Christoph Marthaler e l’uomo che faceva cantare i caloriferi

Agile, portatile, essenziale, Aucune idée è lo spettacolo che il regista svizzero Christoph Marthaler ha presentato a Napoli, al Teatro Bellini, nel cartellone internazionale di Campania Teatro Festival. Un tuffo carpiato nell’assurdo. Quello dell’altro secolo.

Martin Zeller in Aucune idée - regia Christoph Marthaler - Campania Teatro Festival
Aucune idée – regia Christoph Marthaler

Ironico, o autoironico chissà, Christoph Marthaler ha voluto intitolare Aucune idée una di quelle operine che da tempo alterna a impegni più sostanziosi e regie musicali nei maggiori teatri d’Europa. Aucune idée, letteralmente, significa nessuna idea

Mai titolo fu più esatto, fatta la tara di quella autoironia, che come il sale, o il peperoncino, è un ingrediente abituale nei lavori del regista svizzero.

Christoph Marthaler
Christoph Marthaler

Marthaler: cavalcare la storia

Ho un bel ricordo del giovane Marthaler. Negli anni ’90, quando era quarantenne, il suo era il nome emergente del teatro europeo. Con Murx den Europäer (la presa in giro della Ddr-nostagia e dell’europeismo entusiasta, nati subito dopo la caduta del Muro), Marthaler lo svizzero sbaragliava registi centroeuropei assai più accreditati e maturi. Che stavano appena digerendo la svolta storica. Lui invece la cavalcava.

Sornione, un po’ stravolto, capelli lunghi e un cappellaccio rincagnato in testa, lo incontrammo una sera alla Volksbühne a Berlino, nella taverna del teatro. Le taverne sono i posti migliori nei teatri per incontrare gente. Davanti bicchieri di vino riempiti fino all’orlo, in un italiano impeccabile, Marthaler ci diede allora prova del suo pungente spirito.

La stesso che ritrovammo in altri spettacoli, successivi, più imponenti: Stunde Null, Winch only, Papperlapapp... Quelli che ce lo fecero conoscere meglio, e nei quali spiccava spesso, allampanata e originale, la figura di Graham F. Valentine

Guardate Valentine alla Cour des Papes di Avignone, mentre amoreggia con una lavatrice.

Papperlappap (2010) – regia Christoph Marthaler – ph Christophe Raynaud de Lage

Qui ne trovate anche un estratto video, dov’è vestito da arcivescovo.

Quel portamento stordito

Scozzese, capelli rossi e irrequieti, uno spiccato temperamento musicale e il dono di una parlantina sciolta, capace di destreggiarsi in ogni lingua, Valentine era entrato a gamba tesa nella teatrografia del regista fin da quando, studente a Zurigo, aveva preso alloggio nella pensione di famiglia dei Marthaler. Affiatamento immediato.

La sua flemma britannica, le cantatine in falsetto, il portamento stordito, l’impeccabile parrucchino, hanno da allora attirato l’occhio e l’orecchio dello spettatore in tanti importanti titoli del regista fino a farne una icona attesa.

Guida turistica cieca, Valentine trascinava in palcoscenico folle di onesti servitori dello stato in Stunde Null. O si accoccolava tra la mobilia malandata di casa in Das Weisse vom Ei. Che era una commedia di Labiche, rimaneggiata con spirito salace.

Puntando su questo singolare talento, Marthaler ha voluto costruire uno spettacolo-dedica al compagno d’avventure teatrali di sempre. E gli ha cucito addosso una sequenza di azioni per farlo davvero protagonista, maestro di cerimonie di scena in uno di quei “non luoghi” (sale d’attesa, aeroporti, stanze d’albergo…) che sono gli ambienti preferiti da Marthaler.

Sul pianerottolo

Nel caso di Alcune idée è un pianerottolo, sul quale si aprono molte porte. Dalle quali entrare e uscire, improbabilmente, come nelle commedie di Feydeau

È qui che Valentine di affanna ad aprire una cassetta postale, ma per una ventina di volte si lascia di mano il mazzo di chiavi. È qui che si finge scassinatore, ma rinuncia al colpo perché troppo faticoso per la sua indolenza. È qui che smonta e rimonta il radiatore del riscaldamento, fino a farlo cantare.

