Almeno una cosa, io e Enrico Intra, milanese, maestro internazionale del jazz, condividiamo assieme. Un autore, e certi libri che stanno sempre sui nostri comodini, a portata di braccio.
Tanto lui tanto io ammiriamo Gillo Dorfles. Non solo per il traguardo di quei 107 anni di una vita vissuta bene, ma soprattutto per il talento che Dorfles, maestro formidabile di pensiero, aveva nel guardare avanti, sempre, nell’accrescere la propria curiosità per il nuovo, sempre, nell’evitare ogni rimpianto per “il bel tempo andato”.
Enrico Intra – by courtesy Fondazione Milano – Civica scuola di musica
È lo stesso talento di Enrico Intra che, a dispetto dei suoi 88 anni, da compiere il prossimo 3 luglio, condivide con il magico intellettuale triestino e milanese, la voglia di non mettersi mai in pantofole. Tanto meno di impantofolare il cervello.
L’intervallo perduto, il saggio sulla musica e non solo, che Dorfles aveva scritto nel 1980 – mi dice – è il suo “livre de chevet“. Poi, elegantemente traduce libro da capezzale, quello che tiene sul comodino. Dice che lo legge e lo rilegge spesso. E non è mai lo stesso libro.
Ci vuole il jazz per non mettere pantofole al cervello
Ieri sera, a Trieste, al Teatro Miela, Intra si è seduto al pianoforte e a forza di musica e improvvisazioni ha cominciato a battagliare con un giovane quartetto d’archi, bravi intraprendenti strumentisti appena usciti dal Conservatorio.
“Trapezista di un circo sonoro” è la definizione che Intra dà dell’autore delle Gymnopédies. Lo ha dimostrato con la suite intitolata Ossimoro per Satie. La serata si era placidamente avviata con la Gymnopédie n.1 trascritta per archi (lent et doloreux) e eseguita dal Quartetto Rêverie (Uendi Reka, violino; Florjan Suppani, violino; Lucy Passante Spaccapietra, viola; Alice Romano, violoncello).
Ma è stata subito travolta dagli spunti jazzistici con cui, da dietro la coda del maestoso e lucido Steinway and Sons, Intra ha pungolato i giovani musicisti, educati al pentagramma, disposti però a seguirlo anche nelle improvvisazioni più ardite.
Ossimoro per Satie al Teatro Miela – ph Paola Sain
Parliamo un po’ musica, gli chiedo. O meglio sarebbe dire musiche.
“Non trovo una gran differenza tra la musica che faccio io e gli altri generi. Esiste un grande universo del suono, che è la musica, e contiene tanti diversi modi di fare musica” – spiega lui, pianista, compositore arrangiatore, direttore d’orchestra, docente e maestro di generazioni di musicisti .
“Il jazz – prosegue – è semplicemente un modo di pronunciarla. È una lingua che raccoglie i generi, li elabora, li trasforma. Poi li sputa fuori, restituendo forti emozioni, a chi esegue e a chi ascolta”.
Con una felice espressione – “nulla è lontano” – Intra cancella le distanze tra mondi: quello di Satie, appena eseguito, e quello dei più grandi strumentisti jazz gli sono stati amici e colleghi, come il sassofonista Gerry Mulligan.
“I pensieri degli altri mi arricchiscono. È certo vero che, nella propria vita, uno può decidere di leggere un solo libro, di vedere un solo quadro. Ma gli scrittori sono infiniti e i pittori pure. Io ho sempre cercato di conoscere il più possibile. Mi affascinava sentire ciò che diceva Luigi Pestalozza, ineguagliabile storico della musica: quando parlava, ogni volta era un fiume. Mi arricchivano gli incontri con Strehler e Grassi, a Milano, quando collaboravo con il Piccolo Teatro. Ma ascolto volentieri anche ciò che la gente dice mentre viaggia sui mezzi pubblici, al supermercato, nei bar… La loro musica è dappertutto”.
Intra dappertutto, tra jazz e pop
Lei non si è risparmiato nulla. Dal jazz alla musica nazional-popolare: direzioni d’orchestra a Sanremo, pezzi per una giovane Giuni Russo e poi Zanicchi, Malgioglio. Perfino i Caroselli, come il suo indimenticabile compagno d’avventura, il chitarrista Franco Cerri, “l’uomo in ammollo”.
