Sai perché il Teatro Miela si chiama Teatro Miela?

No? Allora leggi questo post, che parla dell’edizione 2021 di SatieRose (un progetto che da 30 anni, a Trieste, celebra il compleanno di Erik Satie) e mi dà lo spunto per parlare di Miela Reina, alla quale quel teatro è dedicato.

Miela Reina - Prefigurazione d'un avvenimento
Miela Reina – Prefigurazione d’un avvenimento

Che cosa penseresti di un’artista che si occupa di avventure domestiche e ipotesi avveniristiche? Che ama le buste della posta (ma solo quella aerea), e poi le forbici, i fiammiferi, i paracadutisti? Di una donna che scala il muro della villa di Pablo Picasso in Costa Azzurra, inventano là per là proverbi cinesi?

Miela Reina (particolare fiammifero)
Particolare-fiammifero da una tavola di Miela Reina

Penseresti che c’è del genio, in tutta questa sregolatezza. E avresti visto giusto. Così come vedeva giusto Gillo Dorfles. Della giovane Miela Reina, Dorfles scriveva:

“In un periodo nel quale le esperienze teatrali d’avanguardia non avevano ancora assunto quegli sviluppi che avrebbero avuto negli anni successivi [si riferisce alla metà degli anni Sessanta] le operazioni tentate da Miela si devono considerare precorritrici”.

Miela Reina- La piantagione
Miela Reina- La piantagione

Non sapremo mai che cosa questa artista, proiettata nel futuro, avrebbe potuto offrire a una dimensione plurale dell’arte (era pittrice, grafica, scenografa, fumettista, e tante altre cose). Non lo sapremo, perché Miela Reina morì nel gennaio del 1972, a soli 36 anni.

Miela al Miela

Dice Corrado Premuda, che assieme a Alessandro Marinuzzi (regista) e Sara Alzetta e Francesco Facca (attori), ha dedicato al lavoro artistico di Reina la prima serata del minifestival SatieRose: “Il mondo si divide in due. Una minoranza, che ben conosce e ha approfondito l’universo di Miela. Una maggioranza, ma molto vasta, che nemmeno sa chi sia”.

Sono gli stessi che non sanno perché mai il Teatro Miela si chiama così. La sala è situata a Trieste, sul sedimento di un vecchio cinema annesso alla Casa del Lavoratore Portuale, con la sua tipica e razionalistica architettura anni Trenta.

Miela. E non miele. Non è uno sbaglio di ortografia.

Nel restituire lo spazio alla città, trent’anni fa, i signori Bonawentura, trecento mecenati con in tasca una busta contenente un milione di lire a testa (i soldi che avrebbero dato il via alla ristrutturazione) dovevano decidere il nome da dare alla sala, ripensata dall’architetto Roberto Dambrosi e allora nuova di zecca. All’unanimità i Bonawentura scelsero Miela, forse per prolungare oltre la sua scomparsa i segni virtuali che Reina aveva lasciato.

Il logo di Gianfranco Pagliaro per il Teatro Miela a Trieste (1990)

Avanguardia domestica

Dedicata a lei, la serata di ieri, venerdì 14 maggio, ha visto al Miela l’allestimento di Domestica avanguardia, la lettura pubblica delle tavole a fumetti di Storie Elisabettiane, l’intervento in video o dal vivo di molti che hanno intrecciato il proprio percorso al quello di Reina.

Tra di loro, l’architetto Luciano Semerani, il musicologo Carlo de Incontrera, il fotografo Mario Sillani Djerrahian, le cui discipline da sole bastano a far intuire l’orizzonte su cui si muoveva quella donna geniale e poliedrica.

A definire di più quell’orizzonte, sempre nell’ambito di SatieRose, sarà l’appuntamento di domenica 16 maggio notte (ore 23.45) , in prossimità del compleanno di Erik Satie (che si festeggia il 17). Il violoncellista Francesco Dillon si impegnerà in una bizzarra partitura ideata da Miela Reina (mazzo di carte) e Carlo de Incontrera (composizione), e intitolata La pazienza del violoncello. In molte lingue infatti, pazienza significa anche solitario con le carte.

Se a quell’ora sarete svegli, la pagina Facebook del Teatro, o il suo canale YouTube vi permetteranno di seguire in diretta l’evento. E alla fine, di spegnere con un soffio virtuale (alle 00.00) le candeline della torta. Buon compleanno, Satie.

Miela Reina – Cuore Bretzl

E se poi, volete sapere anche qualcosa di più su SatieRose e il compleanno del musicista più eccentrico dell’ (altro) secolo, date un’occhiata ai post delle serate Satie nel 2019 e nel 2020.

6 risposte a “Sai perché il Teatro Miela si chiama Teatro Miela?”

  1. “A chi voleva un’arte d’avanguardia molto meditata – annota Laura Safred nel 1982 – , piena di rarefatte tensioni intellettuali [Miela] poteva rispondere che era forse più ragionevole sentire il mondo con l’entusiasmo, la gioia, il dolore e la paura di non essere capiti, che era propria di una condizione più limpidamente infantile […] non per questo, comunque bisogna per forza essere naif o primitivi; tuttavia l’arte, nell’intelligenza della Reina, diverrà un problema non risolvibile al contrario di quelli da risolvere nel miglior modo possibile”.

  2. Ciao Roberto, sono Claudia Allasia, critico di danza di Repubblica Torino. È un sacco che non ci si vede….
    L’ occasione per scriverti qui è l’ arrivo dalla tua Trieste (il primo d’ aprile ma non per scherzo!) del nostro nuovo caporedattore, il giovane, brillante e pieno d’ energia positiva, Beniamino Pagliaro.
    Da ragazzo ha fatto anche l’ ufficio stampa al Teatro Miela, quindi lo devi conoscere senz’ altro. Voilà.
    Molti cari saluti,
    Claudia Allasia.

  3. Morì nel gennaio del 1972, non in giugno come erroneamente scritto. Sono stata sua allieva e lo so con certezza. Vi prego di correggere. Grazie.

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