Graham F. Valentine e Martin Zeller in Aucune idée - regia Christoph Marthaler - Campania Teatro Festival
Aucune idée – regia Christoph Marthaler – ph. Julie Masson

Davanti a quel calorifero, lui stesso si cimenta poi nel recitarcantando di un classico dadaista. Il Ribble Bobble Pimlico di Kurt Schwitters, suo cavallo di battaglia da oltre trent’anni.

Tutte cose che sarebbero state bene in bocca al Joyce più misterioso, al Beckett più sperimentale, o in una delle pagine che il reverendo Carroll dedica ad Alice nel suo paese di meraviglie.

Graham F. Valentine e Martin Zeller in Aucune idée - regia Christoph Marthaler - Campania Teatro Festival
Aucune idée – regia Christoph Marthaler – ph. Julie Masson

Sotto i ponti del teatro

Sono questi i riferimenti, magari solo le suggestioni, che – nella mancanza di idee del titolo – Marthaler offre agli spettatori. Come se ci volesse far sorridere con le ripetizioni infinite, i dialoghi insensati , le battute surreali, quell’Assurdo che piaceva negli anni Cinquanta, quando era un’alternativa a lavori impegnati e realistici. 

Ma nel frattempo, tanta acqua è passata sotto i ponti del teatro. 

Così, con infinita comprensione, e uno sbuffo di noia, perfino gli spettatori più attenti attendono la fine degli 80 minuti di Aucune idèe

Li rincuora, qua e là, la viola da gamba di Martin Zeller, musicista dal vivo, ma un po’ anche attore, sparring partner che si destreggia tra Wagner e Bach, eseguiti anche loro col piglio ironico della ditta Marthaler. Che si sa, non risparmia nemmeno Tristano e Isotta

Ma siamo lontani da quello spirito caustico che motivava le aspettative.

Sarà che di tempo ne è passato. Che l’Europa è cambiata. Che l’ironia, migrante per natura, si è imbarcata per altri Paesi, su altre rotte.

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AUCUNE IDÉE

IDEATO E DIRETTO DA CHRISTOPH MARTHALER
DRAMMATURGIA MALTE UBENAUF
SCENOGRAFIA DURI BISCHOFF
MUSICHE MARTIN ZELLER
COSTUMI SARA KITTELMANN
LUCI JEAN-BAPTISTE BOUTTE
SUONO CHARLOTTE CONSTANT 
ASSISTENTE ALLA REGIA CAMILLE LOGOZ, FLORIANE MÉSENGE
COSTRUZIONE SCENOGRAFIA E OGGETTI DI SCENA THÉÂTRE VIDY-LAUSANNE
PRODUZIONE ANOUK LUTHIER
CON GRAHAM F. VALENTINE, MARTIN ZELLER
PRODUZIONE THÉÂTRE VIDY-LAUSANNE
COPRODUZIONE FESTIVAL D’AUTOMNE THÉÂTRE DE LA VILLE (PARIS), TEMPORADA ALTA – FESTIVAL INTERNATIONAL DE CATALUNYA GIRON/SALT, FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL – CAMPANIA TEATRO FESTIVAL, TANDEM SCÈNE NATIONALE,  MAILLON – THÉÂTRE DE STRASBOURG SCÈNE EUROPÉENNE, THÉÂTRE NATIONAL DE NICE – CDN NICE CÔTE D’AZUR, LE MANÈGE – SCÈNE NATIONALE, MAUBEUGE 

Dimitris Papaioannou. La scena è un toro. E va presa per le corna

Dopo il debutto di giugno a Lione, Trasverse Orientation, lo spettacolo creato da Dimitris Papaioannou, è stato ospite a Napoli, a Campania dei Festival. Toccherà prossimamente Torino Danza (dal 23 al 26 settembre) e il Festival Aperto di Reggio Emilia (dall’1 al 3 ottobre).