“E perché no? Era una forma di comunicazione molto popolare, ci mettevamo la faccia, eravamo ‘quelli del jazz’. Così la nostra musica passava attraverso i media, quel suono si diffondeva”.
Jazz e improvvisazione sono parole pronunciate a volte con diffidenza.
“Il jazz è stato comunicato male. Musica americana, si è scritto spesso. In realtà è il frutto di ciò che gli europei, gli ebrei, gli africani hanno portato in quel continente. Da un punto di vista geografico è statunitense, di fatto è invece la fusione di tante diverse culture. Quanto a improvvisazione, è chiaro che, detta così, comporta sfumature negative. Un medico improvvisato, un giornalista improvvisato… persino un musicista improvvisato. Preferisco dire che sono un musicista estemporaneo. Quest’altra parola mette in evidenza la capacità di inventare all’istante, di cogliere l’atmosfera, le sensazioni intorno. Il pubblico si trova davanti a un artista che crea, in quell’esatto momento”.
L’improvvisazione è di casa al teatro Miela, palcoscenico famigliare per Paolo Rossi.
“Esatto. Paolo, che io definisco appunto ‘jazzista della parola’. Ci ho lavorato e ho riconosciuto in lui lo stile del mio amico Walter Chiari: arrivava sempre all’ultimo istante, magari in ritardo, ma approfittava dell’ambiente, sentiva il profumo, registrava i suoni della gente, li trasformava al volo in parole e storie, con grande simpatia anche, e comicità”.
Quegli anni all’Intra’s Derby Club
Stiamo parlando di quei formidabili anni ’60, vero?
“A Milano avevo dato vita all’Intra’s Derby Club, 1962. Da noi, in Italia, il cabaret non esisteva ancora e al Derby sono passati attori e musicisti, e molti attori-musicisti. Franco Nebbia, per esempio, suonava benissimo il pianoforte. Davvero, grandi jazzisti della parola. Quello era il momento: possedevano una plasticità che ora manca, perché gli attori si impegnano su altri fronti. Ma ritornerà, perché il jazz si arricchisce sempre di ciò che gli sta intorno: musica contemporanea è l’unica definizione giusta. Ritornerà il momento”.
Enrico Intra e Fiorenza – anni ’70
Ne è proprio sicuro?
“Tutto ritorna. Pensi che sono ritornati persino quegli imbecilli che fanno la guerra. Me lo ripeto ogni mattina: ci vuole il jazz per non mettere le pantofole al cervello”.
Eggià. Chiudiamo tornando a Dorfles? A quei libri sul comodino.
“Ogni volta che li riapro ci trovo qualcosa di nuovo. Anni fa avevo composto un pezzo e lo avevo intitolato proprio Dorfles. Adesso però, dopo questo passaggio a Trieste, credo proprio di voler scrivere un pezzo espressamente dedicato a lui. Lo si potrebbe far nascere proprio qui, su questo palcoscenico, il prossimo anno”.
Forse davvero è il più young d’Europa. Del resto, giovane mi sento anch’io. Nonostante i numeri.
In realtà Mittelyoung, cioè l’anticipo generazionale del più maturo Mittelfest (quest’anno alla 32esima edizione, a Cividale del Friuli), i numeri li tratta bene. E anche le lingue. Terza edizione, 169 candidature da 22 Paesi europei diversi, 9 spettacoli selezionati da un panel internazionale di 41 osservatori. Doverosamente under 30.
Numeri e lingue
La macchina organizzativa e artistica si è avviata questo inverno. Una chiamata rivolta a tutta l’Europa ha mobilitato 169 concorrenti. Tra questi, una giuria internazionale formata da una quarantina di giovani specialisti, i curatores, ha selezionato 9 spettacoli. Sono allestimenti di teatro, di danza, di musica e di circo, individuati seguendo anche il tema che si è dato quest’anno Mittelfest: Inevitabile.
Adesso, a partire da giovedì 18 maggio in Slovenia a Nova Gorica (prossima capitale europea della Cultura nel 2025, assieme a Gorizia) e poi venerdì 19, sabato 20 e domenica 21 maggio in Italia a Cividale del Friuli, Mittelyoung condividerà per il terzo anno consecutivo le sue scoperte.
Nove, i selezionati
Scoperte che potete conoscere in anticipo scorrendo il programma della manifestazione (lo si può sfogliare qui, compresi i teaser e un sacco di altre notizie.)
