Tutta l’Italia in cento festival (ma poi ce ne restano mille)

È il tempo giusto, l’estate. È quando l’Italia intera diventa palcoscenico. Un libro di 200 pagine racconta la penisola attraverso 100 festival: quelli di musica, teatro, cinema, arte, letteratura e di pensiero. Insomma di cultura. Lo hanno scritto Giulia Alonzo e Oliviero Ponte di Pino. E Paolo Fresu ci ha messo la prefazione.

festival

La stagione dei festival

Astronomicamente parlando, domani, 21 giugno, si apre l’estate. 

E l’estate è la stagione dei festival. Dalle località sui monti alle città d’arte, dai borghi alle piccole isole, mille e più bandierine infilzate sulla carta geografica dell’Italia segnalano il percorso di una linfa che probabilmente, in altri Paesi, non ha eguali.

Concerti, spettacoli, proiezioni, conversazioni, incontri con personaggi illustri, reading di poesia, presentazioni di libri. Manifestazioni pensate per le passioni più disparate: fumetto o scienza, cinema asiatico o latinoamericano, letteratura rosa o street art. Non c’è piazza che non ospiti un evento, piccolo o grande, famoso o sconosciuto. 

Una guida nomade

A raccontarli tutti, o almeno una cospicua parte, è la guida nomade agli eventi culturali: festival di pensiero, letteratura, musica, teatro, cinema e arte in Italia. Definizione extralunga per il libro che Giulia Alonzo e Oliviero Ponte di Pino hanno voluto intitolare In giro per festival (edizioni AltrEconomia, con una prefazione di Paolo Fresu).

In giro per festival Alonzo Ponte diPino Altraeconomia

Il volume nasce dal lavoro che gli autori hanno già sviluppato sul portale TrovaFestival.it, enciclopedia di luoghi eccellenti dove sono censiti e catalogati di più di 1.100 festival sparsi sul territorio italiano, isole comprese. “Per essere pignoli – precisano i due collezionisti di eventi – sono 217 quelli di cinema e audiovisivo, 274 di musica, 315 di teatro danza e circo, 70 di arti visive, 311 di libri e approfondimento culturale”.

Un’offerta impressionante, che sbalordisce chi ritiene che in Italia il consumo culturale sia inferiore a quello di molti altri paesi europei. Il dato è esatto, ma la spiegazione è nella relazione virtuosa che, nel nostro Paese, si sviluppa tra i festival il turismo: risorsa principe, “petrolio” italiano.

Questi eventi sono un attrattore importante, aiutano la riqualificazione territoriale, la resa economica è significativa. “Durante un festival – puntualizzano gli autori – chi mangia anche un solo panino contribuisce a sostenere l’economia locale e indirettamente anche la cultura”.

Cento, anzi mille, manifestazioni

Dei 1.100 festival mappati e geolocalizzati dal sito Trovafestival.it, per ragioni di spazio, il libro ne seleziona 100, quelli che più rappresentano la vivacità, l’innovazione, l’originalità nelle diverse categorie tematiche. E Fresu aggiunge: “un festival è un rito comunitario, una danza collettiva, uno strumento per indagare territori descrivendoli al meglio e narrandone divisioni, ricchezze, condivisioni”.

La guida nomade li esamina, regione per regione, li calendarizza, li storicizza, li racconta attraverso curiosità e dati ufficiali. Fornisce inoltre indicazioni di carattere turistico, logistico, edonistico. Come ci si va? Dove si dorme? Quanto bene si mangia?

Alla mappe geografiche, aggiunge infine 250 segnalazioni e 14 percorsi tematici: dall’alta quota alla spiritualità, dalla legalità all’ambiente, dai nerd agli Lgbtq+. Chi li cerca, li trova tutti. E poi i festival per incontrare altre culture, quelli per ballare fuori dal coro, quelli nei borghi più belli e nelle località incantate.

Alonzo e Ponte di Pino vi indicano pure quali sono i 10 festival che bisognerebbe assolutamente vedere prima di morire. Non so, fate voi. Io, mi sono già dato da fare. 

[pubblicato sul quotidiano IL PICCOLO il 10 giugno 2022]

– – – – – – – – – – – – – – – – – –
IN GIRO PER FESTIVAL
guida nomade agli eventi culturali
di Giulia Alonzo e Oliviero Ponte di Pino
AltrEconomia Edizioni
16,50 euro, pp. 208

Robert Wilson e Lucinda Childs. Quei nostri periodi di relativa calma

Relative Calm è un trittico di coreografie di Lucinda Childs che si svilupperà nello spazio scenico ideato da Robert Wilson, su musiche di Jon Gibson e John Adams, ma anche sulla Pulcinella Suite di Igor Stravinsky.

