuno di questi personaggi ‘in cammino’ dice nulla. Ma è tutt’altro che senza parole. Sono tante invece. E diventano visioni, istantanee di un’umanità in transito, viandanti, migranti, che finiscono per tracciare un atlante dell’umano. Incrociandosi, sfiorandosi, in uno di quei non-luoghi cosi ben raccontanti anche dall’antropologo Marc Augè.
Rivisto adesso, è anche un gran esempio di teatro post-drammatico, ideato dallo scrittore austriaco ben prima che il concetto venisse alla luce, grazie al volume oggi sempre citato di Hans-Thies Lehmann (in Italia lo ha tradotto Sonia Antinori per CuePress).
Si capisce così perché questo lavoro, un quarto di secolo dopo, oggi, nel tempo di sfioramenti pericolosi e temute migrazioni, continui a mantenere una inaspettata attualità. E sia stato più volte riallestito: al Burgheater di Vienna con la regia di Claus Peymann, alla Schaubühne di Berlino dove lo ha diretto Luc Bondy, nella versione di James MacDonald per il Royal National Theatre di Londra. In Italia ci aveva pensato anche il gruppo Festina Lente, con la regia di Andreina Garella.
L’occasione di stasera è quindi unica. Per rivederne la registrazione, per apprezzare le idee che Pressburger (scomparso nel 2017) seppe infondere in quella scrittura. Con l’aiuto di Pier Paolo Bisleri, scenografo, di un gruppo di attori dello Stabile Fvg e dello Stabile Sloveno di Trieste, e allievi delle accademie teatrali di Bratislava, Budapest, Cracovia, Roma Lubiana, Vienna, Zagabria. Il respiro di tutta la Mitteleuropa.
Prima, alle ore 16.00, negli stessi contenitori andrà in rete anche Il Re di Betajnova di Ivan Cankar, nell’allestimento dello Stabile Sloveno, regia di Tomaž Gorki.
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L’ora in cui non sapevamo niente l’uno dell’altro
di Peter Handke (traduzione Rolando Zorzi)
Regia Giorgio Pressburger
Scene e costumi Pier Paolo Bisleri
Movimenti Marta Ferri
Interpreti: Livio Bogatec, Patrizia Burul, Stojan Colja, Andreina Garella, Giorgio Lanza, Riccardo Maranzana, Alojz Milic, Lucka Pockaj, Monica Samassa, Maurizio Soldà, Torsten Ondrejovic, Erika Sajgál, Gyözö Szabó, Adam Nawojczyk, Olga Przeklasa, Tomaz Gubensek, Janko Petrovec, Giovanni Carta, Marc Menzel, Regina Stötzel, Edvin Liveric-Bassani, Natasa Dorcic, e con Mariano Rigillo voce recitante.
Produzione: Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia e Teatro Stabile Sloveno di Trieste
Interessante da vedere, c’erano tanti bravi attori , c’era anche Monica!
… e non solo Monica. Tanti. Sostengo da qualche mese che il teatro riprodotto in rete non è il non-teatro, e perciò a tanti non piace, ma una diversa forma di teatro. Abituiamoci a cambiare le nostre prospettive. Proviamo a capire che anche il video è una declinazione di teatro.