Da San Ginesio ad Anghiari, l’Italia dei borghi del teatro

Agosto è stato un’inferno. Ma un po’ tutta questa estate. A dispetto di siccità, incendi, spiagge intasate, grandinate, qualche angolo di paradiso però c’è ancora. In quei borghi di cui l’Italia – quella collinare – giustamente si vanta.

Nel pieno della canicola, per esempio, ne ho visitati due. Freschi, ombreggiati, votati pure agli spettacoli. A trovarli mi hanno dato una mano un libro e il sito TrovaFestival ideati da Giulia Alonzo e Oliviero Ponte di Pino, proprio per aiutare noi, e voi, vagabondi del teatro.

Un santo, un borgo

Se non lo sapevate già, lo saprete ora: San Genesio è il protettore degli attori e della loro professione. Aggiungo che San Ginesio (con la i) è un borgo sulle colline marchigiane. E ha quel santo come patrono (era stato un mimo, prima di convertirsi). Il suo martirio , al tempo l’imperatore Diocleziano, non era bastato, e nel 2016 il piccolo paese è stato martoriato pure dal terremoto.

Ma si sta riprendendo, con un virtuoso progetto di ricostruzione del quale fa parte la ristrutturazione del teatro. Siamo poco distanti da Recanati, e la sala è intitolata a Giacomo Leopardi. Ma il rilancio di San Ginesio, con un complesso lavoro di valorizzazione e sostenibilità turistica che lo trasformerà nel “borgo degli attori”, prevede pure un festival: il Ginesio Fest, appunto. 

San Genesio, protettore degli attori

Ginesio Fest

Nei due precedenti anni di incubazione, il festival si è dato infatti un compito ambizioso: qualificarsi come punto di riferimento italiano “sull’arte dell’attore”.

I presupposti ci sono: dall’intuizione originaria di Remo Girone (in veste di garante ideale), alla nuova direzione di Leonardo Lidi (che firma il progetto artistico). Quest’anno il cartellone ha messo a regime prove d’attore alte (come quella di Lino Musella), una terna di premi (a Paolo Pierobon, Petra Valentini, Lino Guanciale) e qualche bella riscoperta: Woody Neri alle prese con un tutto-shakespeare, quasi da camera, più esattamente da chiostro. Perché in occasione del GinesioFest tutti gli spazi si riconvertono. 

Leonardo Lidi (a dx) e Giuliano Ciabocco, sindaco di San Ginesio

Su una terrazza, affacciata sui monti Sibillini, Remo Girone (con Christian La Rosa e con i giovani attori della scuola dello Stabile di Torino) hanno letto La crociata dei bambini di Marcel Schwob. 

In una chiesa trasformata in luogo di esposizione per i tesori salvati dal terremoto, Michele Di Mauro e Franco Visioli si sono cimentati con la scrittura di Vitaliano Trevisan, nel Concerto per Vitaliano, che recupera dal 2009 un suo libricino pubblicato di Einaudi (Due monologhi). 

La grana della voce di Di Mauro, le ardite invenzioni sonore di Visioli, riconfermano l’idea di un Trevisan biografo feroce di un’ordinaria vita di provincia italiana, analista dei vuoti del quotidiano. Proprio quei vuoti che lo hanno condotto, lo scorso gennaio, a chiudere i conti. Non solo con la scrittura, anche con la vita.

Michele Di Mauro in Concerto per Vitaliano

Nelle stanze  di palazzo Ragoni

Invece io, a San Ginesio, mi sono trovato bene. Accolto come un re nel palazzo di belle stanze e di attenzioni cortesi da Pepe Ragoni, che a dispetto del nome maschile è una gentile e colta signora. A cui, la cittadina deve molto, anche perché è lei ad animare e mantenere vivo il lascito intellettuale di Alberico Gentili, la maggior personalità di questo luogo, il giurista che a Oxford nel 1500, scrisse il primo trattato di diritto internazionale. Quella giurisprudenza che ancora oggi regola i rapporti tra le nazioni. 

Tavole imbandite ad Anghiari

Non era poi tanto distante, il Ginesio Fest, dall’altro appuntamento segnato nella mia agenda dei borghi: Tovaglia a quadri ad Anghiari.

