Uffici stampa. Come destreggiarsi in quelle splendide cornici

Da un po’ di tempo, l’ultimo post dell’anno, io lo dedico agli uffici stampa. Lo so che è una espressione che non si usa più. Comunicazione e Promozione ai Media, Press Department, Media Relations, sono definizioni più aggiornate. Come aggiornati sono strumenti, tecniche e stili che i giovani capitani (e le giovani capitane) della comunicazione sanno mettere in atto.

Ciò non toglie che se scrivo ufficio stampa, capiscono tutti. 

Ufficio Stampa

La temperanza

Nell’ultimo post del 2019 raccontavo un po’ la storia e l’evoluzione di questa professione. Nel post che concludeva il 2021, mi auguravo che la mia casella di posta vedesse diminuire mail pesanti, comunicati prolissi, foto indesiderate, almeno della metà. Non è successo. Anzi, le giovani leve della comunicazione sembrano propense ad abbondare, piuttosto che coltivare la virtù della temperanza

La temperanza

No pistolotto

Inutile aggiungere, pure quest’anno, l’ennesimo pistolotto. Il dio della Comunicazione ha già pronta per loro la penitenza. E per prenderli in giro, o forse per tendere un tranello, già qualche anno fa ha stilato un decalogo che gliene dice quattro (sono cinque, anzi).

Eccolo qua:

Ufficio Stampa - decalogo, no pentagolo
(grazie a Riccardo per averlo scoperto nelle sue scorribande su web)

Nella splendida cornice degli uffici stampa

Lo sottopongo anche a voi, esperti ed esperte delle mailing list, maghi e maghesse del comunicato, partner indispensabili del mio lavoro di giornalista, facilitatrici e facilitatori in questo spettacolare mondo di spettacoli dal vivo.

Senza di voi, questo settore che ha un peccato originale nel mondo dei mercati, non riuscirebbe a cavarsela. Perché – come dice un’amica mia – non c’è ufficio senza stampa.

Pertanto, nella splendida cornice della notte di San Silvestro, quella che precede, la kermesse del Capodanno, auguro a tutte e a tutti, a piccoli e grandi uffici stampa, trecentosessanta giorni migliori di quelli passati.

Che non sarà poi tanto improbabile.

STORIE. Figli di un teatro minore: la vita e il mestiere di Luciano D’Antoni

Questo articolo ricostruisce la vita e il mestiere di Luciano D’Antoni, attore. Una vicenda che nella sua unicità racconta la trasformazione collettiva del teatro italiano nel secolo scorso. Dalla costante indigenza in cui vivevano le famiglie d’arte, alla stabilità che ha caratterizzato nel secondo dopoguerra lo sviluppo del teatro pubblico in questo Paese. Una vicenda minore, eppure esemplare.

Luciano D'Antoni
Luciano D’Antoni

Le stirpi del teatro

Se nasci in una famiglia d’arte, lo spettacolo è nel tuo dna. Non te lo puoi togliere di dosso. Luciano D’Antoni, attore, era nato da una stirpe di teatro. 

Stirpe di un teatro minore, la sua: povera, scavalcamontagne, un teatro che girava la provincia, rappresentando spettacoli ignoti ai frequentatori dei sontuosi edifici delle grandi città, delle sale illuminate che tra ‘800 e ‘900 erano il maggior divertimento della borghesia. 

Come i propri antenati – i Comici dell’Arte – le stirpi del teatro popolare italiano viaggiavano invece con i loro palcoscenici mobili, carri di Tespi, baracche. Si fermavano per una settimana o due in una piazza, magari bastava uno slargo. E poi via di nuovo. Offrivano un repertorio fatto di drammi strappalacrime, farse, vite di sante. I titoli cambiavano sera per sera. L’attrazione era la prima attrice, o il primo attore, impresario capocomico, padre padrone di tutto il suo bizzarro clan di artisti.

Più esattamente, una “famiglia d’arte”. Dalle più note, come i Rame (da cui discenderà ad esempio Franca), i D’Origlia-Palmi, i Carrara, giù giù fino a quelle meno conosciute e documentate. Luciano D’Antoni – che era nato nel 1934 – apparteneva alla stirpe dei D’Antoni.

Luciano D'Antoni

Froci e puttane

A quella vita nomade si era abituato subito, sballottato in lungo e in largo per una penisola dove una compagnia di teatranti poteva essere accolta anche con “ecco che arrivano froci e puttane”. Stereotipi e pregiudizi duri da sradicare, nonostante che Eleonora Duse e Alessandro Moissi avessero già vestito l’etichetta di divi.

