Presentato alla Fondazione Giorgio Cini, sull’isola di San Giorgio, l’Archivio Franco Scaldati, raccoglie testi editi e inediti, manoscritti e carte dell’autore, attore, poeta siciliano scomparso nel 2013.

Non occorre dire quanto sia importante un archivio. Gli archivi sono i luoghi dove si raccoglie e si conserva la storia. E già questo dovrebbe bastare.
Più difficile è amare gli archivi. Perché raccogliere e ordinare sono compiti faticosi. E non danno una soddisfazione immediata.
La notizia che alla Fondazione Giorgio Cini, a Venezia, trova da adesso posto l’Archivio Franco Scaldati, è però una di quelle buone. Una volta tanto.
Scaldati a San Giorgio
Ho cominciato ad amare gli archivi del teatro una dozzina di anni fa, quando mi era capitato di prendere in mano, studiare e mettere in mostra l’archivio personale di Giorgio Strehler.
Dopo diverse peripezie, il mondo personale di Strehler, le sue lettere più private, i suoi copioni annotati, i suoi libri, molti dei suoi oggetti, erano approdati nel 2005 a Trieste, andando a formare il Fondo Strehler. Oggi il Fondo è visitabile al Museo teatrale “Carlo Schmidl”, grazie alla donazione congiunta di Andrea Jonasson e Mara Bugni.
Di Strehler, quell’archivio rivela aspetti che nemmeno approfonditi studi storici e teatrali hanno mai colto. Ve lo posso garantire.

Capisco perfettamente perciò quanto sia importante che l’archivio di Franco Scaldati, una delle figure di maggior rilevo della recente drammaturgia italiana, sia finito nel giusto posto.
Quanto sia soddisfatto chi – tra gli anni Settanta e il 2013, l’anno della sua morte – ha lavorato con lui e per lui, e oggi sa che le sue carte, i suoi scritti, i testi editi e gli inediti, le brutte copie e gli scarabocchi, si trovano in un luogo nel quale potranno essere conservati, consultati, studiati. Un luogo nel quale, come tutte le carte importanti, diventeranno storia.
La Fondazione Giorgio Cini custodisce numerosi archivi che hanno fatto e stanno facendo la storia recente del teatro italiano. Tra i più noti, quello di Luigi Squarzina, quello di Paolo Poli, di Santuzza Calì, di Misha Scandella, e risalendo nel tempo, anche quelli di Arrigo Boito, Eleonora Duse, Emma Gramatica…
C’è pure l’archivio di Maurizio Scaparro, che non è affatto scomparso, anzi, ne combina parecchie ancora. Ma che nel 2016 ha deciso di affidare tutte le sue carte alla Cini, stringendo di più il legame con Venezia, consolidato già al tempo dei suoi Carnevali e della direzione della Biennale Teatro.
L’Archivio Scaldati
Qualche giorno fa, il 10 novembre 2020, è stato ufficialmente presentato, in diretta streaming, anche l’Archivio Franco Scaldati, momento conclusivo di una donazione che la famiglia dello scrittore siciliano ha deciso di destinare alla Fondazione, dopo una serie lunga di vicissitudini.
La diretta della presentazione è disponibile su You Tube, e attraverso le parole di Gabriele Scaldati (il figlio di Franco), di Maria Ida Biggi (che dirige l’Istituto per il Teatro e il Melodramma della Cini), della docente Valentina Valentini, della curatrice Viviana Raciti, dell’assessore alla Cultura e all’Identità siciliana della Regione Sicilia, Alberto Samonà, è possibile seguire tutto il percorso che questi documenti hanno fatto per arrivare a Venezia. Ma anche intuire quali polemiche prese di posizione abbiano accompagnato il trasloco da Palermo (a detta di molti il luogo esatto per la collocazione e la consultazione) verso l’isola che guarda su piazza San Marco.

Il pubblico e il privato
Ci sono vistose differenze, è ovvio, tra la stanza che a Trieste ospita il Fondo Strehler e i materiali adesso presenti negli scaffali dell’Archivio Scaldati a Venezia. Il primo è davvero un archivio privato. Comprende infatti ciò che si trovava nella casa di Milano e nella casa di Lugano dove, nel 1997, Strehler è scomparso. E dà accesso a documenti e oggetti che entrano fin nell’intimo dell’uomo.
L’archivio Scaldati raccoglie invece le sue scritture (i testi pubblicati, ma anche i lavori più segreti, magari) che vanno a documentare in primo luogo l’artista. E poi, solo di luce riflessa, anche la personalità privata.

Ugualmente, la soddisfazione per la messa in sicurezza (come dicono i geometri) di quel patrimonio così significativo per il teatro italiano, soprattutto nel segmento storico che ha posto al centro le diverse lingue regionali, è stata grande per tutti.
Se la vicenda ha cominciato a interessarvi, oltre alla differita su You Tube, di cui ripropongo il link, potete anche dare un’occhiata all’Archivio digitale, messo in rete dalla Compagnia Franco Scaldati e inoltre qui sotto, trovate l’indirizzamento alla sezione Archivi dell‘Istituto per il Teatro e il Melodramma, nel sito della Fondazione Cini.