Per fare un esempio: Quieto parado dell’italiano Pietro Barilli (nel filmato qui sotto), è il primo degli appuntamenti, previsto appunto venerdì 18 (durata 35 minuti) al SNG di Nova Gorica .
Dopo ogni spettacolo, gli artisti incontreranno il pubblico. A Cividale, il punto di incontro per queste vivaci chiacchierate multilingue sarà il cortile del bar Da Giordano.
Tra i nove spettacoli del cartellone Mittelyoung e dopo le necessarie riflessioni, i curatores ne sceglieranno tre, che saranno poi presenti del cartellone principale di Mittelfest (previsto tra il 22 e il 30 luglio 2023).
Una mappa della next generation
La cosa che mi fa piacere è che anche quest’anno si rinnova la partnership tra Mittelfest e Rete Critica. Il gruppo che riunisce testate, siti, portali e blog di cultura teatrale online, già lo scorso anno aveva lanciato la sua proposta. Condividere con il “festival più under 30 di Europa” una delle proprie missioni: l’esplorazione e la mappatura del territorio teatrale italiano.
Con il compito di portare alla luce quegli artisti, quelle compagnie, quegli eventi che per diverse ragioni (collocazione geografica, fondazione recente, acerbità organizzativa, ridotto budget di comunicazione, ecc..) non hanno ancora una visibilità sufficiente. Però meritano di essere conosciuti.
Carla Vukmirovic è tra le nove proposte di Mittelyoung con Piango in lingua originale
Così anche nel 2023, durante Mittelyoung, alcuni membri di Rete Critica si faranno garanti di questi artisti, poco visibili ancora, e con l’aiuto di documenti video preparati per l’occasione, li porteranno all’attenzione di giornalisti e operatori interessanti alla next generation.
Intitolato Panorami teatrali, l’incontro si svolgerà tra le 13.00 e le 17.00 di sabato 20 maggio (per aderire, scrivere a questo link).
Lavish Trio è tra le nove proposte di Mittelyoung con What if…
Dodici, da scoprire
Dodici sono le esperienze che verranno presentate in Panorami teatrali. Per ognuna, qui sotto è possibile seguire il link che vi porta alla loro pagina.
Ricco sì, ma ricco così, non me lo sarei aspettato. A volte è facile dare i numeri, ma in questo caso, il caso di Romaeuropa 2023, sono numeri proprio buoni. 13 spazi, 90 titoli, 300 repliche, più di 500 artisti, 62.000 posti in vendita.
Inoltre, se leggete più sotto, nientemeno che 3.200 parole per raccontare da cima fondo tutto Romaeuropa Festival, REF 2023, giunto all’edizione numero 38, in programma tra il 6 settembre e 19 novembre prossimi.
Ve le trascrivo qui tutte 3.200 (3.209, per l’esattezza, 21.605 battute) le parole che riassumono il cartellone. Qualcosa che vi piace, che vi incuriosisce, che agita da tempo le vostre notti, che vi farà prendere un treno, oppure l’auto per Roma, se non ci abitate già, qualcosa di magnetico, sicuramente lo trovate.
… è una fotografia della geografia delle arti, un invito alla scoperta della pluralità delle prospettive offerta dalle sensibilità degli artisti e dal loro racconto di quel “mondo fluttuante” che è il presente». Così ha esorditoFabio Grifasi, direttore generale e artistico di Romaeuropa.
Non a caso “immagini del mondo fluttuante” sono quelle portate in scena, il 6 e il 7 settembreen plein air nella Cavea dell’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone” per l’inaugurazione di Romaeuropa 2023, da Ukiyo-e, prima coreografia firmata da Sidi Larbi Cherkaoui per il Ballet du Grand Théâtre de Genève di cui è attualmente direttore. Ispirandosi al senso di impermanenza incarnato nell’omonimo movimento culturale giapponese sviluppatosi nel periodo Edo, il coreografo (primo tra i nomi del percorso dedicato alle Fiandre), interseca composizioni contemporanee con i suoni della tradizione interpretati dal maestro del Taiko, compositore e cantanteShogo Yoshii raccontando, tra musica e danza, la nostra capacità di cogliere la bellezza anche nei momenti di crisi.
