
21 maggio 2021. Stamattina nella sua casa di Firenze se n’è andato Giuliano Scabia, poeta, scrittore e sperimentatore totale di teatro.
” Tutto l’universo si regge per gioco, nient’altro che per gioco. Velocità, equilibri, gravitazione, rotazione. È un gioco. Io non avrei mai pensato di fare un cavallo con i matti, né di andare a cercare l’uomo selvatico, né di scrivere dei testi teatrali. Il futuro viene di gioco in gioco, di avventura in avventura. Ma siamo noi che lo costruiamo”.
Così mi aveva detto Giuliano Scabia, qualche anno fa, al compleanno per i suoi 80 anni, quando il suo teatro vagante lo aveva portato tra i giovani dell’Accademia Nico Pepe a Udine. Per loro aveva congegnato i Sei Canti dell’infinito andare, annunciati poi con tamburi e apparizioni nelle piazze di Mittelfest a Cividale.

A me però viene da ricordarlo ancora giovane, trentenne, quando con il tamburo a tracolla annuncia la liberazione dei matti e la fuga di Marco Cavallo dal manicomio di San Giovanni, oltre i cancelli verso le strade di Trieste.
Quell’avventura, vissuta con Franco e Vittorio Basaglia, Peppe Dell’Acqua, Franco Rotelli, diede una nuova immagine alla follia, ai matti, alla psichiatria. Ciò che faceva Michel Foucault negli stessi anni.
A questo link, inoltre uno dei molti post dedicati a Scabia su questo blog, alla sua scrittura, a Nane Oca.