Musicista, opinionista, influencer, attore, scrittore, conduttore, giudice. Lodo Guenzi cambia cappello e mestiere così veloce come cambia le t-shirt. Almeno tre in un giorno.
Da una settimana in palcoscenico è interprete serio e posato, fino a un certo punto almeno. Protagonista addirittura, in uno dei titoli più noti e più longevi (dopo Shakespeare) del teatro inglese: Trappola per topi di Agatha Christie. Un thriller. Fino a domani al Rossetti di Trieste, poi in tournée.

Gli ho chiesto: come mai?
C’è chi lo conosce come frontman di Lo Stato Sociale, iconica band indipendente che sbancava a Sanremo 2018 con Una vita in vacanza. C’è chi lo ha visto più volte condurre dal palco di piazza San Giovanni a Roma i concertoni del Primo Maggio assieme a Ambra Angiolini. È stato giudice a X-Factor, subito dopo che si era resa vacante la poltrona di Asia Argento.
Sempre in tv, ogni settimana, ha parlato a ruota libera di web e social, ospite a Le parole di Massimo Gramellini. Da tre anni si aggira nei titoli di testa di alcuni film (Dittatura Last Minute, tra qualche giorno esce La California, un altro lo girerà tra poco) e firma libri assieme ai suoi compagni di band (L’orologio che ha fermato il tempo, sulla strage della stazione di Bologna). Come attore, ha lavorato con i bolognesi di Kepler-452 e si è raccontato in un monologo dal titolo lunghissimo. Vi basta?
No. Perché non ho ancora parlato dei 430k di follower – ma saranno presto mezzo milione – che il suo account @influguenzer totalizza su Instagram. Dove tra un selfie e un altro, distribuisce versi che migliaia di ventenni si tatueranno sulla pelle. “Eggià, siamo la band più tatuata di questo Paese” mi conferma. E la memoria va a uno di quei titoli pop che hanno fatto la storia di Lo stato Sociale: Mi sono rotto il cazzo.

Incontro Lodo Guenzi alla fine di una replica di Trappola per topi al Politeama Rossetti di Trieste. Lo spettacolo ha debuttato all’inizio di novembre a Carpi, provincia di Modena. Da là è partita la tournée che toccherà un bel po’ di teatroni importanti, storici, capienti, come questo a Nordest, e un sacco di altre sale di medie dimensioni.
Il vecchio copione della Christie, che dal 1952 si replica ininterrottamente (Covid a parte) in una teatro londinese, è stato rinfrescato dalla traduzione di Edoardo Erba e va in scena con la regia di Giorgio Gallione. In platea quasi tutto esaurito. Fifty fifty tra il pubblico maturo (venuto per Agatha Christie) e i ragazzi (venuti per Lodo Guenzi).

Una centrifuga di cose
“Qui al Rossetti ci sono stato una volta sola. Quando studiavo da attore all’accademia ‘Nico Pepe’ di Udine. A Trieste quella sera davano L’arlecchino servitore di due padroni. Così mi sono messo in macchina. Volevo partire proprio da là. Dalle basi”.
Voleva partire dalle basi, Lodo. In realtà, in pochi anni, la sua fortunata carriera si è sviluppata in altezza. Assodato che Lodo è abbreviazione per Lodovico (con la o), registrato 36 anni fa all’anagrafe di Bologna, è soprattutto nell’ultimo decennio che il giovane Guenzi, musicista prima che attore, ne ha infilate parecchie. Tutte quelle elencate prima, e chissà quante altre.”In tutto quello che faccio però resto sempre un dilettante“.
Ma non ci si stanca, Lodo, a fare così tante cose? A essere esposti 24/24?
“Ho dentro di me un ego ipertrofico, che si manifesta in una centrifuga di cose da fare. O forse ho solo un’ansia, alimentata sempre dall’orrore del vuoto. Sia come sia, l’ozio non fa per me. E al dormire preferisco di gran lunga il guardare basket in tv. Mi concilia”.
Come spiegare ai fan di Lo Stato Sociale la scelta di un tour nei teatroni, al posto dei palasport della tua band, quelli da decine di migliaia di spettatori?
“Ci sono cose che si innestano nella tua vita senza che te l’aspetti. Qualcosa che non hai mai fatto finora. Oppure un’emozione. O un titolo importante. Da pochissimi giorni ho debuttato con questo spettacolo e ha preso il via una tournée nei teatroni, che quando dici teatro ti viene in mente proprio quella cosa là. Me l’avevano proposto: mi sono detto ci provo. Perché mi piace proprio fare cose che non ho mai fatto. Per ora c’ho il carburante dell’entusiasmo. In seconda battuta capirò se c’era un motivo. In fondo, la mia strada è stata sempre quella dell’indipendenza”.