Se avete mai letto questo blog, sapete che ogni anno, ad agosto, in provincia di Arezzo, all’aperto, attorno a lunghe tavolate imbandite, questa manifestazione convoca decine e decine di spettatori-commensali. Sulle tovaglie bianche e rosse, tra una portata e l’altra (sono quattro), assistono ad altrettante scene, interpretate da un gruppo di anghiaresi che raccontano, anche cantando, un episodio contemporaneo, o a volte anche remoto, della storia della città. 

Tovaglia a quadri 2022

Quest’anno si è trattato invece di prefigurare qualcosa. Gli autori, Andrea Merendelli e Paolo Pennacchini, hanno optato per una proposta “didattica” che scavalcasse il passato prossimo e illuminasse un avvenire. 

Già a primavera i cittadini di Anghiari avevano trovato le strade tappezzate da manifesti che annunciavano l’imminente apertura di un Liceo Contadino. Curiosità, propositi di iscrizione, quesiti rivolti al Provveditorato agli Studi. Una campagna di comunicazione ben orchestrata e ben riuscita. I manifesti, in realtà, anticipavano solamente il titolo della edizione 2022 di Tovaglia a Quadri. 

Tovaglia a quadri 2022

Liceo Contadino

È il titolo, ma anche l’idea, di un ritorno al futuro nella dimensione agricola che da sempre caratterizza cittadine e paesi della Alta Val Tiberina, rinomati anche per la produzione di foglie di tabacco da sigaro. In questo avveniristico Liceo Contadino si potrebbe studiare ciò che fino a un secolo fa era trasmesso solo per via orale. 

L’agricoltura, quella odierna, prevede tutto. Ma non l’imprevedibile. E dopo solo sette repliche, lo spettacolo ha dovuto fronteggiare lo stratempo di questo agosto imbizzarrito. Rovesci di pioggia, ventate di tempesta, grandine grossa hanno messo a terra le pregiate coltivazioni. E anche qualche muro del Castello di Sorci, che dallo scorso anno ospitava la manifestazione. Così questa storia critica dello sfruttamento intensivo del territorio è stata sospesa. 

Tovaglia a quadri - Castello di Sorci - Anghiari

Accompagnata però dalla decisione di riproporla a dicembre, con un tetto sopra la testa. Il Teatro dei Ricomposti, cuore del borgo aretino dove si svolse la storica battaglia che, si dice, ispirò Leonardo, risarcirà con altrettanti piatti di bringoli al sugo finto (in altre parti li chiamano pici) coloro che non hanno ancora potuto assistere allo spettacolo-degustazione. 

E non si sono potuti convincere che tovaglie a quadri e narrazione teatrale, possono funzionare come piatto unico nella valorizzazione delle culture contadine.

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GINESIO FEST
direzione artistica Leonardo Lidi
direttrice generale Isabella Parrucci
presidente giuria Premio nazionale San Ginesio, Remo Girone
San Ginesio (MC)

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TOVAGLIA A QUADRI
storie scritte da Andrea Merendelli e Paolo Pennacchini
con gli abitanti di Anghiari
regia di Andrea Merendelli
Anghiari (AR), Castello di Sorci  

A Miramare la sfinge rivela i segreti di Massimiliano d’Asburgo

Da giovedì 18 agosto e fino al 28, al tramonto, alle 19.30, il Castello e il Parco di Miramare a Trieste ospiteranno lo spettacolo itinerante che Paola Bonesi ha intitolato I segreti dei giardini dell’Arciduca. Un reportage sulla vita di Massimiliano d’Asburgo raccontato attraverso il meraviglioso botanico che lui stesso aveva creato su quel bastione di scogli che ancora oggi fa da portale d’ingresso a Trieste.

La sfinge e il Castello di Miramare a Trieste
La sfinge a Miramare

“Era una persona di grandi talenti, un uomo di scienza e di avventura, intellettuale raffinato, studioso di botanica, curioso, appassionato di architettura ed esperto di mare” mi racconta Paola Bonesi. Lei che la vita di Massimiliano d’Asburgo l’ha studiata in lungo e in largo: biografie, carteggi, diari, disegni e fotografie. “Era uno che aveva bisogno di vedere lontano”. 

Allora io penso alla sfinge immobile, sul molo nel porticciolo di Miramare, che guarda lontano, il mare, l’orizzonte. Muta. Anche lei – la Sfinge di granito rosa – sarà uno dei personaggi che affollano questo progetto, nato da un’ idea di Andreina Contessa (direttrice del Museo del Castello e del Parco), sviluppato e realizzato da Bonesi (ne che è autrice e regista) e che vedrà coinvolti, nei diversi percorsi e nei diversi ruoli, gli attori della Compagnia del Teatro Stabile del Friuli venezia Giulia.

