NID 2023, la nuova danza italiana. Il resto è chiacchiera

Artisti molti. Ma moltissimi (e internazionali) i direttori di festival, di teatri, di circuiti, gli operatori dello spettacolo, i programmatori, gli studiosi, i giornalisti. E anche i social media manager, i video-maker, i curiosi.

Quasi quattrocentocinquanta osservatori erano la scorsa settimana a Cagliari, la città che ha ospitato la settima sessione della New Italian Dance Platform – NID 2023. Appuntamento biennale durante il quale la coreografia italiana fa il punto su se stessa e – soprattutto – si presenta ai compratori stranieri.

Un’expò muscoloso. Con le parole dell’economia della cultura, un simposio importante (vedi cosa scrivevo qui). Per gli artisti. Per i produttori. Per i pubblici futuri.

Premiére -  Andrea Costanzo Martini -  Nid 2023 - Cagliari
Premiére – Andrea Costanzo Martini

Qualche colpo d’occhio

Primo colpo d’occhio. Davanti al sipario incendiato di luce, una figura si muove a carponi. Chissà se è un uomo, o un ominide piuttosto, creatura ancora animale. Tasta il terreno con gli arti, si inoltra con cautela in quel deserto infuocato, disabitato. Per lui è una terra sconosciuta. Certo pericolosa. E la esplora. (Deserto tattile, di Nicola Galli)

Secondo colpo d’occhio. Due scattanti figure femminili saltano con la corda. Come facevano da bambine. Vanno avanti per un quarto d’ora. Senza sbagliare un colpo. Movimenti identici e coordinati. Battito regolare. Poi, impercettibilmente, il ritmo si sfasa, però resta controllato, impeccabile, esatto. Fase e controfase. Danza e contraddanza. Corpi e corde diventano una tecnologia sonora. (Do-around-the-world, coreografia di Parini Secondo).

Do-around-the-world - Parini Secondo - NID 2023 - Cagliari
Do-around-the-world – Parini Secondo

Terzo flash. Come se fossimo in sala prove, il coreografo Fabrizio Favale presenta alcuni momenti del suo training. Ciascuno è dedicato a un nome magistrale della danza del secolo scorso: José Limón, Merce Cunningham, Trisha Brown. Nessuna esigenza spettacolare, solo la volontà di dimostrare che lo studio implica progressione e evoluzione. E consente derive fortunate (Danze americane, danza di Fabrizio Favale).

Torte, oppure calze a rete

Quarta visione, con ricetta inclusa. Anna Pavlova è stata una ballerina russa, tra le più famose degli inizi del XX secolo. La Pavlova è anche un dessert, molto iconico: “torta di meringhe, farcita di panna montata, con una cascata di frutta fresca” spiega il tutorial che scorre in sovraimpressione, mentre la voce del perfomer intona al microfono canti piuttosto arrugginiti. Con grazia, la sua partner serve fette di dolce al pubblico in prima fila (Umlaut, ideazione e coreografia di Giuseppe Vincent Giampino).

Quinta e ultima immagine, scollacciata. Una decina di palloncini neri nuotano sul palcoscenico. Sei gambe tornite, avvolte nelle calze a rete dei porno fetish, si aprono e si chiudono come compassi. Davanti a loro, ci siamo noi, voyeur discreti di un ballo di un secolo e mezzo fa: il cancan. Che in questo frangente ammicca a un eros contemporaneo, malizioso, fluido. I maschi sono due, la donna è una. Noi vediamo però solo sei gambe, potenti. (Cancan, coreografia di Fabritia d’Intino).

Cancan - Fabritia d'Intino - Nid 2023
Cancan – Fabritia d’Intino

Pensata e praticata

Progetti, percorsi e traguardi diversi. Questi, e molti altri ancora, si offrivano agli occhi degli ospiti della settima sessione di NID 2023, la piattaforma che ogni due anni chiama a raccolta, seleziona e presenta a una platea internazionale la nuova danza del nostro Paese. In altri termini, più aziendali, la promozione all’estero del made in Italy.

A Cagliari, sede di questa edizione, molte erano le creazioni recenti, recentissime, come quelle a cui ho appena accennato. Alcune ancora in gestazione, altre già solide: insieme andavano a formare la sezione Open Studios, ventaglio aperto nel quale registrare il movimento veloce di un settore in continua crescita. Almeno dal punto di vista artistico, perché le risorse economiche sembrano sempre mancare.

Tra i molti tentativi – alcuni fragili, approssimativi, incespicanti – si potevano però distinguere lavori di un’originalità e di un intuito che parlano una una lingua d’arte pensata e praticata, con sicurezza e determinazione

Penso a CrePa, per esempio, miscela di movimento, gesto, testo, nella quale i tanti significati del titolo, riescono davvero a prendere corpo, anzi i corpi, quelli di Sara Sguotti e Arianna Ulian (autrice del mordace testo in versi). Succedeva nello slargo all’aperto dell’Exma, il fabbricato del dismesso macello cagliaritano, che ora è un centro culturale e uno snodo di iniziative. 

CrePa - Sara Sguotti e Arianna Ulian - NID 2023
CrePa – Sara Sguotti e Arianna Ulian

Così come nel piccolo e raccolto Teatro Doglio, un titolo già presentato negli Open Studios 2021 e ripreso quest’anno, confermava la personalità coreografica di Damiano Ottavio Bigi, già interprete per Pina Bausch e Dimitris Papaioannou. Un discreto protagonista è un duetto maschile, leggero, senza fronzoli. Con quel titolo low profile che dall’inizio alla fine tiene sospesa l’attenzione. E con l’attitudine di Bigi per un narrare volatile, senza spiegoni, senza giustificazioni.

Le tante anime di NID 2023 

Muscolo cardiaco vivace della quattro giorni cagliaritana è stata Sa Manifattura, il complesso di edifici della antica Manifattura Tabacchi, in pieno centro, con i suoi spazi ristrutturati e accoglienti, ideali per incrociare le tante anime di questa NID 2023.

Anime e storie analizzate e ripercorse in panel e tavole rotonde (con esperti italiani – Fabio Acca, Elisa Guzzo Vaccarino, Rossella Battisti – pronti a sollecitarne le diverse voci) e in applaudite escursioni (di Carmelo Zapparata) fra i banchetti allestiti dalle compagnie per presentarsi, col giusto piglio mercantile, agli operatori.

Greta on the beach - Francesca Foscarini, Cosimo Lopalco - NID 2023
Greta on the beach – Francesca Foscarini, Cosimo Lopalco

Pullman scattanti erano poi pronti per trasportare tutti al Massimo oppure al Doglio, le due sale che ospitavano la programmazione vera e propria. Daniele Ninarello (con Nobody, Nobody, Nobody), Francesca Foscarini (con Greta on the beach), Roberto Castello (con Inferno), Luna Cenere (Shoes on, per Michele Scappa e Davide Tagliavini, vestiti solo delle proprie scarpe) sono alcuni dei nomi che chi segue la recente coreografia in Italia ha già avuto modo di conoscere e di apprezzare.

Shoes on - Luna Cenere - Davide Tagliavini e Michele Scappa - NID 2023 - Cagliari
Shoes on – Luna Cenere

Da un bastione panoramico

Così come apprezzato e conosciuto è Michele Di Stefano con la sua Mk Company, cui NID 2023 ha affidato il titolo di chiusura. Atmosferologia, spettacolare evento site-specific e fuori formato, ha richiamato tutti sulle terrazze panoramiche di Saint Remy, il bastione prospettico che domina l’intera città di Cagliari. Qui, sulla spianata, corse a perdifiato, tracce sonore in cuffia, vedute urbane in lontananza, casualità di incontri tra vita quotidiana e progetto d’arte.

Per ricordare, a chi non lo avesse ancora capito, che la danza italiana cambia, si dota di strumenti nuovi, conquista nuovi spazi, taglia e ritaglia ulteriori traguardi. Così facendo, lascia molti spiazzati. Amen. Resteranno indietro. Tutto il resto, è chiacchiera.