Ma in Cavea la settimana inaugurale del festival continua a valicare confini tra discipline e culture ospitando la leggenda della techno Jeff Mills al fianco dei musicisti Jean-Phi Dary e Prabhu Edouard e il ritorno della coreografa Anne Teresa De Keersmaeker che in Creation 23 prosegue la sua ricerca tra musica e danza in un inedito affondo nelle radici delle sonorità pop e blues.
Lo spettacolo è presentato grazie al supporto di Dance Reflections by Van Cleef & Arpels, il progetto attraverso il quale la celebre Maison sostiene artisti ed istituzioni nella diffusione del patrimonio coreografico e nel quale rientrano anche Ukiyo-e, Somnole del coreografo – neo-direttore del Tanztheater Wuppertal – Boris Charmatz (in corealizzazione con Teatro di Roma) e Rite de passage, pièce dell’icona dell’hip hop francese Bintou Dembélé (presentata a Villa Medici in collaborazione con Accademia di Francia a Roma).
Romaeuropa 2023, creazione contemporanea
Da qui il festival continua ad attraversare dialoghi tra discipline, creazione contemporanea nazionale e internazionale e omaggi al repertorio musicale italiano. Il regista Ivo van Hove dirige la pluripremiata attrice, icona della cinematografia mondiale, Isabelle Huppert nel suo allestimento de Lo zoo di vetro di Tennessee Williams ( al Teatro Argentina in corealizzazione con Teatro di Roma) mentre, con la presentazione della sua ultima produzione Tempest Project, il REF omaggia, a un anno dalla sua scomparsa, il grande Maestro Peter Brooke il suo indelebile segno nella storia del teatro internazionale e del festival stesso (di cui è stato più volte protagonista).
Il coreografo anglo-bengalese Akram Khan ritorna a Roma con il suo Jungle Book Reimagined (coproduzione REF2023) liberamente ispirato all’amato Il Libro della Giungla di Rudyard Kipling mentre la regista Susanne Kennedy – nome tra i più originali della scena europea – approda per la prima volta al festival insieme all’artista visivo Markus Selg per presentare la sua ultima produzione Angela (A strange loop), nuova indagine sulle estetiche del virtuale e sulla costruzione della soggettività nell’epoca digitale.
Aram Kahm – Jungle Book Reimagined
Se, con la regia e l’interpretazione di Massimo Popolizio, il Parco della Musica Contemporanea Ensemble diretto da Tonino Battista, porta in scena L’imbalsamatore – Monodramma giocoso da camera di Giorgio Battistelli festeggiando i settant’anni del compositore, è dedicata a Fausto Romitelli – a circa vent’anni dalla sua scomparsa – l’esecuzione del suo capolavoro An index of Metals (i due spettacoli sono presentati con Fondazione Musica per Roma). Celebra Franco Battiato il concerto presentato in esclusiva per il REF da Sentieri Selvaggi che, per la prima volta nella stessa serata, esegue le composizioni classiche d’avanguardia scritte dall’inimitabile artista illuminando una pagina poco conosciuta del suo straordinario percorso musicale.
A questa idea di movimento tra radici e futuro corrisponde anche la presenza – con il patrocinio dell’Ambasciata d’Ucraina – del quartetto folk originario di Kiev Dahka Brakha che, spaziando dal folklore al teatro, fondendo musica tradizionale e ritmi provenienti da tutto il mondo, produce un suono internazionale ma saldamente radicato nella propria cultura d’origine: un canto contro la guerra che reinventa la tradizione nel segno della speranza e concorre alla costruzione del sistema di coordinate che muove l’intera mappa del festival, terreno di confronto tra generazioni e linguaggi, storie, tradizioni e musiche.
Generazioni e linguaggi
È il dialogo tra generazioni e l’alternanza tra i grandi nomi della scena internazionale e le nuove proposte a definire il ritmo delle differenti emersioni del Romaeuropa Festival 2023, modellando i confini dei linguaggi artistici e i codici della danza e del teatro.
Il greco Christos Papadopoulos prosegue il suo percorso al festival presentando la sua prima creazione per Dance On Ensemble, celebre formazione composta da danzatrici e danzatori professionisti over 40; la coreografa Kat Válastur presenta, al fianco del gruppo vocale femminile Pleiades, una personale indagine intorno alla figura mitologica della dea Diana, protettrice delle donne, mentre il collettivo italo-spagnolo Kor’sia fa proprio un capolavoro della letteratura italiana come Ascesa al monte ventoso di Francesco Petrarca guardando con la propria pièce ad un nuovo umanesimo.