In quella promiscuità che intrecciava famiglie e titoli di tragedia, i D’Antoni decisero di sciogliersi, e il giovane Luciano passò alla compagnia Nistri, con la quale venne apprezzato soprattutto per il fisico, il bel viso, un carattere che non manifestava pretese esagerate. Lo accompagnava una fama di dongiovanni. Anche per per questo fu costretto spesso a cambiare compagnia.

Una volta – era la fine degli anni ’50 – la baracca dei Moretti-Consonni, con i quali stava lavorando, si fermò nella piazza di Savona, accanto al più illustre Teatro Chiabrera. Fu là, in una matinée, che gli capitò di assistere a uno spettacolo delle sorelle Gramatica, Le medaglie della vecchia signora.

Per la prima volta D’Antoni riconobbe l’eccellenza artistica, quella che eleva il “mestiere” a “progetto d’arte”. Da allora cominciò a sognare un teatro diverso, anche se la povertà endemica delle compagnie capocomicali lo costringeva a proseguire per la sua strada nomade: camere in affitto, un pasto sì uno no, la provincia ligure, quella toscana, i piccoli centri dell’Emilia…

La compagnia Carrara-Anselmi a Cividale del Friuli
La compagnia Carrara-Anselmi a Cividale del Friuli

A Nordest

Scritturato dalla compagnia Carrara-Anselmi, arrivò pure da queste parti, nel Nordest d’Italia: Portogruaro, Cividale, Muggia… A Trieste si fermarono per quasi due anni. Perché la bora, che allora tirava forte, volle giocare loro un brutto scherzo. Una raffica più violenta scoperchiò la baracca e i Carrara-Anselmi rimasero senza un tetto.

Tutto si potrebbe dire del pubblico di questa città, ma non che non fosse generoso. Fu avviata una sottoscrizione pubblica per la riparazione, e per due inverni fu concesso alla compagnia di risiedere e lavorare in una piccola sala, presente all’interno di un grande edificio borghese, Palazzo Vivante, di fronte a Villa Sartorio.

Accadde così che l’attore venisse notato. Talent scout fu Sergio D’Osmo, che dirigeva il Teatro Stabile della città, fondato dieci anni prima, e sentiva la necessità di allagare l’organico in un momento di grande adesione di pubblico.

L’occasione che D’Antoni attendeva da anni prese corpo. Avrebbe potuto finalmente lasciarsi alle spalle la vita nomade dei guitti e far parte di una compagnia stabile. Piccole parti, scritture stagionali, all’inizio. Ma non sarebbe più stato necessario mettersi alla disperata ricerca di una piazza, di un pubblico qualsiasi. Non c’era più da temere la platea vuota, né il salto del pasto.

D'Antoni in L'Austria era un paese ordinato (di Carpinteri & Faraguna, regia Francesco Macedonio) 
D’Antoni in L’Austria era un paese ordinato (di Carpinteri & Faraguna, regia Francesco Macedonio) 

Uno stabile per Luciano D’Antoni

Nella carriera di questo attore si riassume la scomparsa di un teatro dai caratteri ancora ottocenteschi e la diffusione, negli anni ’50 e ’60, di un teatro come servizio pubblico, sul modello inaugurato vent’anni prima da Strehler e Grassi a Milano. 

Una conversione professionale, un paga abbastanza certa, una tutela sindacale, una “casa” d’arte. Assieme alla madre Jole Cavallari (attrice impegnata anche lei in qualche allestimento dello Stabile giuliano) D’Antoni si stabilisce a Trieste. Anche se la valigia è sempre pronta, perché di stabile, il teatro italiano conosce solo gli edifici. E le tournée sono una pratica quotidiana. 

Accanto agli attori più noti e ai più rispettati registi che lavoreranno per lo Stabile Fvg dagli anni Sessanta in poi, D’Antoni è in quasi tutte le locandine di quei decenni. Non è protagonista, e la sua indole non gli fa dire di no a tanti altri ruoli di cui una compagnia stabile ha bisogno, soprattutto in tournée: suggeritore, amministratore, tuttofare.

