Pasolini mission impossible. 1) Comizi d’amore

Comizi d’amore è il titolo di un laboratorio e di una produzione di teatro partecipato, da poco presentata a Udine nel cartellone di Teatro Contatto, all’interno del progetto 100 x 100 Pasolini. Si intitolava allo stesso modo – Comizi d’amore – anche il film-reportage che Pier Paolo Pasolini realizzò all’inizio degli anni Sessanta.

Comizi d’amore laboratorio viene ripreso in questi giorni anche ai Cantieri Teatrali Koreja, a Lecce.

Comizi d'amore  1 -  CSS Udine ph Alice BL Durigatto
ph Alice BL Durigatto

Italia 1963 

Con una cinepresa alle spalle e il microfono in mano, Pier Paolo Pasolini interroga uomini e donne in costume da bagno su una spiaggia italiana battuta dal sole. “Signora, lei cosa pensa del divorzio?”. A una coppia chiede: “Pensate che il matrimonio risolva i problemi sessuali?”. 

Davanti a una fabbrica, si rivolge poi a un gruppo di operai, tutti maschi. “Volevo sapere la vostra opinione sulla legge Merlin”. La legge Merlin aveva fatto chiudere, cinque anni prima, le case di tolleranza. ”Per me è una gran boiata” risponde uno di loro. “Perché?”. “Perché girano molte malattie di Venere, e i brutti hanno diritto anche loro di trovare le donne”.

Il gruppo di ragazzini, ai quali ha appena chiesto se sanno come sono nati, gli dà risposte ovvie – “la cicogna” – ma a volte strabilianti. ”Lo zio, mi ha portato lo zio!”. Oppure “La lavatrice”. Lui, lo sbarbatello più svelto, voleva dire levatrice, ma la piena alfabetizzazione, allora nel nostro Paese, è di là da venire.

Pier Paolo Pasolini - Comizi d'amore (1964)
Comizi d’amore (1964)

Cinema inchiesta

Comizi d’amore è il titolo del film-reportage che Pasolini realizza in un’Italia anni Sessanta, prossima al traguardo del benessere. E che però, a sentire le risposte, le battute, i ragionamenti raccolti dalla gente per strada e nei quartieri, risulta incredibilmente arretrata sui temi della sessualità, della condizione femminile, della prostituzione. I tabù di una nazione. La pellicola è un luminoso esempio di giornalismo d’inchiesta. Per questo rimane tra i 100 film italiani che, in ogni caso, si dovrebbero salvare.

Comizi d'amore  2 -  CSS Udine ph Alice BL Durigatto
ph Alice BL Durigatto

Teatro partecipato

Ha lo stesso titolo, Comizi d’amore, anche l’esperienza che la regista Rita Maffei ha voluto quest’anno proporre a un gruppo di uomini e di donne, persone di diverse età e provenienza, che da parecchio tempo lavorano con lei in progetti di laboratorio e teatro partecipato. Formula che in Italia si è sviluppata negli scorsi vent’anni, ed è ormai accreditata tra i modi di produzione delle imprese creative.

Grazie al gruppo dei suoi non-attori, non-interpreti, non-personaggi, anche questi Comizi d’amore, prodotti da Css – Udine, si propongono d’indagare temi che hanno a che fare con la sessualità. E oggi, in particolare, con le questioni e la percezione di genere. La vituperata cultura del gender.

Teatro e cinema documentario sono però fattispecie diverse. Se il secondo può ambire a una visione panoramica della società, dei suoi comportamenti, delle percezioni collettive, inevitabilmente il primo riporta a esperienze singole, storie, racconti che sembrano possedere tanta più forza quanto più si innestano nella verità di coloro che le raccontano. Come succede spesso nel teatro partecipato, la coralità è un effetto, più che un principio. 