La creazione (per certi tratti nuova, per altri legata alla storia dei due artisti) debutta il 17 giugno 2022 a Roma, all’Auditorium Parco della Musica (repliche il 18 e il 19) e segna un rinnovato punto di incontro tra due figure che hanno trasformato la storia dello spettacolo negli ultimi decenni del ‘900.

Architetti dell’astrazione, maestri di un formalismo nuovo, campioni dell’avanguardia della fine dello secolo. 

Relative Calm impegnerà i danzatori di MP3 Dance project, la compagnia diretta da Michele Pogliani e il PMCE Parc della Musica Contemporanea Ensemble diretto da Tonino Battista.

Ieri, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, dove si stava mettendo a punto la nuova creazione, sono stato ad ascoltare Wilson e Childs mentre rievocavano quei tempi, quei pensieri.

robert wilson lucinda childs relative calm
Lucinda Childs e Robert Wilson a Roma, all’Auditorium Parco della Musica

Lei e lui. East Coast e Texas

Lei, ottant’anni passati, ha un fisico asciutto, il passo disinvolto. Parla veloce, sicura, determinata: il timbro newyorkese di chi sa di non aver tempo da perdere. 

Lui, pur di qualche mese più giovane, si muove con difficoltà, sente il disagio di un corpo pesante, che prima era quello di un texano atletico. La voce è rallentata, sembra fare fatica, ma sono anche pause sornione, le sue, quasi quasi studiate. 

Sono passati più cinquant’anni da quando Lucinda Child e Robert Wilson, trentenni, si conobbero nella New York anni ’70, e diedero vita assieme al compositore Philip Glass, all’opera che avrebbe cambiato l’opera.

Musica, danza, parole c’erano, come sempre, ma erano del tutto nuove. Il minimalismo di Glass, i movimenti in diagonale di Childs, la regia astratta di Wilson. Einstein on the beach, che avrebbe debuttato nel settembre del 1976 a Avignone, era il punto di svolta. Il culmine del termometro dell’avanguardia teatrale, che registrava allora la nuova temperatura estetica.

robert wilson lucinda childs relative calm  ph Luca Guadagnini
Wilson e Childs in prova

Sentiamo ciò che dicono adesso

“Io e Lucinda abbiamo lavorato sempre con lo spazio – apre il discorso Wilson – e chi lavora con lo spazio lavora inevitabilmente con il tempo. Tempo e spazio. Non importa che cosa sto portando in scena, che sia Einstein on the Beach, o l’Amleto o il Re Lear di Shakespeare, la prima cosa da decidere è cosa va messo al primo posto, cosa va messo al secondo, e poi al terzo al quarto, e così via”.

“Ripeto: tempo e spazio. Voglio dire: non è importante da che cosa parti. Possono essere le parole, oppure la musica, oppure altro, si può cominciare da qualsiasi parte. Importante è invece avere una precisa di idea di questo spazio-tempo, averla, questa idea, davanti agli occhi”.

Robert Wilson - bozzetto per Relative Calm
Robert Wilson – bozzetto per Relative Calm

“In quegli anni – ricorda Childs – noi non avevamo bisogno raccontare, non cercavamo le storie. Semplicemente, eravamo astratti. Ci interessavano i contenuti sì, ma molto di più la forma”. 

“Astratti, lo siamo ancora, ma adesso mi è stato proposto di creare, assieme a Bob, una coreografia per il Pulcinella di Stravinsky. E lo sappiamo tutti che Pulcinella è storia, è passione, tradimento, collera. amore. Potrebbe essere una sfida questa, mi sono detta, è certo un’opportunità. Una maniera per conoscerlo e per conoscermi meglio. Voglio provarci, senza tradire me stessa, ma anche senza tradire lo spirito di questo lavoro. Trovare una strada inedita per incontrare un mondo musicale che non avevo mai praticato”. 

Lucinda Childs e Robert Wilson in prova
Wilson e Childs in prova

“Stravinski è un oggetto del tutto lontano dal mio mondo – aggiunge Wilson – Adams e Gibson sono invece compositori della stessa generazione, la mia e di Lucinda. Stravinsky è davvero un’altra cosa. L’idea che ho avuto è stata allora quella di metterlo al centro. Un contrappunto. Musicalmente e visivamente. Prendiamo Gibson, ci siamo detti, poi ci mettiamo Stravinsky, poi Adams, come se il Pulcinella fosse un punto di volta, un contrappunto”.