È ne I nobili ragusei che nell’ottobre 1969 restituiscono alla città il Politeama Rossetti. È nelle Maldobrìe (regia Francesco Macedonio) che segnano il maggior numero di abbonati di sempre. È in compagnia quando Le storie del bosco viennese (regia Franco Enriquez) debutta perfino al Burgtheater a Vienna. Accompagna i Piccoli di Podrecca nella tournée in Urss.

locandina Moissi regia Pressburger

Non solo. Presta la voce alla radio e all’operetta, Sandro Bolchi lo vuole in tv per Anna Karenina e finisce pure in un film, Porca vacca, con Renato Pozzetto. Una medaglia dell’Agis certifica i suoi 25 anni di meritoria attività nel settore dello spettacolo. In realtà, è una vita.

Epilogo

La trilogia pirandelliana di Giuseppe Patroni Griffi (nella stagione ’88-’89) chiude il suo lavoro di palcoscenico. I suoi colleghi di lavoro lo ricordano però a passeggio lungo viale XX settembre, proprio sotto al Politeama, seduto ai tavolini delle gelaterie. 

Fino a qualche mese fa, quando Luciano D’Antoni, a 88 anni, scompare. Testimone vivente di quella trasformazione, che dal “teatro all’antica italiana”, ha ridefinito nel nostro Paese l’immagine degli attori e delle attrici di prosa.

Luciano D'Antoni in L'idealista (di Fulvio Tomizza, regia di Francesco Macedonio)
D’Antoni in L’idealista (di Fulvio Tomizza, regia di Francesco Macedonio)

Una nota: i magnifici dodici

Con altri 11 colleghi, Luciano D’Antoni aveva fatto parte del gruppo di attori che tra il 1970 e il 1973 costituirono un caso unico nella storia del Teatro Stabile del Fvg e della scena italiana in generale. Assunti a tempo indeterminato (a differenza della tipica forma di “scrittura” stagionale) diventarono emblema di una moderna tutela del lavoro di palcoscenico.

Dopo due anni e mezzo, e tra non poche polemiche, la formula contrattuale venne contestata e sciolta. I “magnifici dodici” furono così restituiti alla tradizione italiana del precariato professionale. Da quell’esperienza nascerà e si svilupperà il Teatro popolare “La Contrada” di Francesco Macedonio, Ariella Reggio, Orazio Bobbio e Lidia Braico.

Una seconda nota: all’antica italiana

È vasta e ricca di notizie e aneddoti la storia delle famiglie d’arte del teatro italiano. A Sergio Tofano (attore, regista, scenografo, illustratore, e in questa veste inventore del Signor Bonaventura, personaggio del Corriere dei Piccoli) si deve uno dei volumi più consultati di ricostruzione delle pratiche del teatro capocomicale italiano (Il teatro all’antica italiana, Rizzoli editore, e ora in Adephi).

Sergio Tofano - Il teatro all'antica italiana, Rizzoli editore, ora Adephi

Inoltre, le notizie biografiche e le immagini su cui si basa questo articolo fanno parte dei numerosi capitoli dell’Archivio Teatranti, realizzato dallo studioso Mauro Ballerini e consultabile anche online .

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[questo articolo è stato pubblicato sabato 4 dicembre 2022 nel supplemento Il Piccolo Libri del quotidiano IL PICCOLO di Trieste]

Breaking news: Chi ha vinto i Premi Ubu 2022?

QuanteScene! ha seguito in diretta, dalla poltrona numero 18 fila E, della sala Leo De Berardinis all’Arena del Sole di Bologna, la proclamazione e la consegna dei Premi Ubu 2022. Questo il resoconto.

Padre Ubu alla consegna deI Premi a lui intitolati
Padre Ubu alla consegna deI Premi a lui intitolati

Come ogni anno, dal 1978 a oggi, i Premi Ubu rappresentano un appuntamento importante per il teatro italiano. Data la larga partecipazione di artisti e compagnie sono un’occasione di festa, tanto più se cade a dicembre. Ma gli Ubu sono anche il momento in cui fare il punto sullo stato e sulle trasformazioni della scena italiana.

Seguite il blog per tutti gli aggiornamenti in tempo reale.

Logo dei Premi Ubu 2022
Logo dei Premi Ubu 2022

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20. 29

Sul palco dell’Arena del Sole, Graziano Graziani ha già dato il via alla serata. Imminente è il collegamento con Radio3Suite, che seguirà in diretta radio la manifestazione. Accanto a lui ci sono Laura Palmieri e Valter Malosti, direttore di Ert Fondazione.