Comizi d'amore  3 -  CSS Udine ph Alice BL Durigatto
Ph Alice BL Durigatto

Specialisti del sé

Così, rispetto al lavoro da cui riprende il titolo, questi teatrali Comizi d’amore – l’amore dei nostri Anni Venti – imboccano la strada di una rievocazione affettuosa, moderatamente nostalgica, delle esperienze che ciascuno dei partecipanti ha vissuto in prima persona

Di quella che, ad esempio, è stata “la prima volta”. Oppure di quale sia stata l’educazione al sesso e al sentimento ricevuta in casa. Di cosa sia la gelosia. Quali ansietà susciti, in famiglia, una transizione di genere.

Esperti della propria vita, si potrebbe dire di questi performer, adottando l’etichetta usata da Rimini Protokoll, il gruppo tedesco che più ha praticato il modello partecipativo.

Specialisti del sé, e perciò convincenti, schietti, ironici o drammatici, giovani o più avanti nelle esperienze, posati o esuberanti, a seconda dei casi. Qualcuno metropolitano, qualcuno più rurale. Siamo in Friuli, del resto, e la campagna è lì, a due passi. 

Comizi d'amore  4 -  CSS Udine ph Alice BL Durigatto
ph Alice BL Durigatto

A lezione d’amore

Noi spettatori, appena la serata comincia, siamo invitati a sedere in minuscoli banchi di scuola, e più che a un comizio, più che al discorso pubblico, partecipiamo alla loro lezione d’amore. Ripercorriamo l’educazione sentimentale di almeno tre generazioni. Sentiamo il battito dei loro affetti, in sintonia con la musica. La cura di Franco Battiato è il pezzo naturalmente più giusto. Ma alla fine a vincere è The power of Love dei Frankie goes to Hollywood.

E visto che siamo a scuola, capiterà anche a noi spettatori di essere invitati a un compito in classe. Sul foglio che ci viene dato insieme alla penna c’è scritto “Io amo…”. Sta a noi aggiungere che cosa. 

“Il cosmo”. “I miei figli”. “Aver cura della bellezza”. “I gatti”.” Le parole che ho sentito questa sera”. “Amo l’amore”. “Mia mamma”.

Per pudore, non vi dico che cosa ho scritto io.

Comizi d'amore  5 -  CSS Udine ph Alice BL Durigatto
ph Alice BL Durigatto

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COMIZI D’AMORE
un progetto di Teatro Partecipato
ideato e curato da Rita Maffei

con i partecipanti al progetto di Teatro Partecipato: Pepa Balaguer, Mauro Cantarutti, Umiliana Caposassi, Emanuela Colombino, Martino Mattia Cumini, Elisabetta Englaro, Laura Ercoli, Marco Gennaro, Marzia Gentili, Giuliana Grippari, Stella Martin, Donatella Mazzone, Fedra Modesto, Elisa Modonutti, Emanuela Moro, Paola Moro, Ludwig Pellegrinon, Rita Peresani, Marco Petris, Arianna Romano, Nadia Scarpini, Patrizia Volpe

scena e cura immagini Luigina Tusini
produzione CSS Teatro stabile di innovazione del FVG

Effetto domino a Nordest. Due donne al timone del CSS

Al cambio di direzione all’Ente Regionale Teatrale del Friuli Venezia Giulia, segue a ruota il rinnovo della presidenza del CSS di Udine- teatro stabile di innovazione. Presidente è stata eletta Rita Maffei, vice presidente sarà Fabrizia Maggi.

Fabrizia Maggi e Rita Maffei nel Cda del Css di Udine

Tandem di donne al timone dell’impresa che da più di 40 anni, in questa Regione è sinonimo di innovazione in campo culturale e di spettacolo dal vivo. In questa immagine la notizia apparsa oggi sul quotidiano Messaggero Veneto di Udine.

Ad entrambe, buon lavoro e gli auguri di QuanteScene!