Atmosferologia - Michele Di Stefano - NID 2023
Atmosferologia – concept Michele Di Stefano

NID 2023 – New Italian Dance Platform – Fluidity

Comissione artistica

Coordinamento organizzativo

I luoghi di NID 2023

Platform or what? – panel internazionale moderato da Elisa Guzzo Vaccarino

Tutte le immagini sono di Agostino Mela e Sara Deidda McLeod

Traguardo di fine estate. QuanteScene ha superato le 150mila visite

Il trend è buono, continua così“. La scritta continuava ad apparire, in automatico, da qualche settimana. Ma che i 150mila arrivassero così presto non me l’aspettavo.

150k

Però, oramai è fatta. QuanteScene! ha raggiunto le 150mila visite e non posso che esserne soddisfatto.

Ogni giorno una media di 40 persone approda su questo blog e si legge qualche articolo. Lo legge davvero, poi, se la durata media di una visita supera i 2 minuti.

Gli analytics, e cioè le statistiche, mi dicono inoltre che ciascun visitatore, ci torna di nuovo almeno una volta. Mediamente.

statistiche 30 agosto
A fine agosto, QuanteScene ha tagliato il traguardo delle 150.000 visite

La carica dei 150.000

Non resta – come dice il tutor automatico – che continuare così. Alla fine dell’anno, Quante Scene potrebbe superare del 15%, forse anche del 20%, il numero della visite dello scorso anno. Bene no?

Grazie a tutti coloro che passano da queste parti.

Festival Italia. Gli ultimi fuochi, il fresco, la piccola estate

Chissà se, quando leggerete questo post, il Grande Caldo sarà già passato. Certo sarà passato il momento della Grande Fuga: quei pochi giorni via dalle città e dagli impegni, che ci ritagliamo ogni anno per dare soddisfazione alla voglia di vacanza che preme dentro. Bene o male, sarà quindi finita anche la Grande Estate

Adesso, finalmente, viene il bello. 

Festival Italia

La piccola estate

Gli ultimi giorni di agosto. Quasi tutto settembre. Le settimane in cui tutto sembra rientrare nell’abitudine, ma non rientra ancora. Il tempo ibrido, che fino a un certo punto ci impegna, ma ci lascia ancora un senso residuo di libertà. Io lo chiamo, la piccola estate.

Per chi si interessa di teatro e di spettacolo dal vivo, la piccola estate è uno dei periodi migliori. Un fine settimana, meglio se lungo, e ci prendiamo un treno, l’auto, la moto, e ci fermiamo una o due notti altrove. Nell’Italia dei festival, per esempio, che in questo periodo spuntano come i famosi, proverbiali funghi. Fresche specialità della piccola estate.

Scrivo questo post veloce, e ve lo lascio come una nota. Se avete voglia e curiosità di vedere cose che non siano le solite cose, trovatevi un festival. Teatro, danza, musica, letteratura, cinema, arte. Meglio se in sintonia con i vostri interessi. Avete bambini? Vi piace la montagna? Vi distinguete per impegno civile e multiculturale? O in voi alita lo spirito della eco-sostenibilità? Di festival, ne trovate per ogni indole. Nei dintorni di casa vostra, o un po’ più lontano. Tanto per respirare un’aria diversa, per ricalibrare lo sguardo.

Festival: consigli, segnalazioni, soffiate

In un post dello scorso giugno avevo già raccomandato il portale Trovafestival.it. Un comodo utensile web, che mette in fila la maggior parte dei festival italiani, li localizza su una mappa, vi ricorda il periodo in cui si svolgono, vi indirizza al loro sito o alla pagina Facebook. Ve lo segnalo di nuovo. Metteteci dentro le mani. Approfittate dei tanti filtri.

Trovafestival.it

Più sotto, invece, vi segnalo quella manciata di festival che – a mio modo di vedere, secondo il mio gusto, e in ragione delle geografie, che per ciascuno di noi sono diverse – potreste anche voi mettere nel carnet della vostra piccola estate.

Cominciamo dal Veneto. Finiamo in Sicilia

Per esempio: appena cominciata, a Bassano del Grappa, la sezione BMotion di Opera Estate, con lo sguardo attento sulla più recente scena italiana (fino al 2 settembre), cui si aggiunge quest’anno uno specifico focus dedicato alla drammaturgia tedesca.

BMotion Opera Esate Bassano 2023

Anche a Grado, “l’isola del sole” che regala il mare alla provincia di Gorizia, è in corso e durerà fino a ottobre Alpe Adria Puppet Festival. Come dice il titolo, la manifestazione privilegia il teatro di figura, quello di animazione e degli oggetti. Lo fa da oltre 30 anni e significativamente promuove spettacoli per famiglia.

Prende intanto il via proprio oggi, da Lecco, cioè dal più famoso dei rami dei laghi lombardi, il festival che, con perfetto tempismo, si intitola L’ultima luna d’estate e porta i suoi spettatori nelle ville e nei parchi più belli della Brianza.

Fossi poi in voi, che siete appassionati di danza contemporanea, non perderei un solo minuto e raggiungerei in volo Cagliari, dove dal 30 agosto al 2 settembre si tiene la settima sessione della New Italian Dance Platform NID. Occasione unica per capire che cosa succede nell’attuale giovane coreografia italiana e per scoprirne, in anticipo, i nuovi talenti.

Nid Platform 2023

Tra i festival con una lunga e nobile storia c’è Fabbrica Europa. Dall’8 settembre e per tutto il mese, in diversi spazi a Firenze, ma non più nella iconica Stazione Leopolda, un calendario assai fitto distende un sacco di eventi. Si parte con Domani, i profetici venti minuti di Romeo Castellucci di cui vi ho già parlato

Storia nobile e avventurosa è anche quella di Oriente Occidente ,43 edizioni e tante trasformazioni per il festival che negli anni ’90, aveva portato in Trentino, a Rovereto, i nomi più in vista della coreografia internazionale. “Le emergenze sociali e climatiche saranno al centro del programma 2023” anticipa quest’anno il direttore artistico Lanfranco Cis, che lo ha collocato tra il 2 e il 10 ottobre. Marcus Morau e La Veronal lo inaugurano.

È invece solo alla seconda edizione, ma esibisce già numeri di forte richiamo Hystrio Festival (dal 13 al 18 settembre). Milano e le sale del Teatro dell’Elfo, sono la cassa di risonanza migliore per una manifestazione che mette al centro il teatro italiano under 35, e lo sostiene anche attraverso audizioni, mise en lecture, selezione di testi, premiazioni.

Hystrio Festival

Migranti e accoglienza sono un tema ineludibile, sensibile, sempre più discusso. Se ne occupa appunto il Festival delle Migrazioni, che a Torino, tra il 20 e il 24 settembre, prova quest’anno a far riflettere su stereotipi e paure.

Da Nord a Sud

Dal Piemonte alla Puglia non c’è che un salto, si fa per dire. E in Salento di occasioni insolite ne trovate tante.

Una che attirato la mia attenzione è Klohi Fest, sottotitolo L’arte dell’ascolto, ambientata nel Parco archeologico e naturale di Santa Maria di Agnano, nei pressi di Ostuni. Tre serate, dal 31 agosto al 1 settembre, in cui poeti e musicisti si alterneranno in spettacoli di poesia performativa, spoken music e chissà che altro. Oltre ai famosi poetry slam, la cosa che mi intriga è che ci si può sistemare in tenda, perché il Klohi Camp è li a pochi passi, tra il mare e i pini d’Aleppo.

Ancora più a Sud, per chi non li avesse mai visitati, i Cantieri della Zisa, sono una delle cose da vedere a Palermo. Da oramai cinque anni, i Cantieri sono lo spazio dove trova posto Mercurio Festival. Il programma non è stato ancora ufficializzato, ma se andate sul sito, un’idea sugli artisti che saranno presenti quest’anno già ve la fate. Si parte il 20 settembre.

Mercurio Festival 2023

E se davvero Palermo è una vostra destinazione, non trascurerei La macchina dei sogni che tra il 21 al 24 settembre, sotto lo sguardo severo di Mimmo Cuticchio, fa sfilare i cuntisti della narrazione orale, il teatro dei pupi, il teatro da strada e anche il teatro senza distinzioni di genere. Sono già quaranta edizioni, un record, e per giunta quest’anno il suo Teatrino di via Bara all’Olivella compie 50 anni di attività. Davvero volete non vederlo?