Ad accompagnare i conduttori nel corso della lunga serata, saranno anche gli interventi musicali di Ivan Talarico, quelli dell’attrice Matilde Vigna, e una incursione di Alessandro Bergonzoni, bolognese doc, nel suo tipico stile ubu_linguistico.

20. 32

Capello fluente, lingua scioltissima, Alessandro Bergonzoni lancia dal palco la sua intro ludicoverbale. Con qualche appello civile.

20.55

Prima tornata della consegna dei premi

Scenografia

Paola Villani (Carne blu)


Costumi

Gianluca Sbicca (M Il figlio del secolo)

Disegno luci

Nicolas Bovey (La signorina Giulia, I due gemelli veneziani)

Progetto sonoro/musiche originali

Muta Imago (Ashes)

Attrice/performer Under 35

Stefania Tansini

Attore/performer Under 35

Alessandro Bay Rossi ex aequo con Ludovico Fededegni

Nuovo testo italiano/scrittura drammaturgica 

Ottantanove (Elvira Frosini e Daniele Timpano) ex aequo con Dei figli (Mario Perrotta)

Nuovo testo straniero/scrittura drammaturgica

Con la carabina (Pauline Peyrade)

21.30

È Matilde Vigna a interpretare La Canzone del Decervellamento, fantasia patafisica di Alfred Jarry, tratta da Ubu Cornuto e rielaborata da Vinicio Capossela. Al pianoforte Ivan Talarico.

Spirale di Padre Ubu

Premi Speciali Ubu 2022

A Fabrizio Arcuri per la messa a punto di una progettualità espansa che da Area 06 passa da Short Theatre e Prospettiva, e alla co-direzione artistica al CSS di Udine 

Malagola di Ermanna Montanari ed Enrico Pitozzi, una scuola di vocalità dall’anima artistica e scientifica che fa confluire le ricerche internazionali in luogo fisico, un palazzo storico di pregio restituito alla città in sinergia con le istituzioni locali

Massimo Marino per il progetto di ricostruzione della storia e delle opere di Giuliano Scabia 

21.42

Seconda tornata della consegna dei premi

Premio alla Carriera

Umberto Orsini

Curatela/organizzazione

Maurizio Sguotti e Kronoteatro (Terreni Creativi Festival)

Regia

Licia Lanera (Con la carabina) 

Spettacolo straniero presentato in Italia

Catarina e a beleza de matar fascistas (regia di Tiago Rodrigues)

Attore/performer

Marco Cavalcoli (Ashes, Ottantanove)

Attrice/performer

Sonia Bergamasco (Chi ha paura di Virginia Woolf?)

22.10

Brani di Virginia Wolf (da Le tre ghinee) e Thomas Bernhard (da I miei premi) diventano manifesti del non-premio o non-manifesto dei premi, nelle letture di Sonia Bergamasco e Marco Cavalcoli.

20.20

Terza tornata della consegna dei premi. Siamo arrivati ai premi più attesi.


Spettacolo di danza

Inferno (regia, coreografia di Roberto Castello – Aldes)

Spettacolo di teatro

L’Angelo della Storia di Sotterraneo (ideazione e regia di Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Daniele Villa)

22.27

Sulle note di Lucio Dalla, in Il teatro del Tremila, Ivan Talarico rielabora tutte le parole che i vincitori hanno portato sul palco, a commento del premio ricevuto

22.30

Si conclude così la cerimonia, con i saluti e i ringraziamenti di Graziano Graziani e Laura Palmieri a tutti coloro che hanno supportato la serata, in particolare allo staff tecnico dell’Arena del Sole. L’appuntamento è alla 45esima edizione, nel 2023.


Tutti i finalisti

Per completezza, riporto qui sotto tutti i finalisti, nominati nel ballottaggio dello scorso novembre

Spettacolo di teatro

L’Angelo della Storia creazione di Sotterraneo (ideazione e regia di Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Daniele Villa)

Bros di Romeo Castellucci

Chi ha paura di Virginia Woolf? di Edward Albee (regia di Antonio Latella)

Spettacolo di danza

Inferno regia, coreografia di Roberto Castello

Manifesto Cannibale concept e regia di Francesca Pennini

OtellO progetto e realizzazioneKinkaleri – Massimo Conti, Marco Mazzoni, Gina Monaco

Paradiso coreografie di Marco Valerio Amico, Rhuena Bracci

Curatela / Organizzazione

Maurizio Sguotti e Kronoteatro (Terreni Creativi Festival)

Regia

Licia Lanera per Con la carabina

Antonio Latella per Chi ha paura di Virginia Woolf?