“In qualsiasi creazione c’è un punto centrale. C’è sempre un fulcro nei lavori di Shakespeare: qualcosa avviene prima, qualcosa succederà dopo, le situazioni a un momento si ribaltano, alla battuta centrale del Re Lear, per esempio. Lo stesso avviene nel Parsifal di Wagner. Lavorare sul punto di volta mi interessa moltissimo. Stravinsky per me è il centro di questo nostro nuovo lavoro”.

Wilson & Childs - Relative Calm
Una immagine da Relative Calm (ph Luca Guadagnini)

“Sulle musiche di Gibson e Adams – parla Childs adesso – avevamo lavorato assieme già quarant’anni fa, proprio con questo titolo Relative Calm. È curioso che questa idea arrivi ora, dopo un periodo di calma forzata, obbligati a stare fermi dall’epidemia che ci ha impedito di fare molte cose. Certo, era possibile ideare, pensare, progettare, e ci hanno aiutato tutte quelle cose come Zoom. Utili certo, ma che non sono pensate per quello che facciamo noi. Per ciò che noi facciamo è necessaria la terza dimensione, l’essere assieme, qui con voi, con il pubblico. Grazie all’epidemia, tuttavia, ne abbiamo riscoperto l’importanza”.

“Per me ha voluto dire fermarmi – conclude Wilson – starmene a riflettere e chiedermi se sono lo stesso di allora. Posso dire che il corpo è quello di quando sono nato, ma è anche quello di un uomo di ottant’anni. Mi piace paragonarmi a un albero. Un albero che nasce, che cresce, qualche volta viene scosso dalla tempesta e altre volte perde un ramo. Ma rimane lo stesso albero. Così anch’io: uomo degli anni ’70 e uomo di adesso. E sono lo stesso”.

Di Lucinda Childs, QuanteScene! ha parlato anche altre volte. In occasione del Leone d’oro per la Danza alla Biennale di venezia 2017, per esempio. E anche di Wilson, certo, quando aveva lavorato con Isabelle Huppert, o delle sue presenze al Festival di Spoleto.

– – – – – – – – – – – – – –  

RELATIVE CALM
ideazione, luci, video, spazio scenico e regia  Robert Wilson
coreografia  Lucinda Childs 
musiche  Jon Gibson, Igor Stravinsky, John Adams

in scena MP3 Dance project diretto da Michele Pogliani 
erformers Giuseppe Catalfamo, Simone Cioffi, Francesco Curatolo, Asia Fabbri, Gaia Foglini, Lorenzo Ganni, Noemi Gregnanin, Giovanni Marino, Sara Mignani, Silvia Prete, Agnese Trippa, Irene Venuta, Rachele Zedde.

un progetto di Change Performing Arts in coproduzione con Fondazione Musica Per Roma, Teatro Comunale Di Bologna, Théatre Garonne Toulouse, LAC Lugano Arte E Cultura, Le Parvis Tarbes Pyrénées, Teatro Stabile ci Bolzano 

Jon Gibson, Rise (1981) (fiati, tastiere, autoarpa, suono ambientale, sassofono soprano e percussioni)

Igor Stravinsky, Pulcinella suite (1922), esecuzione e registrazione di Parco della Musica Contemporanea Ensemblediretto da Tonino Battista 

John Adams, Light over water, part 3 (1985) (sinfonia per ottoni e sintetizzatori)

per le immagini dall’Auditorium ©Fondazione Musica per Roma / Musacchio – Ianniello – Pasqualini

Relative  Calm - Wilson - Childs - locandina

STORIE – Il Living Theatre e quel nudo che travolse Trieste

Una storia d’altri tempi, di tanto in tanto fa bene. Al corpo e allo spirito. Alla politica dei corpi, soprattutto.

Con questo tuffo nel passato – pubblicato qualche settimana fa sul quotidiano Il Piccolo – vi riporto al 1965, in quel luogo strano che ai tempi della Guerra Fredda era Trieste

Living Theatre

un’azione del Living Theatre

Arriva il Living Theatre

Non era arrivato ancora il Sessantotto. E ci sarebbero voluti anni perché Hair, lo scandaloso musical dell’Era dell’Acquario, giungesse in Italia. Eppure in un luogo estraneo al grande circuito degli spettacoli e poco propenso al peccatoTrieste – il nudo andò in scena. Non senza conseguenze.