Non immaginavo di mettere insieme un atlante. In fondo, questo che avete letto è solo un elenco di suggerimenti. Dieci freccette sulla mappa, dieci soffiate, direi.

Ma con il caldo che mi assale anche stasera, mentre finisco di scrivere questo pezzo, una soffiata, dieci soffiate, sono assai meglio di una bibita con ghiaccio. Sarete d’accordo.

Al Festival di Almada. Con Milo Rau, Peter Stein e qualche leone

Ruggisce il leone Peter Stein. Qualcuno lo incalza, sostenendo che coreografia, nouveau cirque, spettacoli partecipati e documentari, proiezioni, video, e magari anche i droni, hanno dato una svolta decisiva al teatro degli ultimi due decenni.

Ma lui, il regista tedesco fondatore della formidabile Schaubühne a Berlino, ricorda che in scena, proprio lui, aveva portato addirittura i leoni. Veri, sostiene. E succedeva molti anni fa, precisa.

Festival Almada 2023 Yoann Bourgeois - Minuit - ph Patrick Denis
Yoann Bourgeois – Minuit – ph Patrick Denis

Caffè e imperial

Siamo ad Almada, la città che sorge proprio di fronte a Lisbona, sull’altra riva del fiume Tago. Il pomeriggio è splendido, arriva dall’Atlantico un vento fresco, il chiosco sull’esplanada serve caffè e imperial, come si chiama qui la mezza pinta di birra. 

L’esplanada, che in realtà è il grande cortile di una scuola, diventa ogni anno un luogo di incontri, di conversazioni, di cibo consumato in compagnia, a volte di improvvisate storie d’amore teatrale. E non solo. Perché il festival di Almada non è solo un cartellone di spettacoli internazionali. È piuttosto un’occasione di incroci, uno snodo nel quale il palco è spazio di performance, ma anche di osservazione, discussione, indagine, flirt. 

Con un imperial davanti, e Peter Stein che ti racconta di quando in quel suo spettacolo se la vedeva con i leoni. Quattro, ci tiene a dirlo.

 

Festival Almada 2023 - Esplanade
Esplanada – incontro pubblico con Peter Stein

 

Vi va di venire in Portogallo? 

Massì, venite. Fatelo, però a luglio, non adesso in agosto. Il clima a luglio è quello giusto, le città respirano, gli spettacoli, i concerti, alle feste all’aperto si moltiplicano. E gli aerei costano meno.

Ogni anno poi, Almada dispiega a luglio il suo festival teatrale. Uno dei più interessanti d’Europa, secondo me. E perciò anche del mondo.

Almada quarant’anni

Ha una sua lunga e bella storia, questo festival, frutto del lavoro politico di una compagnia teatrale che lavorava a Lisbona, opponendosi alla dittatura di Salazar. Dopo la “rivoluzione dei garofani”, i giovani artisti indipendenti del Grupo do Campolide avevano attraversato il ponte sul Tago (e il nome oggi richiama proprio quei giorni: ponte 25 aprile 1974) e trovato ospitalità ad Almada, la città operaia e socialista che fronteggia la capitale.

Da quello sparuto gruppo di artisti, capeggiato allora da Joaquim Benite, è cresciuto in quattro decenni un festival internazionale, il più attrattivo oggi in Portogallo.

Prima, nella piccola sala del Teatro Municipal, poi quella grande e accogliente del Teatro Azul e del suo Spazio Experimental. Ma anche sugli spalti popolari della Escola Antonio Da Costa e nell’agile Forum Correia. Per occupare pure altri luoghi e riattraversare infine il ponte, movimentando l’estate delle grandi e illustri sale della capitale: il Centro Culturale di Belem, il teatro São Luiz e il Dona Maria II, il Culturgest, la Fondazione Gulbenkian.

Finalmente, nel 2023 il Festival di Almada ha festeggiato la 40esima edizione.

Festival Almada 2023 - Audience

Un festival che cambia

È la ragione che da quasi vent’anni mi porta qui d’estate, per un festival che naturalmente cambia, come cambia il teatro, di cui Almada è un osservatorio internazionale. 

È anche l’occasione che in questi due decenni mi ha fatto incontrare, di persona, il lavoro e il pensiero di fondamentali artisti intercontinentali. Prima che fossero noti da noi, ho avvistato qui Tolcachir, Spregelburd, Veronese, Jatahy… Ma ugualmente ho brindato con Zadek e Marthaler, e scoperto portoghesi illustri come Miguel Cintra, Ricardo Pais, Tiago Rodrigues. E mi sono incuriosito davanti alle produzioni di compagnie che venivano da Mozambico o Angola o Capo Verde, oltre che da Brasile e Portogallo. Qui ad Almada, dico, non a Parigi o Berlino.

 

Festival Almada 2023 - Esplanade
Festival Almada 2023 – ph Roberto Canziani

Più pop, più leggibile

A guidare il progetto artistico del festival, dopo che Benite è scomparso nel 2012, c’è adesso Rodrigo Francisco. Quarantenne o poco più, attento a non tradire quell’eredità, ma a declinarla pure in formati nuovi. Più pop, se vogliamo. Più leggibili da una comunità, che magari non prova particolare simpatia per Beckett, ma si entusiasma davanti all’illusionismo spettacolare del coreografo francese Yoann Bourgeois.

Che quest’anno ha confezionato uno spettacolo, Minuit (mezzanotte), dove il talento corporeo si fonde con un ingegno futuristico e acrobatiche sorprese. Che non vi rivelerò. Però c’è qui sotto il video: guardate e capirete. E caso mai, vi capitasse di incrociarli, siate veloci nell’acquistare il biglietto.

Da Stein a Rau, passaggio di consegne

Ma non è detto che l’occhio rivolto a un cirque fantasioso (c’erano pure gli altri francesi, del Galactik Ensemble) impedisca di registrare certi storici passaggi di consegne. Gli onori resi all’85enne Stein, alle prese con Pinter (Il compleanno), non tolgono certo spazio alle generazioni successive. E il 46enne svizzero Milo Rau, può ben presentarsi come campione del post-drammatico, con uno di quei suoi Dokument, che tocca pure le corde dell’emozione.

Si tratta di lavoro ideato assieme a un’attrice feticcio del teatro tedesco odierno, Ursina Lardi, che in Everywoman rievoca il proprio incontro con una donna molto diversa da lei, Helga Bedau, a cui una diagnosi infausta aveva lasciato pochi mesi di vita.

 Everywoman, cioè Ognuna: un modo per dire che morire ci fa tutti e tutte uguali. Come la antichissima morality che ogni anno, dal 1920, si replica al festival di Salisburgo (è là che Rau l’aveva presentata, per poi replicarla al Piccolo di Milano nel 2021).

 

Il monologo in prima persona, indirizzato al pubblico, l’interazione con il video sullo schermo alle spalle, il brutalismo dell’acqua che piove in scena inzuppando il pianoforte le carte che furono della donna, sono strumenti di una gestione contemporanea della scena.

Ma messi accanto alla costruzione finzionale dei personaggi, come succede in Pinter, o in Thomas Bernhard (c’era il suo Minetti, ironicamente recuperato in un Calvario dallo stesso Rodrigo Francisco per la compagnia di Almada), raccontano l’attuale metamorfosi di una idea di teatro.

Che può ancora intrattenersi con i classici (Declan Donnellan ha portato in scena, malamente, La vita è sogno). Ma preferisce raccontare autobiograficamente le cicatrici di abusi adolescenziali , consumate dentro le istituzioni sportive e religiose (“Che non esca da qui” ammonisce il Tomo 1 di Enciclopedia del dolor, del drammaturgo e regista spagnolo, e anche un po’ italiano, Pablo Fidalgo).

Ad Almada, una volta almeno 

Vederli tutti raccolti ad Almada, in una decina di giorni, attraversando volentieri il fiume in battello, tra il profumo del bacalhau che si vende nei chioschi sulle rive, presso il monumento ai Descobrimientos e a Vasco da Gama, è una di quelle esperienze, che una volta nella vita almeno bisogna fare. Se non, come me, per un ventennio intero.