Kat Valastur – Diana, Even
Sono coprodotti da Romaeuropa anche i nuovi lavori di Francesca Pennini – che con la sua compagnia CollettivO CineticO in Abracadabra si concentra sui temi dell’illusione, dell’assenza e della sparizione tra danza e teatro – della compagnia pugliese VicoQuartoMazzini che porta in scena l’adattamento dell’acclamato romanzoLa Ferocia di Nicola Lagioia (Premio Strega 2015) e della regista Fabiana Iacozzilli che, con Il Grande Vuoto (presentato in corealizzazione con La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello), completa la sua Trilogia del Vento avviata al festival con la presentazione degli spettacoli La Classe (2018) e Una Cosa Enorme (2021).
Sono infine due ritorni quelli della storica compagnia inglese Forced Entertainment che presenta la trasposizione italiana del cult Tomorrow’s Parties interpretata dall’attore premio Ubu Marco Cavalcoli e da Caterina Simonelli e del maestro del teatro di narrazione Ascanio Celestini che in Asino e bue (presentato in corealizzazione con Fondazione Musica per Roma) dà vita a un “racconto senza spettacolo”, una costruzione teatrale e sonora che lo vede in scena con tre musicisti.
Vico Quarto Mazzini + Nicola Lagioia – La ferocia
Storie e tradizioni
Geografie reali e immaginarie si sovrappongono nelle visioni degli artisti delineando percorsi orientati al futuro ma costruiti sul confronto tra storie, identità e tradizioni. Sono incontri con “altri mondi” per tracciare nuove connessioni e vicinanze, narrazioni del nostro presente, cartografie intime o sguardi collettivi capaci di sfumare i confini tra il personale e l’universale.
L’acclamato regista Milo Rau (già direttore artistico di NTGent e ora alla guida del Wiener Festwochen) prosegue il percorso di coproduzione costruito con il festival e chiude la sua Trilogia degli Antichi Miti con lo spettacolo Antigone in Amazzonia in cui trasporta la tragedia di Sofocle nello stato brasiliano del Parà, coinvolgendo gli indigeni, il Movimento dei Lavoratori Senza Terra e attori professionisti e non professionisti. Dopo oltre dieci anni di assenza, torna a Roma, con la sua personalissima estetica forgiata nelle tradizioni dei popoli del Pacifico, il coreografo e regista neozelandese Lemi Ponifasio che nella sua Jerusalem (presentata in corealizzazione con Teatro di Roma) costruisce un ponte tra rituale e spettacolo musicale, preghiere tradizionali, canti della tradizione Maori e le parole di Adonis Ali Ahmad Said Esber tra i più influenti poeti arabi del ventesimo e ventunesimo secolo.
Alle radici del Butoh e alla figura emblematica di Tatsumi Hijikata (tra i suoi fondatori) si rivolge il coreografo singaporiano ma di base a Berlino Choy Ka Fai che in Unbearable Darkness trasla i temi dell’alienazione e della disumanizzazione che hanno attraversato questa corrente coreografica giapponese nelle immagini e nei codici generati dalle tecnologie digitali.
Un ponte tra differenti tradizioni e un incontro culturale è anche quello costruito in scena dal dantzari Jon Maya e dal bailaor Andrés Marín che con Yarin(presentato in corealizzazione con Instituto Cervantes di Roma) propongono un dialogo tra tradizione basca e flamenco attraversato tanto dalle differenze quanto dal desiderio di un cammino comune verso il futuro.
Tra la Sardegna e Londra nasce il progetto del duo Igor & Moreno che con Karrasekare (coproduzione Romaeuropa) dà vita ad una pièce caratterizzata dall’energia dei rituali catartici e nella quale si coniugano tradizioni carnevalesche pagane sarde e dei Paesi Baschi.
Al carnevale, questa volta coniugato con la tradizione dell’Africa occidentale dei Wara (nella regione di Senufo), sembra rivolgersi anche il coreografo Serge Aimé Coulibaly che in C la vie (altra coproduzione del festival) dà vita ad un nuovo rituale alimentato da forme e ritmi tradizionali ma volto a celebrare il nostro mondo contemporaneo. Affonda le sue radici nell’Africa Occidentale anche il percorso di Princess Isatu Hassan Bangura che nel suo Great Apes of the West Coast racconta il viaggio che dalla Sierra Leone l’ha portata nei Paesi Bassi fino a NTGent.