Leonardo Lidi per La signorina Giulia

Massimo Popolizio per M. Il figlio del secolo

Attrice / Performer

Sonia Bergamasco (Chi ha paura di Virginia Woolf?)

Monica Demuru (Giorni)

Valentina Picello (Edificio 3)

Attore / Performer

Marco Cavalcoli (Ashes, Ottantanove)

Vinicio Marchioni (Chi ha paura di Virginia Woolf?)

Tommaso Ragno (M. Il figlio del secolo)

Attrice / Performer under 35

Dalila Cozzolino

Stefania Tansini

Giuliana Vigogna

Attore / Performer under 35

Alessandro Bay Rossi

Ludovico Fededegni

Scenografia

Radu Boruzescu (Edipo re)

Alfredo Pirri (Paradiso)

Paola Villani (Carne blu)

Costumi

Gianluca Falaschi (Agamennone)

Gianluca Sbicca (M. Il figlio del secolo)

Disegno luci

Nicolas Bovey (La signorina Giulia, I due gemelli veneziani)

Simona Gallo (Tutto Brucia)

Giulia Pastore (La notte è il mio giorno preferito)

Progetto sonoro / Musiche originali

Gianluca Misiti (Venere e Adone, L’armata Brancaleone)

F. Morello R.Y.F. (Tutto Brucia)

Muta Imago (Ashes)

Franco Visioli (Chi ha paura di Virginia Woolf?)

Nuovo testo italiano / Scrittura drammaturgica

L’Angelo della Storia di Daniele Villa/Sotterraneo

Dei figli di Mario Perrotta

Ottantanove di Elvira Frosini e Daniele Timpano

Una riga nera al piano di sopra di Matilde Vigna

Nuovo testo straniero / Scrittura drammaturgica

Brevi interviste con uomini schifosi di Daniel Veronese da David Foster Wallace

Con la carabina di Pauline Peyrade

Edificio 3 di Claudio Tolcachir

Spettacolo straniero presentato in Italia

Catarina e a beleza de matar fascistas di Tiago Rodrigues (regia di Tiago Rodrigues

Liebestod | El olor a sangre no se me quita de los ojos Juan Belmonte di Angélica Liddell (regia di Angélica Liddell

Love (regia di Alexander Zeldin

Premi Speciali e Premio alla carriera

Viste le caratteristiche di questi premi, non era stata ufficializzata alcuna nomination. I vincitori sono stati direttamente annunciati nel corso della serata finale.

Premi Speciale Franco Quadri

Jean-Paul Manganaro

Kronoteatro in residenza. Liberi, come i ciottoli

In questi giorni seguo una attività di Residenza creativa che impegna, a Trieste, due compagnie: Kronoteatro e Maniaci d’Amore. Insieme stanno dando vita alla prima tappa di un progetto che si svilupperà nei prossimi tre anni. Il titolo è La libertà dei ciottoli. La prima uscita pubblica è prevista domani pomeriggio, 11 dicembre, nel quadrilatero del complesso edilizio popolare di Rozzol Melara, nel programma delle Residenze artistiche Vettori, del Teatro La Contrada di Trieste.

Rozzol Melara - Trieste - ph Alex Nesti - - Kronoteatro
Rozzol Melara – Trieste – ph Alex Nesti

Come ciottoli

Ciottoli sono i sassi che l’azione costante dell’acqua del mare, di fiumi e di torrenti leviga e arrotonda. Siamo ciottoli anche noi? Ciottoli umani? 

Consapevoli di essere individui sociali ci accorgiamo facilmente di essere costantemente modellati dal sistema di relazioni in cui ci troviamo a vivere. Ma al tempo stesso disponiamo anche di numerose possibilità di scelta personale.

Qual è la forza delle une e delle altre? Quanto gioca, in questo braccio di ferro, la forma-famiglia: il nucleo sociale più coeso nella gran parte delle società umane?

Da queste domande ha avuto inizio il nuovo progetto di Kronoteatro.
La libertà dei ciottoli è il titolo scelto dalla compagnia ligure, che prevede di impegnarsi, per i prossimi tre anni, nella creazione di tre nuove produzioni teatrali. 