Il prossimo anno, già in primavera, prima di prenotare esotiche vacanze, date un’occhiata ai prezzi dei voli Italia-Portogallo e un’altra al sito del Festival de Almada. Facile che ci incontriamo là. 

Guidando un camion con Erri De Luca. Trent’anni fa e oggi

Basta un momento. Basta che Erri De Luca cominci a raccontare del camion, alla cui guida trasportava aiuti umanitari nella Sarajevo assediata, e subito le parole diventano visioni.

Lo stretto tunnel sotterraneo scavato nei pressi dell’aeroporto. Le strade della città disseminate dai cartelli pazi snjper! (attenti ai cecchini). Gli incontri con Izet Sarajlic, poeta bosniaco. Il frammento del fregio della Biblioteca Nazionale raccolto per strada e poi portato in Italia.

Le sue visioni, i primi piani, i dettagli di allora, che adesso hanno trent’anni.

Erri De Luca - ph Luca A. d'Agostino
Erri De Luca a Mittelfest 2023 fotografato da Luca A. d’Agostino

Le rose di Sarajevo 

Sono passati tre decenni, eppure quelle visioni, quelle storie, non smettono di occupare lo spazio di un piccolo cortile a Cividale del Friuli dove Erri De Luca e Cosimo Damiano Damato hanno incontrato, domenica scorsa, il pubblico di Mittelfest. Per conversare. 

Insieme, la sera precedente, accompagnati dalla Minuscola Orchestra Balcanica di Giovanni Seneca, avevano presentato Le rose di Sarajevo: musica, poesie, lettere, ricordi.

Mittelfest 2023 - Le rose di Sarajevo - - ph Luca A. d'Agostino
Mittelfest 2023 – Le rose di Sarajevo – ph Luca A. d’Agostino

Le rose di Bosnia sono i fiori che crescevano nella città – prima – dice De Luca. Dopo, saranno i segni lasciati sul suolo dall’esplosione di una, cento, mille granate. Sangue e metallo. Un’altra visione, un altro dettaglio.

Oggi, che le medesime rose assassine sbocciano nelle città dell’Ucraina, si potrebbe pensare che quelle di Sarajevo siano oramai consegnate alla storia. La storia maiuscola. Ma chissà. Nella storia di Mittelfest, invece, gli anni della guerra nei Balcani sono ben presenti.

Proprio nel 1993, il festival che allora si ispirava alle culture dei paesi della Mitteleuropa venne sospeso. Era nato due anni prima: voleva essere uno dei segnali del futuro europeo, dopo il crollo del Muro. Ma si inaugurò proprio nei giorni in cui anche la Jugoslavia cominciava a crollare. Fino a esplodere.

1991, blindati dell’esercito jugoslavo al valico italo-sloveno di Casa Rossa – Gorizia

Il manifesto di Mittelfest 1994, l’anno dopo, quando il festival scelse il tema della guerra e della pace, era segnato da una striscia rossa di sangue

Trent’anni fa. Oggi quel sangue è rappreso, chissà se lo è anche la sua memoria.

Sarajevo è una città molto cambiata, di nuovo in espansione. Ricostruita, ma non so quanto pacificata. Tra qualche giorno (dall’11 agosto) si inaugura il suo festival cinematografico internazionale, dedicato tra l’altro ai diritti umani. Il 9 settembre, la città dell’assedio più lungo ospiterà le semifinali delle Red Bull Cliff Diving World Series, con gli spettacolari e mondiali tuffi dal ponte sulla Neretva. Giustamente, i tempi cambiano.

Nel tempo delle walk experience

Anche Mittelfest è molto cambiato. Al pubblico propone spettacoli che esorbitano dalle sale e dai palcoscenici e si disperdono nella città, con formule ormai consolidate come le walk experience.

Se camminando incroci qualcuno con una cuffia in testa, e lo sguardo fisso sul telefonino o sul tablet, stai sicuro che è uno spettatore partecipante, concentrato nel suo walkabout.

Mittelfest 2023 - Tempo rubato - - ph Luca Valenta
Mittelfest 2023 – Tempo rubato – ph Luca Valenta

Sono cambiati gli stili di vita, anche il teatro è cambiato molto.

Nel verde parco alberato del Convitto Paolo Diacono, dove, sempre trent’anni fa, era scaturito Danubio, lo spettacolo tratto dal libro di Claudio Magris, oggi si erge un colorato tendone da circo, con nuovi acrobati e prove di coraggio su pali cinesi alti sei metri.

Mittelfest 2023 - Drunken Master - ph Luca A. d'Agostino
Mittelfest 2023 – Drunken Master – ph Luca A. d’Agostino

Un titolo del programma 2023 ci ricorda inoltre chi era Nikola Tesla, beautiful mind serbo-statunitense a cui dobbiamo, non solo il grande affare della corrente alternata, ma anche le idee che stanno alla base, oggi, di tutto il mondo wireless (oltre a un sacco di altre cose, compresa l’omonima vettura e il lifestyle del suo Ceo, Elon Musk).

Mittelfest 2033- Tesla di Ksenija Martinovic e Federico Bellini - ph Luca A. d'Agostino
Mittelfest 2033 – Tesla di Ksenija Martinovic e Federico Bellini – ph Luca A. d’Agostino

Mittelfest 2023

Il festival di Cividale, insomma, parla adesso altre lingue (benché a prevalere sia l’inglese).

Si concentra sulla parola “inevitabile” (è il titolo-guida che il direttore Giacomo Pedini ha scelto quest’anno).

Punta ai concerti e al cross-over musicale (sì, i Fast Animal and Slow Kids possono suonare anche assieme ai fiati e agli archi dell’Orchestra Arcangelo Corelli, e un nuovo pubblico accorre).

Ma restano anche spazi per una storia, nemmeno troppo recente, che nella mia memoria almeno, associa i due arditi ponti: quello di Cividale, il Ponte del Diavolo, sul fiume Natisone e il Ponte Vecchio di Mostar, sulla Neretva

E assieme a loro, due figure imprescindibili per la complessa evoluzione delle culture dell’Europa. Giorgio Pressburger, che il Mittelfest l’aveva progettato (ed è stato ricordato quest’anno in una mostra) e Predrag Matvejevic, che con i suoi libri (primo fra tutti Breviario mediterraneo) ci ha spiegato che confini e istituzioni politiche, dopo tutto, passano velocemente.

La geografia e l’architettura dei popoli, quelle invece no. Ci vogliono secoli e secoli per trasformarle.

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Mittelbabel

La storia, gli artisti, le immagini di 32 edizioni di Mittelfest si trovano tutte raccolte in Mittelbabel, archivio digitale del festival, di cui vi ho parlato in un precedente post di QuanteScene!

Mittelbabel. Un archivio digitale online per il festival della Mitteleuropa. E non solo

Come i maggiori festival internazionali anche Mittelfest, da ieri, ha il proprio archivio digitale in rete. Si intitola Mittelbabel.

Ospita la memoria di trentatré anni di festival. Elenca più di mille spettacoli provenienti da una ventina di Paesi diversi. Conta su una base di quindicimila documenti di varia natura (immagini fotografiche, riprese video, registrazioni sonore, materiali cartacei, …). Tra questi, per la prima fase di archiviazione, sono stati selezionati i millecinquecento più rappresentativi, disponibili ora online. 

Passo passo, in digitale, Mittelbabel racconta la storia di un Festival fra i più longevi, in Italia.

Mittelbabel.org - Home page

Mittelbabel: tracciare la storia

Ce l’abbiamo fatta. Circa un anno fa, Mittelfest mi aveva incaricato di mettere mano al cospicuo archivio documentale del festival e di ricavarne un prodotto digitale, da attivare in Rete, affinché non andasse persa la memoria di una manifestazione che da trentatré anni lavora sulle relazioni artistiche internazionali. 

