Agile, portatile, essenziale, Aucune idée è lo spettacolo che il regista svizzero Christoph Marthaler ha presentato a Napoli, al Teatro Bellini, nel cartellone internazionale di Campania Teatro Festival. Un tuffo carpiato nell’assurdo. Quello dell’altro secolo.

Ironico, o autoironico chissà, Christoph Marthaler ha voluto intitolare Aucune idée una di quelle operine che da tempo alterna a impegni più sostanziosi e regie musicali nei maggiori teatri d’Europa. Aucune idée, letteralmente, significa nessuna idea.
Mai titolo fu più esatto, fatta la tara di quella autoironia, che come il sale, o il peperoncino, è un ingrediente abituale nei lavori del regista svizzero.

Marthaler: cavalcare la storia
Ho un bel ricordo del giovane Marthaler. Negli anni ’90, quando era quarantenne, il suo era il nome emergente del teatro europeo. Con Murx den Europäer (la presa in giro della Ddr-nostagia e dell’europeismo entusiasta, nati subito dopo la caduta del Muro), Marthaler lo svizzero sbaragliava registi centroeuropei assai più accreditati e maturi. Che stavano appena digerendo la svolta storica. Lui invece la cavalcava.
Sornione, un po’ stravolto, capelli lunghi e un cappellaccio rincagnato in testa, lo incontrammo una sera alla Volksbühne a Berlino, nella taverna del teatro. Le taverne sono i posti migliori nei teatri per incontrare gente. Davanti bicchieri di vino riempiti fino all’orlo, in un italiano impeccabile, Marthaler ci diede allora prova del suo pungente spirito.
La stesso che ritrovammo in altri spettacoli, successivi, più imponenti: Stunde Null, Winch only, Papperlapapp... Quelli che ce lo fecero conoscere meglio, e nei quali spiccava spesso, allampanata e originale, la figura di Graham F. Valentine.
Guardate Valentine alla Cour des Papes di Avignone, mentre amoreggia con una lavatrice.

Qui ne trovate anche un estratto video, dov’è vestito da arcivescovo.
Quel portamento stordito
Scozzese, capelli rossi e irrequieti, uno spiccato temperamento musicale e il dono di una parlantina sciolta, capace di destreggiarsi in ogni lingua, Valentine era entrato a gamba tesa nella teatrografia del regista fin da quando, studente a Zurigo, aveva preso alloggio nella pensione di famiglia dei Marthaler. Affiatamento immediato.
La sua flemma britannica, le cantatine in falsetto, il portamento stordito, l’impeccabile parrucchino, hanno da allora attirato l’occhio e l’orecchio dello spettatore in tanti importanti titoli del regista fino a farne una icona attesa.
Guida turistica cieca, Valentine trascinava in palcoscenico folle di onesti servitori dello stato in Stunde Null. O si accoccolava tra la mobilia malandata di casa in Das Weisse vom Ei. Che era una commedia di Labiche, rimaneggiata con spirito salace.
Puntando su questo singolare talento, Marthaler ha voluto costruire uno spettacolo-dedica al compagno d’avventure teatrali di sempre. E gli ha cucito addosso una sequenza di azioni per farlo davvero protagonista, maestro di cerimonie di scena in uno di quei “non luoghi” (sale d’attesa, aeroporti, stanze d’albergo…) che sono gli ambienti preferiti da Marthaler.
Sul pianerottolo
Nel caso di Alcune idée è un pianerottolo, sul quale si aprono molte porte. Dalle quali entrare e uscire, improbabilmente, come nelle commedie di Feydeau
È qui che Valentine di affanna ad aprire una cassetta postale, ma per una ventina di volte si lascia di mano il mazzo di chiavi. È qui che si finge scassinatore, ma rinuncia al colpo perché troppo faticoso per la sua indolenza. È qui che smonta e rimonta il radiatore del riscaldamento, fino a farlo cantare.

Davanti a quel calorifero, lui stesso si cimenta poi nel recitarcantando di un classico dadaista. Il Ribble Bobble Pimlico di Kurt Schwitters, suo cavallo di battaglia da oltre trent’anni.
Tutte cose che sarebbero state bene in bocca al Joyce più misterioso, al Beckett più sperimentale, o in una delle pagine che il reverendo Carroll dedica ad Alice nel suo paese di meraviglie.

Sotto i ponti del teatro
Sono questi i riferimenti, magari solo le suggestioni, che – nella mancanza di idee del titolo – Marthaler offre agli spettatori. Come se ci volesse far sorridere con le ripetizioni infinite, i dialoghi insensati , le battute surreali, quell’Assurdo che piaceva negli anni Cinquanta, quando era un’alternativa a lavori impegnati e realistici.
Ma nel frattempo, tanta acqua è passata sotto i ponti del teatro.
Così, con infinita comprensione, e uno sbuffo di noia, perfino gli spettatori più attenti attendono la fine degli 80 minuti di Aucune idèe.
Li rincuora, qua e là, la viola da gamba di Martin Zeller, musicista dal vivo, ma un po’ anche attore, sparring partner che si destreggia tra Wagner e Bach, eseguiti anche loro col piglio ironico della ditta Marthaler. Che si sa, non risparmia nemmeno Tristano e Isotta.
Ma siamo lontani da quello spirito caustico che motivava le aspettative.
Sarà che di tempo ne è passato. Che l’Europa è cambiata. Che l’ironia, migrante per natura, si è imbarcata per altri Paesi, su altre rotte.
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AUCUNE IDÉE
IDEATO E DIRETTO DA CHRISTOPH MARTHALER
DRAMMATURGIA MALTE UBENAUF
SCENOGRAFIA DURI BISCHOFF
MUSICHE MARTIN ZELLER
COSTUMI SARA KITTELMANN
LUCI JEAN-BAPTISTE BOUTTE
SUONO CHARLOTTE CONSTANT
ASSISTENTE ALLA REGIA CAMILLE LOGOZ, FLORIANE MÉSENGE
COSTRUZIONE SCENOGRAFIA E OGGETTI DI SCENA THÉÂTRE VIDY-LAUSANNE
PRODUZIONE ANOUK LUTHIER
CON GRAHAM F. VALENTINE, MARTIN ZELLER
PRODUZIONE THÉÂTRE VIDY-LAUSANNE
COPRODUZIONE FESTIVAL D’AUTOMNE THÉÂTRE DE LA VILLE (PARIS), TEMPORADA ALTA – FESTIVAL INTERNATIONAL DE CATALUNYA GIRON/SALT, FONDAZIONE CAMPANIA DEI FESTIVAL – CAMPANIA TEATRO FESTIVAL, TANDEM SCÈNE NATIONALE, MAILLON – THÉÂTRE DE STRASBOURG SCÈNE EUROPÉENNE, THÉÂTRE NATIONAL DE NICE – CDN NICE CÔTE D’AZUR, LE MANÈGE – SCÈNE NATIONALE, MAUBEUGE