Il post che ho pubblicato nel giorno di Natale ha scatenato un putiferio. Non ci avrei mai creduto. Avevo chiesto ad Alexa – la fin troppo famosa assistente vocale, al primo posto tra le vendite natalizie di Amazon – di provare a recitare per me il monologo shakespeariano di Giulietta al balcone.

E lei, diligente, lo ha fatto. “Complimenti Alexa – le avevo detto alla fine – niente male“. Mi piaceva condividere questa cosa, e nel post di Natale ve l’avevo fatta sentire (cliccate qui, se vi interessa).
Avrò sfiorato qualche nervo scoperto. O chissà che. Le reazioni non si sono fatte aspettare. Divertente, mi ha scritto qualcuno, da pensarci sopra. Oppure, geniale Alexa. Alcuni mi hanno telefonato: ti sei appassionato troppo a quella là, sta un po’ tranquillo. Ciò che non mi aspettavo erano però le reazioni forti. Su certe cose non si scherza, mi ha detto uno. Cattivo. Malvagissimo Canziani. Vaffanpodcast.
Credetemi: non volevo insinuare che il glorioso, plurimillenario mestiere dell’attore (e delle attrici) potesse essere comodamente svolto da una voce sintetica. Ci mancherebbe. Insegno pure in una gloriosa Accademia d’Arte Drammatica. Sarebbe la proverbiale zappa sui piedi.
Volevo invece dire che un minimo di attenzione allo sviluppo delle tecnologie, fa bene a tutti. Attori compresi. E che andare a vedere, scoprire, giocarci, sviluppa quel tanto di curiosità, che diventa poi l’additivo della vita.
Avevo allora suggerito: provate anche voi a sollecitare Alexa. Ma non fatele recitare Ibsen o Pirandello. Non fanno per lei. Invece Beckett, lui sì che si addice ad Alexa.

Beckett si addice ad Alexa
Oggi è domenica, qui c’è il sole, ma il vituperato Dpcm non mi permette nemmeno una passeggiata. Così ho deciso di impiegare le ore del mattino smanettando tra le pagine che si occupano di TTS apps, ovvero di applicazioni text-to-speech. (Qui, se volete, un approfondimento).
Traduco: ho provato a capire che relazione ci potrebbe essere tra Samuel Beckett e i sintetizzatori vocali. Gente come Siri, Alexa, o il suo “fidanzato” Alex (vi risparmio la locuzione tipicamente italiana di “tecnologia vocale assistiva”).
Per farla breve. Parecchi tra di voi conoscono il testo di Samuel Beckett intitolato L’ultimo nastro di Krapp (1958).
C’era una volta un signor Krapp, che il giorno del suo 39esimo compleanno si era messo davanti a un magnetofono a bobine e aveva dettato al microfono il diario di quella giornata: “l’orribile ricorrenza”, così la chiama.

Ok. Ho chiesto ad alcuni attori sintetici di recitarmi un breve brano, da una delle prime pagine di L’ultimo nastro di Krapp.
Il risultato, a mio avvivo, è istruttivo. Perfino divertente. Ho pregato questi attori di farmela un po’ strascinata. Come penso avesse fatto, anche il vero signor Krapp. Che nonostante l’età, 39 anni, era già un tantino malandato.

Proviamo a sentirli
Luca, per favore, comincia tu. Luca è una voce sintetica, un po’ troppo professionale per i miei gusti, distaccato anche quando parla di sé. Però ha 39 anni, tanti quanti ne aveva Krapp. Volete sentirlo? Pigiate la freccetta qui sotto.
Non granché, vero? Si sente che è finto, meccanico. Proviamo a cambiare registro. Il povero Beckett impazzirebbe venendo a sapere che voglio chiedere a una signora -che dico! a una donna sintetica – di recitare quel brano. Ma nessuno di voi è Samuel Beckett. Spero.
Alice è una attrice matura, consapevole del suo fascino. Riesce a trasmettere la calma e la sicurezza che ha di sé, anche quando interpreta Samuel. Da anziano. Sentiamola assieme.
Tiago è invece un giovane attore portoghese, di Lisbona, conosce bene Beckett. Un po’ meno bene, come è giusto, la lingua italiana. Ma a me sta molto simpatico. Forse anche a voi.
“Ho celebrato finalmente l’orrenda ricorrenza. E come sempre in questi ultimi anni, tranquillamente, alla Taverna. Non un’anima. Sono rimasto a sedere davanti al fuoco con gli occhi chiusi, a dividere il grano dalla pula. Ho buttato giù qualche annotazione sul rovescio di una busta. Felice di essere di nuovo nella mia tana. Nei miei vecchi stracci. Appena mangiato ehhh … spiace dirlo… tre banane, e solo con difficoltà mi sono astenuto da una quarta. Micidiale per un uomo nel mio stato”.
Volevo infine capire come le avrebbe dette Beckett stesso, quelle frasi. Con il suo tono da irlandese emigrato. Mi sono affidato a Will, che viene da Dublino ma fin da ragazzo ha vissuto a New York. Prego Will, facci sentire.
Vi dico una cosa: più che Beckett, a me sembra di sentire Julian Beck. Che parlava così, quelle volte che l’ho sentito, in Italia.

Allora, vogliamo arrivare a una conclusione? Direi che gli attori e le attrici non devono preoccuparsi troppo (almeno per ora) di quello che Alexa e compagnia cantante fanno e faranno nei prossimi anni. Forse nei prossimi secoli.
Però, credetemi, fin da adesso, attrezzarsi conviene.

Canzian, questo gioco mi piace mi piace. Frantumare, replicare, giocare con tutto questo.
L’attore, lo può fare.
Grazie
Grazie per il commento. Buone feste.