Prime sensazioni dopo il debutto?
“Qui sono un po’ il protagonista. Ma sono anche il più giovane della compagnia. Per questo ho studiato e ho fatto tutti i compiti per bene. Se la prendevo sottogamba, poteva venir fuori una gran brutta figura”.
Bisogna sempre essere all’altezza del ruolo.
“C’è sempre gioia nel sentirsi i più giovani in un locale. Ma nella vita, per continuare a sentirsi i più giovani, bisogna continuamente cambiare locale”.
A 36 anni si è già degli ometti.
“Quest’anno cade il decennale del primo album con Lo Stato Sociale, Turisti della democrazia. Quindi potremmo fare il nostro primo tour da anziani. Non sai che impressione vedere di fronte a te migliaia di ventenni che cantano a memoria i nostri pezzi di dieci anni prima. Ti chiedi: ma come li sanno?

Nel frattempo, Lodo…
Nel frattempo hai abbracciato il cinema.
“Nel cinema c’è una cosa che per me è contronatura: il risultato del tuo lavoro dipende da una quantità infinta di persone che non sei tu. Detto questo, ho avuto la tentazione di farlo, l’ho fatto, e credo di poter dire la mia. È chiaro che dopo dieci anni di totale indipendenza, lavorare in quell’ambiente, completamente monetizzato, fa un certo effetto”.
Stai rimpiangendo gli stadi e i palasport, la musica indie.
“Dieci anni fa, quando scendevo dal palco mi prendevano sotto braccio, mi dicevano vieni, ci ubriachiamo assieme. Adesso hanno il dubbio se darmi o non darmi del lei. È inquietante. Però è anche bello. Sentirli cantare le nostre canzoni mi dà la misura di aver lasciato, nel mio piccolo, un segno. Con ciò che facevo quando avevo poco più di vent’anni, e non sapevo nemmeno io quel che facevo”.

Quasi mezzo milione di follower su Instagram non sono già una bella misura?
“Penso che Internet impedisca di leggere la realtà per quello che è. Guardando solamente i social è difficile capire se una cosa funziona o no. Devi suonare dal vivo per capirlo, solo così ti accorgi di aver significato qualcosa per qualcuno”.
I versi delle vostre canzoni finiscono sulla pelle delle persone.
“Già, siamo il gruppo più tatuato. Nel senso che se le scrivono addosso, le nostre canzoni. Io, di tatuaggi non ne ho nemmeno uno. Ho paura di ciò che è imperituro. E restare sulla pelle delle persone mi pare un bel problema. Magari un giorno gli starò sulle palle. E a quel punto non vorrei proprio disturbare”.
[questa intervista è stata parzialmente pubblicata sul quotidiano di Trieste IL PICCOLO, il 9 novembre 2022]

– – – – – – – – – – –
TRAPPOLA PER TOPI
di Agatha Christie
traduzione e adattamento Edoardo Erba
con Lodo Guenzi
e Claudia Campagnola, Dario Merlini, Stefano Annoni, Tommaso Cardarelli, Andrea Nicolini, Maria Lauria, Lisa Lendaro
scene Luigi Ferrigno
costumi Francesca Marsella
musiche Paolo Silvestri
regia di Giorgio Gallione
produzione La Pirandelliana