Dire capolavoro è scegliere una parola banale.

Transverse Orientation by Dimitris Papaioannou - ph Julian Mommert
Transverse Orientation – tutte le foto sono di Julian Mommert

La bestia

Un toro nero, enorme, aggressivo, irrequieto, si agita in scena. Da’ di corna, tenta l’assalto, mette paura. A manovrare il grande pupazzo – questa macchia mobile e scura che si staglia su uno sfondo bianchissimo – ci sono sei giovani uomini. Uno uguale all’altro, vestiti come Dimitris Papaioannou veste sempre i suoi uomini. Giacca e pantaloni neri, affusolati, camicia bianca, scarpe nere – l’uniforme dei suoi spettacoli.

La bestia scalpita. Uno degli uomini si spoglia – si spogliano sempre nei suoi spettacoli – lo fa lentamente e la sua figura nuda, esposta, bianca, si avvicina con mille cautele al toro. Tenta una prima carezza, poi un’altra. Offre il dorso della mano a quelle narici umide. Poi prova con l’acqua, in un secchio. La bestia ci infila il muso, ne sentiamo il rumore, si abbevera, si tranquillizza, diventa mansueta.

Transverse Orientation by Dimitris Papaioannou - ph Julian Mommert

Faranno una specie d’amore, più tardi, l’uomo e il toro. Lui lo prenderà per le corna e aderirà a quel corpo bestiale. Nella luce ora calda di un riflettore, diventeranno una cosa sola, una sola immagine. E al centro della scena, oppure di lato, quel toro accompagnerà noi spettatori per quasi due ore. Di immaginazione pura.

Transverse Orientation by Dimitris Papaioannou - ph Julian Mommert

L’architetto della materia

Ci sono immagini, in questo Tranverse Orientation, che rimarranno nella storia dello spettacolo contemporaneo. Come sono rimaste nella memoria le scene che hanno ideato Robert Wilson, Pina Bausch, Jan Fabre, Luca Ronconi.

Dimitris Papaioannou, greco, 57 anni, appartiene a quella stessa categoria di artisti. Dire regista, o coreografo, o pittore, è scegliere categorie dell’altro secolo. Papaioannou è un architetto delle materia. E anche il corpo è materia viva per lui, come lo sono l’acqua, il legno, la pietra, la plastica, le corde, gli abiti neri.

Con la materia Papaioannou compone quadri nitidi e bellissimi. In tre dimensioni. È un maestro dei chiaroscuri, delle nature morte. Ma dà pure vita a immagini mostruose. Ibridi animati e inanimati, creature di sogno: dite pure d’incubo, se avete paura della sua creatività estrema. 

Transverse Orientation by Dimitris Papaioannou - ph Julian Mommert

Ibridi

Un torso femminile si innesta su un addome di rettile e avanza verso la ribalta come uno dei mostri di Jeronimus Bosch. Una donna prima, un uomo poi, si intrappolano nella rete di un lettino pieghevole e con quell’oggetto avvolgente, pericoloso, combattono una battaglia mortale.

Una creatura marina, in proscenio, sotto i nostri occhi, cambia pelle e in questa muta diventa uomo, tra cascate di perline luminose. Omuncoli neri, corpo imponente, testolina minuscola a palla, si comportano come lemming, mentre salgono e scendono su scale snodabili di metallo.

Transverse Orientation by Dimitris Papaioannou - ph Julian Mommert

Centauri, sirene, satiri, arcimboldi, sono i soggetti di Transverse Orientation.

Impressiona la donna che nel riquadro di altarino a forma di vulva partorisce un neonato plastico, tra scrosci di liquido limaccioso. Ma poi diverte, quella stessa donna, quando simile a una fontana vivente inonda il palco di acqua con zampilli barocchi, a decine.