È 1965, aprile. Il quotidiano locale, Il Piccolo, annuncia l’arrivo in città del Living Theatre. Scrive il giornale: “è un complesso di giovani attori che esprime le propensioni, le forme di rottura, le categorie per così dire estetiche del teatro beat“. In realtà è la punta di diamante del New Theatre, l’avanguardia teatrale americana, attiva anche sul piano politico. Quelli del Living sono antimilitaristi, anarchici, pacifisti, anticonsumisti, vegetariani, femministi. A cominciare dai due fondatori del gruppo, Judith Malina e Julian Beck.

Creazioni collettive, coinvolgimenti

Lo spettacolo che sta per andare in scena si intitola Mysteries and smaller pieces. Sono tante brevi scene ricomposte in una creazione collettiva, che prevede anche il coinvolgimento del pubblico.

L’Auditorium di via Tor Bandena, pronto ad accoglierlo, è un teatro un po’ particolare. Una sola parete e una porticina lo separano dalla questura. Non il luogo ideale, insomma, per le avanguardie artistiche che in quei formidabili anni ’60 cominciano a catturare le ribellioni di una generazione nuova. Quella però è l’unica sala che il Teatro Stabile Città di Trieste, promotore dell’evento, abbia a disposizione. 

Il Living Theatre è già celebre per le sue scelte radicali. Non c’è città in cui un loro spettacolo non susciti entusiasmo o riprovazione. Nei teatri il pubblico si azzuffa, a volte la polizia interviene a sedare gli animi.

Living Theatre

Parla Judith Malina

“Non rammento le centinaia e centinaia di repliche che io e Julian abbiamo fatto con Mysteries and smaller pieces – ricordava Judith Malina, scomparsa sette anni fa – ma la tappa di Trieste resta per me indimenticabile“.

Living Theatre – Judith Malina e Julian Beck

Succede insomma che lo spettacolo prende una piega allarmante, a dispetto dei tutori dell’ordine, convocati apposta. Riporta ancora Il Piccolo: “con tutti quei giovanotti di pelle bianca e di pelle scura che si rotolavano sul tavolaccio e tra le sedie della platea, gemendo e spasimando come buoi squartati, e con una parte degli spettatori che manifestavano più o meno cordialmente la loro insofferenza, le cose sembravano volgere al peggio”.

Living Theatre - Paradise now

Interviene il commissario di polizia, intima di sospendere la rappresentazione, poi si rimangia l’ordine, e lascia che le “piccole scene” vadano avanti. In nome dell’arte. 

Se non che “un attore della compagnia, afferrato dal raptus della mimesi realistica, in una scena figurata del resto molto bella, ha avuto l’imprudenza di dimenticarsi nello spogliatoio la tradizionale foglia di fico“. Insomma, nudo. Anche se per pochi secondi, e insieme a un’attrice.

Living Theatre

Atti osceni

Il verbale di Polizia è eloquente: “visto che si sono verificati gravi inconvenienti con vivaci contrasti tra gli spettatori, accertato e contestato il reato di cui all’art.527 del C.P. per atti osceni, commesso da uno degli attori, si decreta la sospensione dello spettacolo e si vieta ogni futura rappresentazione“. E tutti via in questura, attori e spettatori.

Il caso del Living Theatre a Trieste mobilita le cronache nazionali. Ma soprattuto fa precipitare la già pericolante struttura del Teatro Stabile Città di Trieste. “L’uomo svestito sul palcoscenico ha messo a nudo la crisi del teatro“: questo il tenore dei titoli. Interrogazioni. Dimissioni. Scioglimento del consiglio di amministrazione. Una vera debacle per l’istituzione guidata da Sergio D’Osmo, che si voleva aprire a un teatro un po’ meno convenzionale e conservatore

Living e Stabile triestino vengono alla fine assolti dalle imputazioni. Anche per la testimonianza di un pompiere in servizio sul palcoscenico, scarsamente illuminato: “nero lu, nera ela, mi no go visto niente”.

Il caso Living è chiuso. Alla storia si affaccia un soggetto nuovo di zecca, il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.

[pubblicato su IL PICCOLO, quotidiano di Trieste, il 14 maggio 2022]

Una breve storia del Living Theatre.

Su QuanteScene! trovi anche altre STORIE. Per esempio Harold Pinter, Kazuo Ohno, Eimuntas Nekrošius, Milva… tutti raccontati dal vivo