Che cosa nasconde un giardino?

I segreti dell’Arciduca, non sono in realtà segreti. “Tutti i parchi, tutti i giardini, svelano il carattere di chi li ha creati e di chi li cura”. Paola Bonesi ne è così sicura da aver voluto applicare il principio anche al più più bello tra i parchi del Nordest italiano. Questo di Miramare.

Castello e Parco di Miramare Trieste
Il Castello e il Parco

Una passione, coltivata da più di vent’anni, e incrementata dai libri letti e studiati sulla vita e i progetti di Massimiliano d’Asburgo. Che dal 1855 fino al 1867, l’anno della morte, dedicò buona parte delle sue giornate all’edificazione del Castello e del suo “giardino di meraviglie“. Un parco di 22 ettari che raccoglie essenze e piante da tutti i continenti. Un patrimonio botanico che lui stesso si era ingegnato a raccogliere e sviluppare assieme al suo giardiniere d’elezione, Anton Jelinek.

[A tal proposito, potreste leggere gli articoli che Pier Paolo Dorsi e Zeno Saracino hanno scritto su questo sconosciuto ma fondamentale maître di alberi, cespugli e piante].

Miramare, i luoghi, la storia

Lo spettacolo-passeggiata porterà il pubblico in alcuni dei luoghi più suggestivi del Parco – la balconata a mare, i dintorni del Castelletto, i giardini attorno al laghetto – attraversando i quali gli attori comporranno il ritratto di un Massimiliano diverso dall’iconografia ufficiale. Quello che i libri di storia ricordano per la fucilazione a Querétaro, per mano dei repubblicani messicani.

La fucilazione di Massimiliano (1863), secondo Edouard Manet (1868)
La fucilazione di Massimiliano (1867), secondo Edouard Manet (1868)

Dalle finestre del Castello di Miramare, per molti decenni, uno spettacolo di Luci e Suoni aveva ripercorso l’avventura e la tragica fine dell’erede d’Asburgo e imperatore in Messico. 

I tempi però sono cambiati e una nuova consapevolezza porta oggi valorizzare il rapporto tra quell’uomo e quel parco: la sua creatura. O come sostiene Bonesi, “il suo testamento estetico e spirituale”.

Massimiliano intimo

“Su Massimiliano ho letto tanto: le biografie, i carteggi, i diari di coloro che gli stavano accanto e assieme a lui, giorno per giorno, si occupavano di trasformare in realtà quel sogno naturalistico. Jelinek, il fidato giardiniere boemo, oppure José Luis Blasio, segretario e autore di una biografia intitolata Massimiliano intimo” racconta Bonesi.

Anton Jelinek, giardiniere a Miramare
Il giardiniere Anton Jelinek e la moglie in una foto d’epoca

Intimo sì, perché più del rapporto con la consorte Carlotta del Belgio, complesso e non ancora del tutto esplorato, a svelare il carattere avventuroso di Massimiliano (molto diverso da quello del fratello, l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe) ci sono le lettere che dai suoi tanti viaggi (Massimiliano era ammiraglio) l’arciduca spediva, con l’intento di far rivivere sul promontorio adriatico la varietà delle avventure emotive e botaniche da lui esperite nel mondo. E racchiuse nei semi e nelle piante che “importava” dalle Americhe o dai Paesi asiatici.

Alberi e fantasmi a Miramare

“Con la luce del sole al tramonto potrebbe manifestarsi l’invisibile – anticipa Bonesi – grazie ai fantasmi di quei personaggi, che appariranno nei luoghi dove erano abituati a intrattenersi: l’arciduchessa Sofia, il medico di corte von Basch, la dama di compagnia di Carlotta, …”.

A Miramare gli spettatori potranno incontrarli nei pressi della balconata prospiciente al mare, dove tutte le linee prospettiche volgono all’infinto. Oppure nell’aranceto, accanto al Castelletto, dove Carlotta impazzita di dolore fece crescere una pianta d’edera, simbolo di fedeltà eterna. O ancora là dove il giardino formale, all’italiana, e quello romantico, all’inglese, si fondono per merito dell’abilità di Jelinek, diligentissimo capo-giardiniere di corte. 