Una porta erutta blocchi e lastre di pietra. Schiavi neri devono spostarli, accumularli, sovrapporli in torrioni o colline pericolanti e sghembe. Che ricadranno fragorosamente a terra. Profili di atleti da vaso greco inutilmente si affannano a far roteare i cubi sui quali si ergono in equilibrio precario.

L’erotismo si mescola al divertimento. Rivaleggiano la nudità e il mistero. Vivaldi e le sue sonate, discretamente, in sottofondo, di tanto in tanto accompagnano le invenzioni.

Miti mediterranei

“Vi prego, non chiedetemi a chi o a che cosa mi ispiro, non lo so nemmeno io. È l’immaginario collettivo che mi si rovescia addosso, io so soltanto dargli forma” dice Papaioannou a chi con ostinazione stolta vuole conoscere le radici, le fonti, le intenzioni.

Non si riconosce nemmeno nel mito, che qui potrebbe abbondare: dal Minotauro cretese, a Sisifo esasperato, alle Veneri di Botticelli. “Per molto tempo ho fatto il pittore” dice e noi sappiamo che è stato allievo di un grande della pittura greca moderna, Yannis Tsarouchis, “adesso porto quelle stesse figure in scena”.

Come capita oramai in questo nuovo secolo, è l’artista a lanciare il sasso. Lo spettatore lo raccoglie e lo fa suo, riconoscendo in quelle immagini il proprio vissuto, le proprie esperienze, le proprie visioni.

Ed è facile, per noi mediterranei, pronipoti di Omero, riconoscersi negli archetipi e le favole della infanzia della nostra civiltà. “Ovunque io vada, la Grecia mi accora” scriveva Seferis.

Transverse Orientation by Dimitris Papaioannou - ph Julian Mommert

Così il paesaggio finale, l’affresco sublime che chiude Trasverse Orientation – e che non bisogna svelare – ci lascia negli occhi l’immagine dell’uomo che con il suo mocio vorrebbe asciugare il mare. Quel mare su cui siamo tutti nati.

Subito dopo scrosciano gli applausi.

Come ho fatto in altri post di QuanteScene!, dedicati a spettacoli di Papaioannou (clicca qui per Sisyphus) (e qui per Ink) , vi consiglio di dare un’occhiata al suo sito ma soprattutto al video di Transverse Orientation.

Che è di una bellezza impressionate e abnorme. Sarete d’accordo con me.

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TRANSVERSE ORIENTATION
Conceived – Visualized + Directed by DIMITRIS PAPAIOANNOU

With DAMIANO OTTAVIO BIGI, ŠUKA HORN, JAN MÖLLMER, BREANNA O’MARA, TINA PAPANIKOLAOU, ŁUKASZ PRZYTARSKI, CHRITOS STRINOPOULOS, MICHALIS THEOPHANOUS

Music ANTONIO VIVALDI 
Set Design TINA TZOKA + LOUKAS BAKAS
Sound Composition + Design COTI K. 
Costume Design AGGELOS MENDIS
Collaborative Lighting Designer STEPHANOS DROUSSIOTIS
Music Supervisor STEPHANOS DROUSSIOTIS
Sculptures + Special Constructions – Props NECTARIOS DIONYSATOS  
Mechanical Inventions DIMITRIS KORRES 

Creative – Executive Producer + Assistant Director TINA PAPANIKOLAOU
Assistant Directors + Rehearsal Directors PAVLINA ANDRIOPOULOU + DROSSOS SKOTIS
Assistant to the Set Designers TZELA CHRISTOPOULOU
Assistant to the Sound Composer MARTHA KAPAZOGLOU
Assistant to the Costume Designer AELLLA TSILIKOPOULOU
Special Constructions – Props Assistant EVA TSAMBASI
Photography + Cinematography JULIAN MOMMERT