Il teatro, la musica, la danza, affiancate in questi decenni da teatro di figura, poesia, cinema, circo, spettacoli in realtà aumentata e virtuale, performance di urban walkabout, sono stati gli ingredienti di un progetto di festival, nato ancora nel 1991, che ha fatto di Cividale del Friuli, al margine orientale dell’Italia, uno snodo unico e originale per lo spettacolo dal vivo dell’Europa Centrale (la storica Mitteleuropa), dei Balcani (l’irrequieto sud del continente) e dell’area Mediterranea.

Snodo non solo artistico, anche geopolitico, se si sfogliano in parallelo storie e geografie dell’Europa in questi passati 30 anni.

Mittelbabel.org - Splash page

Mittelbabel: riattivare la memoria

Ce l’abbiamo fatta, quindi. Grazie alla determinazione, al lavoro, alla disponibilità di molte persone (le elenco alla fine) Mittelbabel.org è ora un sito che – come accade ai grandi festival internazionali e a molti importanti teatri di produzione, italiani ed esteri – svolge funzioni di centro di documentazione online

Chiunque può visitarlo e utilizzarlo. Gli artisti, per ritrovare traccia e testimonianza del proprio lavoro. Gli spettatori, per riattivare la memoria di ciò che hanno visto, fosse anche molto tempo fa. Gli operatori di settore e tutti coloro che si occupano o studiano le spettacolo dal vivo, per sfogliare e raccogliere materiale utile ai propri progetti.

Ma Mittelbabel è stato pensato anche per chi è solamente curioso.

Archivio Mittelbabel – Mittelfest 2006 – Storie di lavoro – ph Luca A. d’Agostino

Una babele di linguaggi

Quando ci siamo messi a riflettere sul nome da dare a questo progetto digitale, ci è apparsa subito invitante l’immagine biblica della Torre di Babele. Perché di lingue, soprattutto quelle del CentroEuropa, Mittelfest ne ha accolte davvero tante (quasi venti, le lingue nazionali parlate in qualche memorabile edizione). E anche perché la varietà dei linguaggi artistici (dalla prosa classica in palcoscenico alla fruizione di progetti che richiedano visori di realtà virtuale) è stata ogni anno una caratteristica dei cartelloni degli spettacoli.

Ora che Mittelbabel è diventato realtà, abbiamo scoperto, paradossalmente, che le lingue parlate in questa nostra Babele, sono in realtà una lingua sola. Quella dei bit, dei byte, dei gigabyte. Quella digitale.

Partiture musicali, testi in lingua originale, traduzioni, fotografie stampate su carta e diapositive, jpg e tiff, registrazioni audio su nastro, cassette o cd, mp3, mp4, filmati in pellicola, in betamax, in vhs, e naturalmente dvd, e inoltre documenti amministrativi e corrispondenza in carta o digitale, materiali di pubblicità, comunicazione, promozione nei supporti più vari: anche carriole, orologi, girandole, vasi con semi, segnaletica urbana.

Trasportata in rete, questa babele di lingue, segni, oggetti, icone, parla una lingua sola. Quella della Rete, appunto.

Curioso, no? Paradossale. Se me lo lasciate dire, pure simpatico.

Mittelbabel.org - Bolla edizioni

Babel come bubble

Così com’è simpatica – spero – l’idea di leggere Mittelbabel ad alta voce, e farlo suonare Mittelbubble. Una babele di bolle. Grazie alla suggestione delle bubble, bolle piene di contenuti, ci è infatti venuta l’ispirazione di disegnare l’architettura del sito attraverso una grafica a bolle. Visitatelo. Giocate un po’ con quegli oggetti fluttuanti. E raccontatemi poi la vostra esperienza.

Non occorre che vi dica altro su questo progetto, che mi ha impegnato fino a l’altro ieri. E mi impegnerà magari in futuro, per assicurare completezza all’archivio. Bisognerà ad esempio dare nome e cognome, a tutti gli artisti e le artiste che appaiano nelle immagini. Ma proprio tutti. E sono tanti, ve lo assicuro. C’è un sostanzioso lavoro da fare ancora.

Per voi invece, la comodità e la facilità di entrare in Mittelbabel con pochi clic, e scoprirvi forse perfomer o forse spettatori. Magari in un lontano filmato del 1992 (quell’anno Mittelfest era dedicato a Franz Kafka). Documento che a più di trent’anni di distanza, conserva l’immediatezza e la verità di allora. Clicca qui, per vederlo.

Mittelfest 1992 - Dedicato a Kafka

Insomma, entrate pure in Mittelbabel.org e buona esplorazione.

L’ultima cosa: Chrome, da desktop o da mobile, è il browser migliore per visitarlo. 🙂

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MITTELBABEL

archivio digitale online di Mittelfest, festival internazionale a Cividale del Friuli

progettazione, organizzazione, contenuti sito Roberto Canziani
su invito di Roberto Corciulo (già presidente Mittelfest) e Giacomo Pedini (direttore artistico Mittelfest)

creazione e gestione archivio Nadia Cijan
realizzazione digitale Studio Zeranta

hanno collaborato all’implementazione dei dati Marianna Iob, Gabriele Buttera, Isabella Pellegrini

con il contributo di Phocus Agency (Luca d’Agostino, Alice Durigatto, …) e di tutti i fotografi che in trent’anni di scatti e di riprese hanno permesso di documentare la manifestazione. Tra di loro: Stefano Bergomas, Sabrina Borgù, Pierluigi Bumbaca, Alberto Cappellani, Cannone & Ulisse, Agnese Divo, Elia Falaschi, Massimiliano Mastellone, Eugenio Novajra, Enrico Peressini, Matteo Trevisan, Henry Triplette, Luigina Tusini.

www. mittelbabel.org

Oltre le nuvole. Progetto per un teatro di montagna

Pordenone è una città di pianura, il lembo più a ovest del Friuli Venezia Giulia. Ma alle spalle del tessuto urbano, a poche decine di chilometri soltanto, cominciano a elevarsi le Alpi orientali.

Un paesaggio, o addirittura un mondo, di versanti e di cime, roccia e boschi, piccoli insediamenti abitativi e grandi spazi non addomesticati dall’uomo. In tempi più remoti anche di ghiacciai. 

A Pordenone si sono domandati: c’è spazio per una drammaturgia che metta questo ambiente al centro? Che di questo paesaggio faccia un teatro?

Oltre le nuvole. Un concorso

Oltre le nuvole – titolo del primo concorso nazionale dedicato alla creazione di testi teatrali riferiti all’ambito montano – prova a disegnare una risposta, partendo da qui, dal territorio del Friuli Venezia Giulia.

Di montagna si sono occupati spesso gli artisti: poeti, scrittori, musicisti. Per secoli i pittori l’hanno raffigurata. Fotografia e cinema l’hanno documentata. Studiosi e giornalisti ne hanno scritto.

Perché la montagna non è solo un paesaggio. È un argomento. Complesso, contemporaneo. E mobilita altri argomenti.

Il cambiamento climatico ne ha fatto in questi decenni un tema a cui dedicare attenzioni specifiche. Geografia, sociologia, antropologia convergono quando si affronta il problema della abitabilità alpina. Preservazione e turismo. Abbandono e ripopolamento. Punti di vista opposti e tuttavia compresenti. Abitare la montagna, si può, oggi? E c’è spazio – nel vasto tema montagna – anche per il teatro?

Da queste domanda, a Pordenone, negli spazi del Teatro Verdi, è nato il progetto di una manifestazione che intende mettere al centro della scena proprio la montagna.

Per il momento è un concorso di testi inediti di drammaturgia dedicati al tema, associato a una serie di eventi programmati nel territorio durante il mese di luglio. 

Oltre le nuvole. Un festival?

Nel futuro, probabilmente, diventerà un festival: una manifestazione più articolata che vada a completare la costellazione di appuntamenti che in territorio italiano, e non solo, già si occupano di cinema di montagna (il più noto e longevo è quello di Trento), letteratura di montagna (a Cortina, per esempio), canto corale.

Ma c’è tutto un elenco di manifestazioni sorelle (Crinali, LetterAltura e altre, di cui è possibile trovare i programmi sul sito TrovaFestival: ne ho parlato in un precedente post).