Una festa è infine quella costruita dall’astro nascente della danza africana Qudus Onikeku che, nel suo Re:incarnation – presentato in corealizzazione con Fondazione Musica per Roma come parte del Gran Finale del Romaeuropa Festival 2023 – omaggia la ricchezza musicale nigeriana e fonde l’energia degli antichi riti a quella di una nuova generazione di artisti attiva sui social network e partecipe alla definizione dei nuovi trend musicali che dalla Nigeria conquistano il mondo.
Milo Rau – Antigone in Amazzonia
Una geografia di suoni
Proprio la musica torna ad attraversare l’intera edizione del REF2023 disegnando geografie emotive e articolando percorsi specifici dedicati alla contaminazione, all’elettronica o al repertorio contemporaneo. Doppia la presenza del prestigioso Ensemble Modern di Francoforte che se da un lato, nel concerto Fantasie Meccaniche, presentato in corealizzazione con Villa Massimo – Accademia Tedesca Roma, esegue le musiche di Ondřej Adámek, Unsuk Chin e Vito Žura j(con lo chef-star Daniel Gottschlich) dall’altro in Xerrox Vol.4 (in corealizzazione con Fondazione Musica per Roma) accompagna l’icona Alva Noto nell’esecuzione della sua opera strumentale, arrangiata appositamente per l’ensemble tra musica, video e installazioni luminose.
Prende forma un vero e proprio focus dedicato al panorama della sperimentazione elettronica con la presenza di alcuni tra i più acclamati artisti internazionali: Caterina Barbieri presenta nella cornice del Teatro Argentina il suo Spirit Exit con il quale si è imposta come uno dei nomi di punta dei festival musicali di tutto il mondo; torna l’eclettico producer e musicista australiano ma di base in Islanda Ben Frost; i Plaid – storico nome della prestigiosa Warp Records e parte vitale della generazione elettronica degli anni Novanta – eseguono dal vivo il loro ultimo album Feorm Ferlox in corealizzazione con Manifesto Fest, mentre Tovel (aka Matteo Franceschini) mescola in Gravity suoni acustici di pianoforte, sassofono, archi ed esplosioni di sintetizzatori modulari.
Il teatro musicale continua ad essere frontiera di ricerca e terra priva di confini plasmata dalla commistione di linguaggi: con la coproduzione del REF2023 la regista greca Elli Papakonstantinou incontra l’eclettico musicista Ariah Lester per reinventare il mito di Dioniso nello spettacolo The Bacchae; il regista Luigi De Angelis, insieme alla cantante americana Claron McFadden e Muziektheater Transparant, costruisce una dedica per Nina Simone mentre il producer e pianista Dario Bassolinoe il regista Rosario Sparno, portano in scena il proprio Livietta + Tracollo da Giovanni Battista Pergolesi.
Se il pianista e compositore Fabrizio Ottaviucci conclude il suo percorso pluriennale dedicato alla monumentale Treatise di Cornelius Cardew, l’Atom String Quartet insieme a Leszek Możdżer – tra i più eminenti musicisti jazz polacchi e pianista di fama internazionale – dedica un omaggio al musicista di riferimento dell’avanguardia polacca Krzysztof Penderecki in una serata presentata con l’Adam Mickiewicz e il Ministero della Cultura Polacco. Traccia una linea di connessione tra il grande repertorio della fine del romanticismo e dell’inizio del ventunesimo secolo e creazioni per pianoforti ed elettronica Augmented Pianist, recital presentato dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con la rockstar del virtuosismo pianistico Simon Ghraichy e il compositore Jacopo Baboni Schilingi.
Smail Kanouté – Never 21
Mattatoio – Una mappa per il futuro
La centralità della creatività emergente di Romaeuropa sembra incarnarsi in una precisa idea dell’utilizzo degli spazi della città e di costruzione di un’ideale geografia dedicata al futuro. Al cuore dei suoi percorsi e della sua mappa, il festival, grazie alla collaborazione con Azienda Speciale Palaexpo, pone La Pelanda del Mattatoio di Testaccio, suo centro nevralgico con l’allestimento di quattro sale di spettacolo, l’area installazioni e incontri, il servizio di accoglienza e box office e una nuova area ristoro realizzata grazie alla collaborazione con Fischio. È qui che si sviluppano le differenti sezioni del festival.