“Nella rispondenza delle essenze arboree e degli stati d’animo – conclude Bonesi, grata anche al Museo Storico del Castello e del Parco, che collabora all’iniziativa – si cela il segreto che, assieme al pubblico, andremo ogni sera a a scoprire”.

[parzialmente pubblicato sul quotidiano di Trieste, IL PICCOLO, il 17 agosto 2022]

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I SEGRETI DEI GIARDINI DELL’ARCIDUCA 

da un’idea di Andreina Contessa
scritto e diretto da Paola Bonesi
con Emanuele Fortunati, Ester Galazzi, Andrea Germani, Iacopo Morra, Maria Grazia Plos
e Francesca Boldrin, Alessandro Colombo, Serena Costalunga, Giacomo Faroldi, Radu Murarasu
produzione il Rossetti – Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia
in collaborazione con il Museo Storico e il Parco del Castello di Miramare

Ferdinando Massimiliano d'Asburgo-Lorena; Vienna, 6 luglio 1832 – Santiago de Querétaro, 19 giugno 1867
Ferdinando Massimiliano d’Asburgo-Lorena; Vienna, 6 luglio 1832 – Santiago de Querétaro, 19 giugno 1867

Sogno di una Abramovic di mezza estate

Non c’è via d’uscita. L’arte contemporanea se la deve vedere sempre con la parodia dell’arte contemporanea. Marina Abramovic insegna. Ma forse non è Marina Abramovic.

Marina Abramovic

Puoi prenderla dal punto di vista di Alberto Sordi, in visita con la moglie alla Biennale di Venezia in quell’episodio cinematografico – Le vacanze intelligenti (1978) – che resta ancora un capolavoro d’ironia e un impeccabile soggetto comico. E anche uno straordinario richiamo per vistare oggi la Mostra veneziana.

Oppure dal punto di vista di Virginia Raffaele (2017). Che con l’imitazione di Marina Abramovic, “madre di tutte le performance” ha sfondato oramai le visualizzazioni su YouTube.

In mezzo, ci metterei volentieri quei due minuti della Grande Bellezza di Sorrentino, quando una certa Talia Concept invasatissima (l’attrice triestina Anita Kravos, “quattro ore di ciak e un fortissimo mal di testa”) si sbatte contro le pietre antiche del Parco degli Acquedotti a Roma.

L’arte contemporanea insomma va presa sul serio. Ma si può anche prenderla in giro.

Una sera di mezza estate

Così in una sera d’estate mi è capitato di incontrarla di nuovo. Forse non era Marina Abramovic, ma certo era la parodia di Marina Abramovic. 

Andrea Cosentino la serviva a Trieste, sul piatto d’argento di un piccolo festival molto Freak, (che si è concluso ieri, ma continua con Approdi Futuri ). Attore e stand-up comedian, da una decina d’anni Cosentino non ha esitazioni nel confrontarsi dal vivo e in video con la madre di tutte le performance.

Not here, not now consiste in un’oretta di irridenti divagazioni sulla vita e i miracoli dell’artista di origine serba, confrontati con quelli di Cosentino, artista pure lui, ma d’origine abruzzese. Identica la distanza dalla lingua italiana. 

Distanza ridotta addirittura a pochi centimetri, quando lui stesso, appunto dieci anni fa, si era trovato difronte l’altra, in occasione delle giornate del Metodo Abramovic al Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano.

Di quell’esperienza, testimoniata pure da un certificato d’autenticità esibito con un orgoglio sornione, Cosentino serba un bel po’ di ricordi che condivide con gli spettatori. Tra la serietà del performer e lo sberleffo del clown.

Andrea Cosentino - Not here, not now
Andrea Cosentino – Not here, not now

Trova l’originale

La parrucca nerissima con la treccia, il naso finto e importante, la tunica e le scarpe col tacco, ne fanno infatti una copia quasi perfetta. E anche perfetto è il gioco delle citazioni, molte delle quali in video.

Di cui gli appassionati veri della vera Abramovic sapranno trovare i riferimenti giusti. E volendo, scherzarci sopra. Guardate un po’ queste clip.

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NOT HERE, NOT NOW
di e con Andrea Cosentino
regia Andrea Virgilio Franceschi
video Tommaso Abatescianni

[sul lavoro teatrale di Andrea Cosentino si può leggere il libro intitolato L’apocalisse comica a cura di Carla R. Antolini, Editoria&Spettacolo]