È scomparso oggi, a novant’anni compiuti da poco, Maurizio Scaparro. L’ultimo, probabilmente, di una generazione di artisti che nella seconda metà del ‘900, ha segnato i decenni dorati della regia in Italia.

L’immagine che mi rimane è quella di lui, in posa, sorridente, sul pontile di Ca’ Giustinian, quello che si affaccia sul Canal Grande. Alle sue spalle la Punta della Dogana.
Quell’estremità veneziana era l’ormeggio del suo sogno più grande, il più esagerato: il Teatro del Mondo. Un teatro galleggiante che avrebbe solcato le acque della laguna. Un progetto fantastico che negli anni ’80, a Venezia, Scaparro trasformò in realtà. Grazie alla fantasia di un grande dell’architettura, suo contemporaneo, Aldo Rossi.
“Io ho bei ricordi – aveva detto Scaparro lo scorso settembre, nel compiere 90 anni – credo di aver fatto molto, di aver costruito progetti dove la cultura è andata incontro al pubblico, è diventata qualcosa di organico alla partecipazione della gente. Sa la cosa di cui vado più orgoglioso? Dei miei Carnevali”.

Pensare in grande
Difficile separare il Carnevale di Venezia, sontuosamente rinato nel 1980, dall’immaginario di Scaparro.
Se adesso, in questa settimana, in calli e campielli si addensa una folla infinita di tipi mascherati e di turisti curiosi, buona parte del merito è suo. Che all’inizio degli anni Ottanta inventò il Carnevale così come lo si vive oggi, e ne fece l’epicentro della sua idea di teatro. Pensava in grande, sempre, Maurizio Scaparro.
In grande, quando a Parigi diede vita al Théâtre des Italiens, e conquistò al teatro Claudia Cardinale. In grande, quando a villa Adriana a Tivoli volle mettere in scena Memorie di Adriano dei Marguerite Yourcenar, e vestì Giorgio Albertazzi con una tunichetta bianca.
In grande, quando nel 1992 diresse il settore teatrale dell’Expo di Siviglia, e quando per il centenario dell’Unità d’Italia, una decina di anni fa, congegnò un progetto teatrale che metteva assieme Eleonora Duse e Carlo Emilio Gadda, l’Accademia della Crusca e Pellegrino Artusi, i garibaldini e Pasolini.
Le tante tracce lasciate da Scaparro nel teatro europeo, le potete certo leggere oggi, sui giornali e in decine e decine di siti. Non starò qui a ripetere. Il segno più forte, per me, resta quello di un’utopia che si realizza. Il Teatro del Mondo, il mondo del teatro.

Scaparro sorridente in posa
Era un uomo colto, educato, sorridente, Maurizio Scaparro. Mai visto in lui un gesto di insofferenza, o uno scatto di rabbia, com’è invece nella tradizione dei registi italiani. Strehler insegna.
Del lungo lavoro che avevo fatto con lui a Venezia, alla Biennale, oltre ai libri, ai cataloghi, ai programmi di sala, ai tanti apertivi nella hall del suo albergo, ricordo soprattutto i sorrisi che dispensava nelle fotografie, o a favore di cinepresa, assicurandosi sempre che alle sue spalle ci fosse uno scorcio del Canal grande, una cupola della Salute, il profilo dell’isola di San Giorgio, il bacino di San Marco.

Era nato, ed è scomparso a Roma, Scaparro. Ma è Venezia la città dove ha lasciato il suo più forte segno. “Sono trascorsi più di quarant’anni dal mio primo Carnevale – aveva finito col dire – ma ancora oggi ho ben nitide davanti a me le tante immagini che costituiscono la memoria di qualcosa di unico, se non di irripetibile. I pulcinella che, con le loro maschere, invadevano una Venezia incantata nel 1982, o l’elefante che, nel Carnevale del 1981, percorreva le calli come se fosse un passante abituale. Sono alcuni dei momenti più forti che riecheggiano nella memoria collettiva di chi partecipò a quelle giornate di cultura”.

Appunto per questo, prima che ci lasciasse, in occasione del suo 90esimo compleanno, lo scorso anno, La Biennale gli aveva dedicato a palazzo Giustinian una mostra: ‘Il Carnevale squarcia la nebbia. Venezia, Scaparro, La Biennale 1980, 1981, 1982, 2006 dall’Archivio della Biennale di Venezia”. Mostra realizzata anche grazie a fotografie conservate alle Fondazione Giorgio Cini, cui il regista aveva affidato nel 2017, tutto il suo archivio.
Mostra che adesso, di nuovo in tempo di Carnevale, sarebbe bello poter rivedere.

Il Carnevale è il modo migliore per onorare un grande personaggio di teatro. Le maschere di carnevale fanno vivere in altri panni, in altri personaggi. Ne esce l’aspetto tragico e quello comico. Si evocano situazioni storiche e si può fare un salto in avanti. Si prende la distanza da se stessi e si fa emergere la parte nascosta dell’anima, Venezia la evoca
Tutti pazzi per Venezia.