Qui è il paradiso. Là fuori può esserci l’inferno. L’inferno arido del surriscaldamento del clima. Quello della siccità, dei boschi morti, delle praterie ingiallite. Più lontano, forse, gli incendi.

Ma qui, proprio qui, chissà per quale miracolo, la falda è ancora viva e i bambù resistono. È un’oasi, un canneto d’ombra, uno stagno di refrigerio in mezzo al caldo che avvampa, asciuga la pelle, brucia gli occhi.
Passato. Presente. Futuro prossimo
Le vacanze è il testo che Alessandro Berti (Premio Riccione 2021 per l’innovazione drammaturgica) ha scritto qualche anno fa, giusto nel tempo dell’epidemia. Lo ha anche portato in scena, da regista, a Bologna pochi giorni fa (per Emilia Romagna Teatro Fondazione, Arena del Sole, sala Thierry Salmon).
Simulazione di futuro prossimo. Anche no: di presente probabile, molto probabile. Forse non qui nell’Occidente ricco, agguerrito e ancora (per poco) temperato. Ma certo in un altrove dove gli agglomerati urbani sono più fragili, le economie più deboli, il degrado ambientale più devastante.
Adattamento
Il testo ci racconta che fiumi e torrenti sono scomparsi. Figurarsi i ghiacciai. Le terre sono sterili. L’acqua vale più dell’oro. Una doccia, un tuffo in una pozza sono il lusso di pochi.
Ma non è uno scenario catastrofico. Da sempre la specie umana si arrangia. Passata l’emergenza, lasciato alle spalle il tempo dei Grandi Incendi, lo stile di vita che è cambiato. In fondo, l’intelligenza umana è adattamento, assuefazione.

Le vacanze di Tom e Lao
Tom e Lao, sono due adolescenti. Nemmeno ventenni, studenti. Hanno superato l’Esame e si concedono il lusso di una piccola vacanza. Proprio qui, nel canneto verde, al fresco di quei bambù, nella pozza d’acqua fangosa dove si può ancora fare il bagno. Occhiali da sole, costume da spiaggia, asciugamano, crema protettiva. Niente sembra cambiato. È cambiato tutto.
Immersi fino al torace, Lao e Tom discorrono. Giocano a immaginare luoghi freschi, o freddi, magari gelidi. Percezione e immaginazione, a volte, coincidono. E parlano. Del passato soprattutto, dei loro genitori, dei luoghi che hanno visto, e che non ci sono più. Ma anche del futuro, incerto, tra ingegneria genetica e umanesimo. Tra ottimismo della ragione e malinconia del cuore.

Un fermo temporale
Le vacanze non racconta una vicenda, ma una situazione, un fermo temporale in cui si può leggere ciò che è, e anche ciò che è stato. Divorata da se stessa, dalla propria smania di conquista antropica, la specie umana si prosciugata, decimata. Ma si è fatta anche più scaltra. Ha inventato l’editing del dna, sterminato i mali e gli insetti, ingegnerizzato il cibo.
Eppure Gea, madre natura, è rimasta la più forte. Ha costretto l’homo sapiens a questa pace di sopravvivenza, alla sua enclave minoritaria, a una vita ridotta. A fronte, almeno, di quella che viviamo noi, oggi,. Ancora per poco.
Un danzatore per Tom
Non c’è dolore, comunque. Così come non c’era dolore in Giorni felici di Beckett, di cui Le vacanze è l’eredità dispersa, giusto sessant’anni dopo. Un tempo enorme. Nel tempo dei Grandi Incendi milioni di uomini sono scomparsi, i genitori di Tom e Leo sono scomparsi, abitudini millenarie sono scomparse. Altre sono drasticamente mutate. O ce ne sono diverse.
Con un app, per esempio, si può “affittare” un artista. Ed è ciò che fa Lao, come sorpresa, improvvisando un regalo a Tom. Se esistono i menù digitali per il cibo, perché mai non dovrebbero esistere per l’arte. Tra le opzioni, Lao ha scelto danza.

Il vecchio stile
E come se spuntasse dal nulla il danzatore appare, una visione tra le canne. Androgino, misterioso sciamano. Per quelli che hanno vissuto “il vecchio stile” (lo chiamava così, Samuel Beckett) una specie di attore santo, Ryszard Cieślak in Il principe costante di Grotowski, o Kazuo Ohno.
Davanti ai bambù appena appena mossi dal vento, il danzatore danza. Gesti lenti, rarefatti, orientali (ma cosa mai distingue più Occidente da Oriente?). Tom e Lao non ne sembrano soddisfatti. Sono confusi, agitati. Si domandano che posto occupi l’arte, in questo loro mondo .
La complessità del presente
Adolescenti alle prime armi con la vita, Lao e Tom sono interpretati da Francesco Bianchini e Sebastiano Bronzato. La scelta del regista Berti è caduta proprio su loro due, per la leggerezza consapevole, la supponenza ingenua che ci mettono dentro.
Con i loro occhi, Berti è bravo a leggere le complessità del presente. (Ma questo lo sapevamo già, almeno fin da quando aveva letto il successo agro-alimentare emiliano in Terra di Burro). Berti è bravo a ricordarci l’immensità del problema, senza però impartire prediche, senza dare esca ad allarmi o minacce. Senza danneggiare opere d’arte e monumenti, tanto per dire.
Gesti d’arte
Preservandoli anzi. Come quei gesti antichissimi, rituali, sacri, a cui il danzatore-sciamano ritorna, quando di nuovo ricompare (è Guido Corso, a cui idealmente questo lavoro è dedicato, così come è dedicato a Bernardo, il figlio di Berti). Movimenti d’arte. Gesti dello spirito.

Ma intanto si è alzato di nuovo il vento, il canneto si arrossa, il calore sale, Lao e Tom si addormentano esausti. I primi bagliori. L’incendio è già lì, dietro le piante. A pochi passi.
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P.S. Oltre che letto (è pubblicato nella collana I Gabbiani – letteratura teatrale per giovani lettori di Edizioni Primavera, 10 euro) Le vacanze andrebbe visto, non fosse altro che per la scenografia. Un bambuseto autentico. Con il loro odore, il loro colore, il loro velo di foglie a terra, le canne costruiscono e definiscono un paesaggio artificiale e al tempo stesso organico. Futuro prossimo. Futuro presente anzi.

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LE VACANZE
di Alessandro Berti
con Francesco Bianchini e Sebastiano Bronzato
danza Giovanni Campo
regia Alessandro Berti
disegno luci Théo Longuemare
assistente alla creazione e organizzazione Gaia Raffiotta
bambuseto Elle Natura Società Agricola
produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
in collaborazione con Casavuota
Racconto vibrante di una vicenda entusiasmante. Si entra nella storia e nei personaggi, si vivono le emozioni e le aspettative. Si vuol conoscere ancora
il futuro è un’ipotesi. nemmeno l’autore potrebbe dire quel che accadrà.