A Pordenone, il titolo di questo nuovo premio di drammaturgia, Oltre le nuvole, genera immagini e ispirazioni. Ma gli argomenti su cui il primo bando, lanciato nel dicembre 2022, invitava a concentrarsi sono concreti e urgenti: “sostenibilità, spopolamento e ripopolamento degli ambiti montani, fonti di energia rinnovabili, turismo lento e sostenibile, storia e tradizioni legate alla montagna”.

Partner naturale del progetto è il CAI – Club Alpino Italiano, e in particolare le sue delegazioni locali, che al progetto assicurano un seguito di appassionati camminatori. 

Un divino disegno

La prima edizione di Oltre le nuvole si è conclusa in questo fine settimana, al Teatro Verdi di Pordenone, con la proclamazione del testo vincitore, scelto tra i sedici pervenuti.
Una giuria di esperti di teatro e di alpinismo ha deciso unanimemente di premiare Disegno divino di Christian Gallucci.

Milanese, classe 1986 – già finalista con altri lavori al Premio Riccione 2019, al Lida Petroni, al Scintille – Gallucci ha scritto un testo nel quale tutti quegli elementi trovano spazio. Riunificati dall’idea di una grande mappa, a cui il protagonista della vicenda dice di voler dedicare la propria vita: una topografia inclusiva, antropica e naturale. Un divino disegno che del circostante territorio racconti il divenire.

Attorno a lui il ghiacciaio arretra e risputa antichi resti umani, la flora e la fauna si assottigliano, le case si spopolano e i turisti dilagano. Ma non manca la prospettiva di un futuro. Che indistintamente si fa strada. Dentro, e oltre le nuvole della sostenibilità ambientale.

Per ora Disegno divino è stato presentato in una mise en éspace, a cura dello stesso autore, assieme a Anna Sala, ma l’ipotesi della giuria, espressa nelle parole del presidente Antonio Massena, è che il testo possa trasformarsi in una vera e propria produzione, e possa essere distribuito. 

Christian Gallucci, Marika Saccomani (direzione teatro Verdi Pordenone) e Anna Sala

Intanto da oggi e fino al 30 luglio, alcuni siti dell’ambito alpino alle spalle di Pordenone ospiteranno ogni domenica spettacoli di teatro, concerti, incontri letterari e approfondimenti scientifici, associati a iniziative eno-gastronomiche.
Un programma di eventi intitolato Progetto Montagna 2023, che del futuro festival rappresenta l’anticipazione (a questo link il programma 2023 completo).

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Pizza o festival? Le vacanze degli italiani: tutorial 2023

Metti caso: è sabato sera. Ti trovi a Roma, o a Palermo, o a Venezia. Ma potrebbe essere pure Caorle, o Radicondoli. È un breve weekend. Lunedì tornerai a lavorare. La domanda è: stasera, solita pizza nella solita pizzeria? o le sorprese di un festival?

10 festival 2023

Non parlo di vacanze-vacanze. Quelle ci cascano addosso ad agosto e ci portano chissà dove. Qualcuno – i più danarosi – a mollo sull’isola greca, qualcuno nei pressi di un geyser islandese. Parlo di piccole vacanze. City escape. Brevi fughe. Weekendino. Tanto per rompere la routine. 

Allora: questo sabato sera, pensate davvero di spararvelo in pizzeria? E poi il gelato, sul corso principale? No, dai.

Qualcosa di più, ve la meritate. Uno spettacolo, un concerto, un libro presentato da chi lo ha scritto. Magari un film, da vedere all’aperto, con il fresco di una sera di fine giugno.

Fatevi un po’ di conti

Il vecchio ritornello della vacanza intelligente, direte. Attenti che non è un’idea né vecchia né banale. Un biglietto per uno spettacolo dal vivo vi costa tanto quanto pizza, birra e limoncello. Ma sai la differenza! Le pizzerie sono tutte identiche. Un festival invece ti invita sempre a vedere qualcosa che non sai, che non conosci, che non hai ancora assaggiato. Nel bene – qualche volta anche nel male – sarà sempre una sorpresa. Il festival, questo inaspettato.

Ve ne avevo parlato già lo scorso anno. C’è questo libretto, indispensabile per evitare la brutta abitudine della pizzerie d’estate. E c’è pure un sito. 

copertina del volume Alonzo Ponte di Pino

Il sito lo trovate qua: www.trovafestival.it. Il libretto (208 pagine, 16,50 euro) ha un titolo lunghissimo: In giro per festival. Guida nomade agli eventi culturali. Festival di pensiero, letteratura, musica, teatro, cinema e arte in Italia, edizione 2023-24. È in vendita “in libreria, in bottega e su AltraEconomia.it”. Vi arriva a casa in due giorni, e vi è utile anche dopo l’estate. Vale pure per i primi mesi del 2024.

Dicono Giulia Alonzo e Oliviero Ponte di Pino, i due autori:

Abbiamo deciso di sviluppare l’idea in un sito strutturato e di ampio interesse non solo culturale. Per popolare la mappa, oltre alle nostre conoscenze, abbiamo monitorato i media e la rete, ma abbiamo potuto contare soprattutto sulla collaborazione attiva dei festival, che segnalano alla redazione i loro programmi e i bandi che lanciano”.

TrovaFestival si rivolge in primo luogo a chi cerca una meta interessante per i propri weekend, ma è anche uno strumento che consente di osservare e analizzare un mondo in continua evoluzione”.

mappa festival italiani 2023

Dopo anni di tentativi e informalità, nel novembre 2020 arriva online la nuova versione del sito, www.trovafestival.it, realizzata in collaborazione con l’Associazione Culturale Ateatro, con nuovi contenuti e nuove funzioni. Pochi mesi dopo nasce l’Associazione Culturale TrovaFestival, con l’intento di promuovere, informare, orientare e diffondere la cultura e le arti, in particolare attraverso la mappatura, l’analisi e la conservazione della memoria dei fenomeni culturali e artistici, a cominciare dall’impatto sui territori”.

A marzo 2023 sono oltre 1.300 i festival inseriti nel nostro database, collegati al sistema di geolocalizzazione che consente di trovarli sulla mappa con grande facilità”.

Colosseo

Una parte dei contenuti di TrovaFestival sta anche nelle duecento e passa pagine del libretto che, una volta spiegato in che cosa consiste quel festival o quell’altro, suggerisce pure cose da fare là, nei dintorni, e dà indicazioni sul mangiare e sul dormire nel giro di pochi chilometri. Vi pare poco?

Desideri speciali. Festival speciali

Alcune sezioni mettono poi in fila desideri speciali. Vi interessano i festival ad alta quota? Li trovate elencati da pag. 34. O i festival dove si balla fuori dal coro? (pag. 174). Magari quelli di strada (pag. 26), quelli tra giallo e noir (pag. 76), quelli spirituali (pag. 155).

Le vostre preferenze vanno festival a tema LGBTQ+ (pag.96)? Siete un tantino nerd (pag. 128)? o preferite le manifestazioni che si occupano di ambiente (pag. 150)? Alla fine, impagabili, i 10 festival da vedere prima di morire (pag. 194).

festival LGBTQ+ 1
festival LGBTQ+ 2

La mia personale guida nomade

Ecco, io me lo sono studiata da cima a fondo, questa guida nomade agli eventi culturali.

E sulle mie mappe ho già messo qualche destinazione. Domani per esempio a Venezia, dove è già cominciata la Biennale Teatro. La prossima settimana a Verona, dove si inaugura il Festival shakespeariano. Poi Pergine, poco distante da Trento, con la nuova direzione artistica di Babilonia Teatri. Infine a Treviso, che l’8 luglio, apre il suo festival intitolato GioiosaEtAmorosa. Quest’anno il tema è Radic(ch)i.

Gioiosa et Amorosa, tra l’altro, era il nome che anticamente veniva dato alla Marca trevigiana, oggi operoso e trafficatissmo distretto industriale.

Insomma non mi annoierò nella prima settimana di luglio, in giro per il Veneto. E un po’ di resoconti li troverete nei prossimi post. 