Technical Director MANOLIS VITSAXAKIS
Assistant to the Technical Director MARIOS KARAOLIS
Stage Manager – Sound Engineer + Props Constructions DAVID BLOUIN  
Props Master TZELA CHRISTOPOULOU
Lighting Programmer STEPHANOS DROUSSIOTIS
Costumes Construction LITSA MOUMOURI, EFI KARATASIOU, ISLAM KAZI
Stage Technicians KOSTAS KAKOULIDIS, EVGENIOS ANASTOPOULOS, PANOS KOUSOUMANIS
Lighting Constructions MILTOS ATHANASIOU
Silicone Baby made by JOANNA BOBRZYNSKA-GOMES
Props Team NATALIA FRAGKATHOULA, MARILENA KALAITZANTONAKI, TIMONTHY LASKARATOS, ANASTASIS MELTIS, ANTONIS VASSILAKIS

Executive Production 2WORKS in collaboration with POLYPLANITY PRODUCTIONS
Executive Production Associate VICKY STRATAKI 
Executive Production Assistant KALI KAVVATHA
Props Production Manager PAVLINA ANDRIOPOULOU
International Relations + Communications Manager JULIAN MOMMERT

A production of ONASSIS STEGI 
To be first performed at ONASSIS STEGI (2021)

Co-Produced by FESTIVAL D’AVIGNON, BIENNALE DE LA DANSE DE LYON 2021, DANCE UMBRELLA / SADLER’S WELLS THEATRE, FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL – NAPOLI TEATRO FESTIVAL ITALIA, GREC FESTIVAL DE BARCELONA, HOLLAND FESTIVAL – AMSTERDAM, LUMINATO (TORONTO) / TO LIVE, NEW VISION ARTS FESTIVAL (HONG KONG), RUHRFESTSPIELE RECKLINGHAUSEN, SAITAMA ARTS THEATRE / ROHM THEATRE KYOTO, STANFORD LIVE / STANFORD UNIVERSITY, TEATRO MUNICIPAL DO PORTO, THÉÂTRE DE LA VILLE – PARIS / THÉATRE DU CHÂTELET, UCLA’S CENTER FOR THE ART OF PERFORMANCE

With the support of FESTIVAL APERTO (REGGIO EMILIA), FESTIVAL DE OTOÑO DE LA COMUNIDAD DE MADRID, HELLERAU – EUROPEAN CENTRE FOR THE ARTS, NATIONAL ARTS CENTRE (OTTAWA), NEW BALTIC DANCE FESTIVAL, ONE DANCE WEEK FESTIVAL, P.P. CULTURE ENTERPRISES LTD, TANEC PRAHA INTERNATIONAL DANCE FESTIVAL, TEATRO DELLA PERGOLA – FIRENZE, TORINODANZA FESTIVAL / TEATRO STABILE DI TORINO – TEATRO NAZIONALE
Funded by the HELLENIC MINISTRY OF CULTURE AND SPORTS
Dimitris Papaioannou’s work is supported by MEGARON – THE ATHENS CONCERT HALL

We would also like to thank the team at LEMON POPPY SEED for styling the performers’ hair.

Trailer filmed by JULIAN MOMMERT + edited by DIMITRIS PAPAIOANNOU

La carica dei 90. I novantasette anni di Gianfranco De Bosio, nel segno del teatro veneto

Per Tullio Kezich, che nel suo libro La rivolta degli attori, raccontava il teatro come prologo del Sessantotto, Gianfranco De Bosio era il sergente di ferro

“De Bosio è il sergente di ferro del teatro italiano. Colui che ha inventato la giornata lavorativa di 16 ore. Il regista di cui gli attori temono la tempra infaticabile. L’uomo di cui si sospettano origini teutoniche” scriveva Kezich nel 2005.

Nico Pepe e Gianfranco De Bosio in una foto (1957) dell'archivio del Teatro Stabile di Torino
Nico Pepe e Gianfranco De Bosio in una foto (1957) dell’archivio del Teatro Stabile di Torino

In realtà De Bosio è nato a Verona, la città più shakespeariana d’Italia, il 16 settembre 1924. Oggi dunque, il sergente di ferro compie 97 anni. E non ha smesso affatto di lavorare. 