Curata da Giulia Di Giovanni e Matteo Antonaci, LineUp! fotografa in tre giornate dedicate alla musica l’attuale panorama pop italiano a partire dalla riappropriazione della tradizione nei suoni delle nuove generazioni di artiste e artisti: La Niña fonde lingua e tradizione napoletana con sonorità pop e urban; echi di Sardegna attraversano i live di Vieri Cervelli Montel e Daniela Pes per il Tanca Records Showcase dedicato all’etichetta fondata da IOSONOUNCANE, elettronica, derive trap e hyper-pop convivono nelle scritture della bresciana Miglio e del cantautore di origini rumene Rareș.
Voci soul colorate e travolgenti, dagli svariati richiami ad atmosfere tropicali, caratterizzano il sound del giovane Ethan presentato in collaborazione con Alcazar live (partner dell’intera rassegna) mentre sintetizzatori analogici e atmosfere techno segnano i concerti finali di Marta Tenaglia e della romana Whitemary. Completano la sezione i Djset a cura di Fischio e il programma de Le Parole delle Canzoni presentato da Treccani che, dopo i tour negli istituti italiani di cultura all’estero (grazie alla collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale), torna all’interno del Mattatoio con i suoi incontri tra musicisti e scrittori.
Una mappa delle culture digitali è quella proposta dalla sezione Digitalive, curata da Federica Patti, che incrocia percorsi musicali, coreografici e virtuali: ne sono protagonisti il nuovo spettacolo multimediale del collettivo romano NONE, il live dell’outsider della techno Cosimo Damiano, il percussionista, sound artist e curatore modenese Riccardo La Foresta, l’esperienza immersiva audio-video proposta dal collettivo SPIME.IM e il sofisticato hyper-pop del romano Arssalendo con un live speciale realizzato appositamente per la rassegna. Se gli studenti dei corsi di Interaction Design, Gaming e Virtual Design di RUFA – Rome University of Fine Arts si cimentano nella creazione di proposte artistiche dal carattere performativo ma radicate in ambienti virtuali, completano la rassegna il ciclo di talk curato dal network ADV – Arti Digitali dal Vivo e il rinnovato appuntamento con RE:Humanism Art Prize.
Riccardo La Foresta – Drummophone
Progetti speciali
Un attraversamento di estetiche e formati che si completa con i progetti speciali di Romaeuropa 2023 ospitati al Mattatoio e che attraversano tutta la durata del festival conperformance in VR come quella costruita da Mauro Lamanna e Aguilera Justiniano in Real Heroes, la giornata dedicata algraphic design curata da Stefano Cipolla (art director dell’Espresso) insieme allo studio creativo Mistaker (che per il terzo anno firma la campagna del festival rappresentando visivamente le sue geografie).
La performance audio-video Da qui in poi ci sono i leoni proposta dalla regista Paola Di Mitri e da Ghost Track, il nuovo format del REF dedicato al teatro, alla musica, alla stand-up comedy e alla poesia estemporanea articolato in 5 capitoli giornalieri per due fine settimana del festival condotti da Gioia Salvatori e musicati da Simone Alessandrini con ospiti provenienti dal mondo del cantautorato, della scrittura, del teatro, della filosofia e di altrettante discipline.
È Anni Luce, a cura di Maura Teofili, a scommettere sulla generazione under 30 del teatro italiano. Qui Giovanni Onorato presenta in prima nazionale il suo A.L.D.E – Non ho mai voluto essere qui mentre dalla scorsa edizione di PoweredByREF torna Greta Tommesani al debutto con il completamento del suo CA.NI.CI.NI.CA. Si rinnova quindi l’appuntamento con il bando, nato con l’obbiettivo di offrire percorsi di accompagnamento e formazione ai giovani artisti della scena performativa, e oggi efficace strumento di incubazione per le più giovani generazioni attive nel panorama teatrale italiano. È invece legato alla nuova drammaturgia il progetto Situazione Drammatica sviluppato in collaborazione con Tindaro Granata e quest’anno dedicato alla lettura dei testi selezionati dal Premio Hystrio e di estratti delle drammaturgie finaliste del Premio Riccione nelle giornate dedicate alla sua finale.