Post scriptum post

Le piccole vacanze, il titolo di questo post, l’ho fregato a un libro di Alberto Arbasino, scrittore garrulo. Ma quelli erano gli anni Cinquanta dello scorso secolo. Oggi siamo parecchio più avanti.

Mittelyoung e In-Box 2023. Reportage da uno spicchio di teatro

Del grande mappamondo dello spettacolo dal vivo, il teatro di cui parlo in questo post è solo un piccolo spicchio. Conta poco, si muove di lato, genera scarsa ricaduta economica. Ignorato dai festival internazionali, non si affaccia quasi mai nelle sale importanti delle capitali. È lavoro di margine.

In_Box 2023 - Topi - Usine Baug
In_Box 2023 – Usine Baug – Topi

Ma è sui margini che si manifestano i movimenti. Il margine mostra la crescita, la direzione del flusso, la spinta innovativa. Succede in natura. Succede anche nelle arti.

È difficile mettere a fuoco ciò che succede a margine: un movimento continuo, un equilibrio sempre compromesso. Piuttosto: osservando i margini, si intuisce, si avverte, si fiutano le cose.

Cividale del Friuli e Siena

In questo spicchio del teatro, Mittelyoung (a Cividale del Friuli) e In-Box dal vivo (a Siena) vanno ogni anno a cercare il futuro prossimo, quello non maggioritario, non istituzionale. Quello indipendente.

Ne ho parlato su QuanteScene! in un post dello scorso anno. Riprendo il filo ora, con un reportage dalle edizioni 2023, appena concluse.

Mittelyoung è nato tre anni fa, come spin-off della nuova architettura di programma data a Mittelfest da Giacomo Pedini. I suoi tre giorni anticipano il festival principale, che si svolgerà nella seconda metà luglio e che conta finora 32 edizioni.

In-Box, coordinato dai toscani Straligut Teatro, in partnership con il circuito teatrale Fondazione Toscana Spettacolo e Comune di Siena, e altre realtà locali, è giunto quest’anno all’ottava edizione. 

Mittelyoung 2023 - CM_30 - Kolja Huneck  - ph Luca A. d'Agostino
Mittelyoung 2023 – CM_30 – Kolja Huneck – ph Luca A. d’Agostino

Gli under 30 europei. Il mercato italiano

Nel caso di Mittelyoung, un osservatorio internazionale di coetanei under 30 ha scelto 3 best experience, tra quelle pervenute attraverso la call lanciata in tutta Europa (169 quest’anno le candidature da 22 Paesi). In pratica, si tratta di fiutare ciò che fanno alcuni tra i più talentuosi ventenni del continente.

Nel caso di In-Box una rete di programmatori, in rappresentanza di 90 sale, festival, circuiti della penisola, ha acquistato, al costo del cachet fissato in precedenza, una replica dello spettacolo (tra i quasi 500 in lizza quest’anno, sia nel settore adulto sia in quello per l’infanzia e le famiglie). Hanno scelto i prodotti più affini al proprio pubblico, alla natura della propria sala. Più che esplorare, In-Box punta dunque a sostenere la distribuzione di opere, gli artisti e le compagnie italiani che non hanno ancora una soddisfacente circuitazione.

Per entrambi, la formula resta quella del festival-concorso: la sfida a salire sul podio del più votato, del più apprezzato, quello con più like: mi piace leggere innovazione e mercato come esempi di gamification della creazione teatrale.

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Mittelyoung 2003 – Carla Vukmirovic – Piango in lingua originale – ph Luca d’Agostino

Segnali da Mittelyoung

Mittelyoung raccoglie nuovi allestimenti di musica, danza, teatro, circo, e tra le 9 proposte arrivate in finale a maggio 2023 a prevalere sono state tre compagnie caratterizzate da pluralità delle provenienze e da un disinibito rapporto con le tecnologie di condivisione. 

Lavish Trio vanta una stratosferica pianista coreana, che improvvisa affiancata dal violino di un’italiana e dal violoncello di una tedesca. Il bello della proposta, intitolata What if… è anche nell’interazione ludica con il pubblico. Attraverso i propri smartphone gli spettatori fanno apparire sullo schermo alle spalle delle musiciste le parole e temi sui quali improvvisare. Ne scaturisce un tag cloud, che a Cividale ha messo in evidenza, inevitabilmente, death e love. È contemporanea musica da camera, però si espande ai confini del mondo. 

Ciò che succede anche alla danza del Collectief MAMM, olandesi per formazione e molto intrigati dal rapporto tra individuo e gruppo, fiducia e diffidenza, attrazioni e respingimenti. Gli estremi, anche politici, che formano il tessuto del loro Something Else. 

A un apparato luministico d’effetto si affida Kolja Huneck, pendolare tra Rotterdam e Monaco di Baviera, un performer che ha affinato i propri talenti nel reparto circense della giocoleria. In CM_30 (suppongo si riferisca al diametro dei dischi riflettenti con cui si cimenta) crea un ambiente immersivo. Dentro questa sua tenda o capanna, lancia, riprende e rilancia questi dischi cangianti, dai quali scaturisce tutto intorno un paesaggio di luci e ombre. Ai cui il pubblico collabora muovendo a piacimento le fonti luminose: proiettori portatili capaci di milioni di colori.

È un esempio di quanto il gioco resti prioritario, anche per chi si è oramai avventurato nel terzo decennio della propria vita: una generazione di artisti ludens.

In-Box dal vivo. A contare è il fiuto

Molto teatro, all’opposto, nell’aria che soffiava a In-Box. Usine Baug è la compagnia milanese che ha “vinto” 10 delle 117 repliche in palio con Topi. Rievocazione del G8 che nel luglio 2001 fece di Genova la capitale della repressione. Eventi però raccontati nei modi di un emotivo teatro di narrazione, un po’ attardato, dopo che i fatti di Genova hanno già prodotto parecchio teatro.

Meglio, con 17 repliche, si è collocato Quasi una serata (allestito da Il Giardino delle ore e Mumble Teatro), esempio di un teatro a episodi, oramai poco frequentato, almeno da noi. Tra i brevi atti unici della serata (scritti da Ethan, uno dei fratelli Coen, i due di Fargo, del Grande Lebowski), spicca forse il primo (Aspettando), con la sua vaga atmosfera buzzatiana, di un aldilà che moltiplica e amplifica la burocrazia dell’aldiqua. Potremmo dire che il meglio, i fratelli Coen lo hanno già dato al cinema. Ma il loro è un nome che sta simpatico al mercato.

In-Box 2023 - Quasi una serata- ph Federico Galimberti
In-Box 2023 – Quasi una serata- ph Federico Galimberti

A conquistare però l’attenzione di tutti, a guadagnarsi 19 repliche, vincitore quindi di In-Box 2023, è stato infine Sid – Fin qui tutto bene, produzione di Cubo Teatro.
È in casi come questo che il fiuto di cui si diceva torna a far valere la sua importanza. Una storia come tante, di individuale ribellione, bullismo, consumismo, processi di inclusione inter-etnica, ha trovato nella pelle scura e nella tuta griffata bianca di Alberto Boubakar Malanchino (lui, che è un po’ Cernusco sul Naviglio, un po’ Burkina Faso) il personaggio e l’interprete non solo giusto: perfetto. 

In-Box 2023 - CuboTeatro - Sid - Alberto Boubacar Malanchino
In-Box 2023 – CuboTeatro – Sid – Alberto Boubakar Malanchino

Cinema e serie tv lo hanno già fiutato, da Easy Living (2019) a Doc-Nelle tue mani. Non si capisce che cosa aspetti la scena dal vivo a accoglierlo (lui, che si è diplomato alla Paolo Grassi) tra i suoi nuovi campioni.

Allora: ci risentiamo tra un anno per capire quanto gli sono valsi il sostegno, le repliche, la visibilità che In-Box ha dato al suo monologo, scritto e diretto da Girolamo Lucania, suonato dal vivo da Ivan Bert e Max Magaldi. E intanto gli diciamo: grande tenuta di scena, complimenti.