Un regista per Ruzante

Di De Bosio si ricorda la pluridecennale devozione a Ruzante, l’autore cinquecentesco veneto, da lui introdotto nel teatro italiano del ‘900. 

La Moscheta, allestito nel 1950 con Giulio Bosetti protagonista, poi con Cesco Baseggio e dieci anni più tardi con Franco Parenti nello stesso ruolo, è stato il capitolo fondamentale della presenza ruzantiana sulle scene nazionali. Così come i successivi L’Anconitana e Bilora (1965), La Betìa (1969), Vaccària (2005). 

Anche negli allestimenti delle opere di Carlo Goldoni, De Bosio ha lasciato il proprio incisivo segno di regista, diverso certo da quello di Strehler e di Ronconi, e decisamente più affine alla lingua e al temperamento del commediografo veneziano: da La famiglia dell’antiquario (1952) a Il bugiardo (1962), poi Le donne de casa soa (1986), Le massère (1992), La bottega del caffè (1993).

Meno noto, forse messo in ombra dal ruolo di regista princeps del teatro veneto, il suo contributo alla cinematografia italiana degli anni 60: Il terrorista (1963), con Gian Maria Volontè, è un film ispirato alla sua attività di partigiano, attivo nella Resistenza in area veronese, e al suo comandante di allora Otello Pighin.

locandina di Il terrorista (1963) regia Gianfranco De Bosio

“Una radiografia della Resistenza, vent’anni dopo, una verifica, un esame di coscienza” scriveva sempre Kezich.

A quegli episodi del ’44 De Bosio ha appena dedicato un libro, di carattere storico, pubblicato proprio quest’anno da Neri Pozza: 1944. Fuga dal carcere. La liberazione di Giovanni Roveda.

Gian Maria Volontè in una scena di Il terrorista (1963)
Gian Maria Volontè in una scena di Il terrorista (1963)

Dovete sentirlo

A chi voglia conoscere meglio la caratura artistica e soprattutto lo sfaccettato carattere umano di Gianfranco De Bosio, posso consigliare una bella intervista audio (clicca qui) curata da Silvia Iracà e Pietro Crivellaro, che si può ascoltare sul sito di Patrimonio Orale, la collezione digitale di fonti orali per le arti della scena, ideata da Donatella Orecchia per il Progetto Ormete.

Per finire

Le felicitazioni a Gianfranco De Bosio per questi 97 anni di infaticabile attività sono infine d’obbligo. Accanto all’augurio che nel non lontano 2024 possa toccare i 100. Segno – nel bene e nel male – della longevità del teatro italiano.

Se quarantadue centimetri vi sembrano pochi. Gap of 42.

Si conclude domani, 5 settembre, a Cividale del Friuli, la 30esima edizione di Mittelfest. Un cartellone nel quale – anche grazie ai tedeschi Rimini Protokoll, agli olandesi Strijbos e van Rijkwijk e ai loro progetti pensati apposta per il festival – si poteva leggere il balzo che lo spettacolo dal vivo sta compiendo in questi anni verso formati ibridi: #audiowalks, #musicscape, #soundspecificsound, #locativeaudio… O come si diceva un tempo Land Art.

Provate a leggere e a guardare il post procedente, dedicato a Remote, di Rimini Protokoll.

Eppure, nella fusione imprevedibile di linguaggi che caratterizza un festival – questo festival – anche il corpo, elemento di base e essenza, secondo alcuni, di ogni performance, può trovare il suo spazio eletto, la sua celebrazione.

Senza sussidi tecnologici, senza indagini drammaturgiche. Il corpo, da solo, immediato, con la sua presenza, la sua forza, la sua differenza. 

Provate adesso a leggere ciò che vi racconto di Gap of 42.

Cividale del Friuli, MITTELFEST 2021 - EREDI - GAP OF 42 - CHRIS & IRIS  Foto © 2021 Alice BL Durigatto / Phocus Agency
tutte le immagini @Alice BL Durigatto / Phocus Agency

Lui e lei

Lui è alto. Lei è bassina. Lui si chiama Chris, lei Iris. Lei ha gli occhi chiari, lui scuri. Coppia come tante altre, se non per un particolare, che li rende assolutamente speciali.