Rozzol Melara - Trieste - ph Alex Nesti - Kronoteatro
ph Alex Nesti

Partner della ricerca saranno rispettivamente l’ensemble di creazione drammaturgica Maniaci d’Amore (formata da Luciana Maniaci e Francesco D’Amore), la coreografa Francesca Foscarini, l’attrice e autrice Francesca Sarteanesi. Collaborazioni strette, ben sperimentate negli scorsi anni.

Assieme a Maniaci d’Amore, Kronoteatro a portato in scena nella precedente stagione La fabbrica degli stronzi, mentre Foscarini e Sarteanesi sono state ospiti della manifestazione che Tommaso Bianco e Alex Nesti e Maurizio Sguotti hanno inventato nel territorio che li ha visti crescere artisticamente, la città di Albenga, in provincia di Savona. Terreni creativi è il loro festival estivo e ha raggiunto, sopratutto negli anni appena passati, ampia visibilità e riconoscimenti.

Edilizia sociale

Siamo a noi a fare la corrente, ma nel frattempo la corrente ci modella. Trovo che in questa frase si riassuma bene la direzione che orienta il progetto triennale di Kronoteatro. E trovo che il luogo scelto per la prima uscita pubblica del progetto, abbia altrettanto valore.

Il complesso edilizio di Rozzol Melara, a metà strada tra il centro di Trieste, città affacciata sul mare, e l’altipiano carsico, suo naturale retroterra, ha un forte valore simbolico. 

Rozzol Melara - Trieste - ph Alex Nesti
ph Alex Nesti

È il risultato di un pensiero urbanistico che ha attraversato l’Italia negli anni Sessanta e Settanta, ispirato anche da Le Corbusier, e ha promosso l’edificazione di impressionati cattedrali laiche. Compressione sociale e ecumenismo edilizio

Questa di Rozzol Melara di Trieste, ma anche le Vele di Scampia, lo Zen di Palermo, il Corviale a Roma, il “biscione” di Genova e altre meno note. Paradigmi di residenza popolare e ultrapopolare, che hanno inciso, oltre che il tempo dell’architettura, anche la vita delle persone, decine di migliaia, che le hanno abitate e continuano ad abitarle.

Edilizia di massa pensata per moduli innovativi durante gli anni della grande mobilità Sud-Nord, ma già indirizzata, vista l’insana densità abitativa, a un destino di ghetto sociale, al progressivo degrado strutturale, a volte anche alla demolizione.

Rozzol Melara - Trieste - ph Alex Nesti- Kronoteatro
ph Alex Nesti

Béton Brut. Cemento a vista

È dentro Rozzol Melara, eretta nel tipico stile brutalista di quei decenni, tra l’affaccio dei suoi 650 appartamenti, dai sette ai quindici piani, lungo le lunghe piste di collegamento tra le ali, negli slarghi decorati dalle sequenze dei colorati graffiti dei writer, che Kronoteatro e Maniaci d’Amore provano, domani pomeriggio, a collocare la loro riflessione teatrale.

Rozzol Melara - Trieste - ph. Alex Nesti - - Kronoteatro
Rozzol Melara – Trieste – ph. Alex Nesti

Linguaggio quanto mai lontano, e forse per questo sorprendentemente vicino, a quanti in vivono in quel quadrilatero. A volte definito Alcatraz, a volte astronave. Solo quattro chilometri la separano dal centro di Trieste, ma la distanza in termini di conoscenza e frequentazione reciproca è molto più ampia. Stellare.

Con questa Residenza, il progetto Vettori del Teatro stabile di Trieste La Contrada, prosegue un percorso, avviato già nel il precedente progetto Ufo, che nel segno dell’esplorazione del rapporto tra nuovi linguaggi teatrali e urbanistica, ha conosciuto momenti di grande interesse.

Negli anni scorsi, le restituzioni pubbliche di Ufo e di Vettori hanno trovato spazio nel grande Gasometro dismesso, sulla facciata razionalista e nelle retrovie della Nuova Università, nel comprensorio dell’ex Ospedale psichiatrico di San Giovanni, negli edifici della Scuola Internazionale di Studi Avanzati e nel parco di Miramare.

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LA LIBERTÀ DEI CIOTTOLI
prima restituzione pubblica
Kronoteatro (Tommaso Bianco, Alex Nesti, Maurizio Sguotti) + Maniaci d’Amore (Luciana Maniaci e Francesco D’Amore)
Residenze Artistiche Vettori – La Contrada
Snodo del quadrilatero di Rozzol Melara, 11 dicembre 2022, ore 18.00