[una nuova versione di questo articolo apparirà sul numero 3/2023 del trimestrale Hystrio]

STORIE – Enrico Intra, il jazz e quel magico Dorfles

Almeno una cosa, io e Enrico Intra, milanese, maestro internazionale del jazz, condividiamo assieme. Un autore, e certi libri che stanno sempre sui nostri comodini, a portata di braccio. 

Tanto lui tanto io ammiriamo Gillo Dorfles. Non solo per il traguardo di quei  107 anni di una vita vissuta bene, ma soprattutto per il talento che Dorfles, maestro formidabile di pensiero, aveva nel guardare avanti, sempre, nell’accrescere la propria curiosità per il nuovo, sempre, nell’evitare ogni rimpianto per “il bel tempo andato”.

Enrico Intra - by courtesy Fondazione Milano - Civica scuola di musica
Enrico Intra – by courtesy Fondazione Milano – Civica scuola di musica

È lo stesso talento di Enrico Intra che, a dispetto dei suoi 88 anni, da compiere il prossimo 3 luglio, condivide con il magico intellettuale triestino e milanese, la voglia di non mettersi mai in pantofole. Tanto meno di impantofolare il cervello.

L’intervallo perduto, il saggio sulla musica e non solo, che Dorfles aveva scritto nel 1980 – mi dice – è il suo “livre de chevet“. Poi, elegantemente traduce libro da capezzale, quello che tiene sul comodino. Dice che lo legge e lo rilegge spesso. E non è mai lo stesso libro.

Ci vuole il jazz per non mettere pantofole al cervello

Ieri sera, a Trieste, al Teatro Miela, Intra si è seduto al pianoforte e a forza di musica e improvvisazioni ha cominciato a battagliare con un giovane quartetto d’archi, bravi intraprendenti strumentisti appena usciti dal Conservatorio.

Cornice dell’incontro-scontro, le ispirazioni bizzarre di Erik Satie, il compositore francese di cui il Teatro Miela festeggia ogni anno il compleanno con un evento: SatieRose

Trapezista di un circo sonoro” è la definizione che Intra dà dell’autore delle Gymnopédies. Lo ha dimostrato con la suite intitolata Ossimoro per Satie. La serata si era placidamente avviata con la Gymnopédie n.1 trascritta per archi (lent et doloreux) e eseguita dal Quartetto Rêverie (Uendi Reka, violino; Florjan Suppani, violino; Lucy Passante Spaccapietra, viola; Alice Romano, violoncello).

Ma è stata subito travolta dagli spunti jazzistici con cui, da dietro la coda del maestoso e lucido Steinway and Sons, Intra ha pungolato i giovani musicisti, educati al pentagramma, disposti però a seguirlo anche nelle improvvisazioni più ardite.

Ossimoro per Satie - Teatro Miela Trieste - 17 maggio 2023
Ossimoro per Satie al Teatro Miela – ph Paola Sain

Parliamo un po’ musica, gli chiedo. O meglio sarebbe dire musiche.

“Non trovo una gran differenza tra la musica che faccio io e gli altri generi. Esiste un grande universo del suono, che è la musica, e contiene tanti diversi modi di fare musica” – spiega lui, pianista, compositore arrangiatore, direttore d’orchestra, docente e maestro di generazioni di musicisti .

“Il jazz – prosegue – è semplicemente un modo di pronunciarla. È una lingua che raccoglie i generi, li elabora, li trasforma. Poi li sputa fuori, restituendo forti emozioni, a chi esegue e a chi ascolta”.

Con una felice espressione – “nulla è lontano” – Intra cancella le distanze tra mondi: quello di Satie, appena eseguito, e quello dei più grandi strumentisti jazz gli sono stati amici e colleghi, come il sassofonista Gerry Mulligan.

“I pensieri degli altri mi arricchiscono. È certo vero che, nella propria vita, uno può decidere di leggere un solo libro, di vedere un solo quadro. Ma gli scrittori sono infiniti e i pittori pure. Io ho sempre cercato di conoscere il più possibile. Mi affascinava sentire ciò che diceva Luigi Pestalozza, ineguagliabile storico della musica: quando parlava, ogni volta era un fiume. Mi arricchivano gli incontri con Strehler e Grassi, a Milano, quando collaboravo con il Piccolo Teatro. Ma ascolto volentieri anche ciò che la gente dice mentre viaggia sui mezzi pubblici, al supermercato, nei bar… La loro musica è dappertutto”.

Enrico Intra - ritratto

Intra dappertutto, tra jazz e pop

Lei non si è risparmiato nulla. Dal jazz alla musica nazional-popolare: direzioni d’orchestra a Sanremo, pezzi per una giovane Giuni Russo e poi Zanicchi, Malgioglio. Perfino i Caroselli, come il suo indimenticabile compagno d’avventura, il chitarrista Franco Cerri, “l’uomo in ammollo”.

“E perché no? Era una forma di comunicazione molto popolare, ci mettevamo la faccia, eravamo ‘quelli del jazz’. Così la nostra musica passava attraverso i media, quel suono si diffondeva”.

Jazz e improvvisazione sono parole pronunciate a volte con diffidenza.

“Il jazz è stato comunicato male. Musica americana, si è scritto spesso. In realtà è il frutto di ciò che gli europei, gli ebrei, gli africani hanno portato in quel continente. Da un punto di vista geografico è statunitense, di fatto è invece la fusione di tante diverse culture. Quanto a improvvisazione, è chiaro che, detta così, comporta sfumature negative. Un medico improvvisato, un giornalista improvvisato… persino un musicista improvvisato. Preferisco dire che sono un musicista estemporaneo. Quest’altra parola mette in evidenza la capacità di inventare all’istante, di cogliere l’atmosfera, le sensazioni intorno. Il pubblico si trova davanti a un artista che crea, in quell’esatto momento”.

L’improvvisazione è di casa al teatro Miela, palcoscenico famigliare per Paolo Rossi.

“Esatto. Paolo, che io definisco appunto ‘jazzista della parola’. Ci ho lavorato e ho riconosciuto in lui lo stile del mio amico Walter Chiari: arrivava sempre all’ultimo istante, magari in ritardo, ma approfittava dell’ambiente, sentiva il profumo, registrava i suoni della gente, li trasformava al volo in parole e storie, con grande simpatia anche, e comicità”.

Quegli anni all’Intra’s Derby Club

Stiamo parlando di quei formidabili anni ’60, vero?

“A Milano avevo dato vita all’Intra’s Derby Club, 1962. Da noi, in Italia, il cabaret non esisteva ancora e al Derby sono passati attori e musicisti, e molti attori-musicisti. Franco Nebbia, per esempio, suonava benissimo il pianoforte. Davvero, grandi jazzisti della parola. Quello era il momento: possedevano una plasticità che ora manca, perché gli attori si impegnano su altri fronti. Ma ritornerà, perché il jazz si arricchisce sempre di ciò che gli sta intorno: musica contemporanea è l’unica definizione giusta. Ritornerà il momento”.

Enrico Intra
Enrico Intra e Fiorenza – anni ’70

Ne è proprio sicuro?

“Tutto ritorna. Pensi che sono ritornati persino quegli imbecilli che fanno la guerra. Me lo ripeto ogni mattina: ci vuole il jazz per non mettere le pantofole al cervello”.

Eggià. Chiudiamo tornando a Dorfles? A quei libri sul comodino.

“Ogni volta che li riapro ci trovo qualcosa di nuovo. Anni fa avevo composto un pezzo e lo avevo intitolato proprio Dorfles. Adesso però, dopo questo passaggio a Trieste, credo proprio di voler scrivere un pezzo espressamente dedicato a lui. Lo si potrebbe far nascere proprio qui, su questo palcoscenico, il prossimo anno”.

Promesso?

“Promesso”.

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Le STORIE di QuanteScene!
Oltre a questa, ci sono tante Storie che ti potrebbero interessare. Le ho dedicate a Living Theatre, Harold Pinter, Kazuo Ohno, Eimuntas Nekrošius, Milva, Maria Grazia Gregori, Giuliano Scabia, Massimo Castri e tanti altri.

Lasciati portare in giro dai link di QuanteScene!

[questa intervista è stata parzialmente pubblicata sul quotidiano IL PICCOLO di Trieste mercoledì 17 maggio 2023]