Lui è altro 42 centimetri più di lei. Lei pesa 42 chili meno di lui. In questa differenza è il senso del loro spettacolo: Gap of 42. Lo scarto su cui hanno costruito la loro identità di artisti e ginnasti.

Cividale del Friuli, MITTELFEST 2021 - EREDI - GAP OF 42 - CHRIS & IRIS  Foto © 2021 Alice BL Durigatto / Phocus Agency

Giocano prima sulle misure. Lui si accovaccia. Lei si alza sulle punte. Poi lui seduto sullo sgabello. Lei orgogliosamente in piedi. O viceversa. La sfida è mantenere gli occhi, lo sguardo, la relazione alla stessa altezza.

Adesso è il momento delle presentazioni. Lo scarto diventa visibile, clamoroso. Lei uno scoiattolo. Lui è una sequoia. Lui è lento, statico, arborescente. Lei mobilissima, gli gira attorno, lo studia, lo esplora.

Cresce il rapporto. Lui accetta quell’innamoramento strano. Lei osa di più. Si arrampica su di lui, lo scala, lo risale, gli si siede in testa.

Senza parole, solo con un po’ di musiche, il loro spettacolo può raccontare molte storie. Bastano quelle presenze fisiche, la loro forza, la loro fiducia, a far crescere le narrazioni. Lavorano mano nella mano.

Sotto uno chapiteau

Il loro linguaggio, certo, è quello del circo. Tant’è che qui a Cividale, si esibiscono sotto uno chapiteau (e ci sono i sacchetti di pop corn per gli spettatori).

Del circo ci sono tutti i fondamentali: l’acrobazia, i numeri un po’ clowneschi, le luci puntate sul centro della pista, l’umorismo e il momento di suspence, per il salto mortale, a quattro metri di altezza.

Cividale del Friuli, MITTELFEST 2021 - EREDI - GAP OF 42 - CHRIS & IRIS  Foto © 2021 Alice BL Durigatto / Phocus Agency

Ma gli spettatori, seduti sulle immancabili panche di legno, corrono molto più in là con l’immaginazione. Il filo del rischio già mette i brividi… e se lei scivolasse, se lui sbagliasse la presa, se un attimo di distrazione si trasformasse in rovinosa caduta? 

Però si potrebbero immaginare Chris e Ines anche al di fuori di questa situazione. Nella vita ordinaria, nel tran tran quotidiano, dove 42 centimetri di differenza diventano motivo di preoccupazione. Oppure di divertimento. Sempre mano a mano.

Cividale del Friuli, MITTELFEST 2021 - EREDI - GAP OF 42 - CHRIS & IRIS  Foto © 2021 Alice BL Durigatto / Phocus Agency

Un gap of 42 centimetri

E adesso voi? Provate a pensarci pure voi. Quanti centimetri e quanti chili vi separano dal/la vostro/a partner? Siete già riusciti a colmare la distanza? Non solo quella distanza. Pensateci, dai.

Cividale del Friuli, MITTELFEST 2021 - EREDI - GAP OF 42 - CHRIS & IRIS  Foto © 2021 Alice BL Durigatto / Phocus Agency

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GAP OF 42
di e con Iris Pelz e Christopher Schlunk
Occhio esterno Stefan Schönfelt
Musica Schroeder (con Jan Fitschen, Felix Borel e Bella Nugent)
Coaching teatro di figura Anne-Kathrin Klatt
Dance coaching Laura Börtlein
Luce / Tecnica Marvin Wöllner
Produzione Duo mano a mano Chris e Iris per Mittelfest 2021
Fondi e partner Fonds Darstellende Künste con i fondi del Commissario Federale per la Cultura e i Media, Hessische Kulturstiftung, Kulturzentrum Tollhaus Karlsruhe, Bürgerstiftung Tübingen, Dipartimento della Cultura della Città di Tubinga