Partnership
Istituito per il primo anno dall’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico insieme a Romaeuropa, il Premio “Silvio d’Amico” alla Regia dedicato agli allievi dell’Accademia seleziona e presenta Ho molto peccato I. Parlo del regista Paolo Costantini che, dopo un percorso di tutoraggio, debutterà al Mattatoio per il programma del festival.
Fanno parte dei bandi con cui Romaeuropa promuove la creatività emergente anche il premio Vivo d’Arte, realizzato in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dedicato ad artisti italiani residenti stabilmente all’estero e DNAppunti Coreografici, la call rivolta a coreografi emergenti di cui ogni anno il Romaeuropa Festival ospita la finale nell’ambito di Dancing Days a cura di Francesca Manica. La sezione articola un percorso dedicato ad una nuova generazione di coreografi e danzatori italiani ed europei grazie alla collaborazione con il network Aerowaves. Sono protagonisti delle giornate della danza Smaïl Kanouté,Anna-Marija Adomaityté, Daniel Mariblanca, il duo italiano Panzetti / Ticconi oltre al vincitore della scorsa edizione di DNAppunti Coreografici Alessandro Marzotto Levy con il suo Irene.
Het Filiaal theatermakers –The Night Watchman
Romaeuropa è anche mappa della creazione per l’infanzia
Nel mese di novembre è la sezione Kids & Family a cura di Stefania Lo Giudice a ritrasformare l’intero Mattatoio in uno spazio dedicato ai bambini e alle loro famiglie. Un vero e proprio festival nel festival che, nello spirito di Romaeuropa, abbraccia più discipline disegnando ulteriori geografie di incontro e dialogo. S’inserisce nell’ambito del programma FuturoPresente sostenuto dal Fonds Podiumkunsten e dall’Ambasciata dei Paesi Bassiil focus dedicato alla creazione per l’infanzia olandese che vedrà protagoniste le compagnie Het Filiaal theatermakers con il visionario e immersivo The Night Watcham, Het Houten Huis con il divertente spettacolo di teatro musicale Ik…eh ik capace di far suonare qualsiasi oggetto domestico e Meneer Monster con Lucky Luck, spettacolo dalle atmosfere western liberamente ispirato alla famosa serie a fumetti Lucky Luke.
Con Leonia la compagnia di nuovo circo Quattrox4 torna al festival per proseguire la ricerca artistica avviata lo scorso anno in omaggio a Le Città Invisibili di Italo Calvinomentre Roberto Abbiati costruisce una piccola stiva di legno dalle cui pareti prendono vita storie, personaggi e viaggi ispirati a Moby Dick.
Torna, dopo due anni di sospensione, il Playground di Kids & Family, motore dell’intera sezione e spazio ludico dedicato al giovanissimo pubblico con installazioni, performance e giochi d’artista: un’altra piccola mappa suddivisa nell’area dedicata ai giochi di legno proposta da Officina Clandestina, l’Officina Sonora realizzata con materiale di recupero dalla Marlon Banda, il laboratorio di stop-motion proposto da Spin-Off e Moonchausen e la speciale giostra musicale e performativa La Dinamica del Controvento di Teatro Necessario, un vero e proprio spettacolo costruito come un’avventura, un viaggio verso nuove terre da scoprire o geografie ancora da immaginare.
Il gran finale
Nel segno della festa, il 19 novembre, il GranFinale del Romaeuropa Festival 2023 occupa, in corealizzazione con Fondazione Musica Per Roma, tutte le sale dell’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone” in una giornata dedicata alla contaminazione e alle nuove sonorità del continente africano di cui sono protagonisti, oltre al già citato Onikeku, Ballaké Sissoko in dialogo con l’acclamato compositore e sound artist Lorenzo Bianchi, la stella luminosa del “desert blues”Bombino, e l’icona Fatoumata Diawara con il live del suo nuovo album London Ko prodotto da Damon Albarn, ponte tra i suoni delle metropoli occidentali e quelli della capitale del Mali Bamako.
Ballaké Sissoko
Ma il festival prosegue oltre la sua chiusura con uno speciale appuntamento “extra” presentato dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia: approda finalmente a Roma il compositore e direttore cinese, Ambasciatore Unesco e Grammy Award, Premio Oscar e Leone d’Oro Tan Dun per dirigere Orchestra e Coro dell’Accademia nella sua visionaria Buddha Passion.