Breaking news. Alberto Bevilacqua è il nuovo direttore ERT FVG

Il Circuito regionale teatrale del Friuli Venezia Giulia ha un nuovo direttore. Il Consiglio di Amministrazione di ERT FVG ha indicato Alberto Bevilacqua come successore di Renato Manzoni, che dal 2004 ha diretto l’Ente . Al neo-direttore Bevilacqua vanno gli auguri di QuanteScene!

Alberto Bevilacqua - ERT FVG
Alberto Bevilacqua

È ufficiale

L’annuncio ha tardato un po’ a diventare pubblico. Incrementando così l’attesa. Ma alla fine, la notizia è stata ufficializzata. Sessantadue anni, esperto nella gestione e nella direzione di imprese culturali, dal mese di novembre 2022 Alberto Bevilacqua è il nuovo direttore ERT FVG. 

Il CdA lo ha scelto entro una rosa di otto nomi, ristretta poi a tre, che si sono candidati al bando pubblico dello scorso giugno. 

Bevilacqua succede a Renato Manzoni che negli scorsi 18 anni, in particolare nel passato biennio di difficoltà e restrizioni sanitarie, ha retto l’Ente. E ne passa adesso le redini, dopo averlo consolidato istituzionalmente, portando da 15 a 28 le sale del Circuito e festeggiando nel 2019 anche i cinquant’anni dalla fondazione.

Alberto Bevilacqua

Da CSS a ERT FVG

Fondatore nel 1984, e fino a questo momento presidente del CSS teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia – Alberto Bevilacqua vanta una conoscenza del sistema teatrale italiano e internazionale che ne fanno una delle figure più note del settore. Ha attivato, assieme al suo team, tutte le iniziative che hanno visto il CSS udinese imporsi tra i centri di produzione più attivi in Italia, vicepresidente Agis Tre Venezie e figura chiave nei percorsi che hanno permesso al FVG di diventare regione leader nel campo dell’innovazione nello spettacolo dal vivo

Nel territorio il suo impegno si è sviluppato a 360 gradi (dal Mittelfest di Cividale alle Residenze artistiche di Villa Manin, dal Teatro Pasolini di Cervignano alle attività regionali di inclusione sociale). A incrementare le sue competenze sono stati anche incarichi nazionali, per ItaliaFestival per esempio, e progetti internazionali, primo fra tanti il percorso di alta specializzazione per attori, oramai trentennale, Ecole des Maîtres.

Ecole des Maitres - logo

Prosa, musica, danza

Sarà adesso chiamato ad assolvere le principali missioni di cui è investito l’ERT FVG. Curare e gestire, in sintonia le amministrazioni e le comunità locali, una trentina stagioni di prosa, musica e danza che nei Comuni del Fvg fanno capo al circuito. Sviluppare progetti rivolti alla diffusione della cultura teatrale nelle scuole. Sovraintendere all’edilizia teatrale nell’ambito della manutenzione e della ristrutturazione delle sale aderenti all’Ente.

[questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano di Trieste IL PICCOLO, in data 1 novembre 2022]

le 28 stagioni teatrali di ERT FVG
le 28 stagioni teatrali 2022-23 di ERT FVG

Al neo-direttore Bevilacqua, QuanteScene! fa i migliori auguri di buon lavoro.

Claudio Tolcachir, teatro come vocazione

Fra i registi della sua generazione, quella dei quarantenni, è il più riconoscibile, il più sensibile, il più seduttivo. Uno dei più mondiali. Claudio Tolcachir, argentino di Buenos Aires, teatrista.

Con questa parola in America latina si indica chi in teatro sa fare tutto: l’attore, l’autore, il regista, il tecnico, qualsiasi cosa sia necessaria. Un bravo teatrista a volte diventa poi anche un bravo maestro di teatro. Nel suo Paese e altrove. È il caso di Tolcachir.

Claudio Tolcachir (ph Alice BL Durigatto / Phocus Agency)
Claudio Tolcachir (ph Alice BL Durigatto / Phocus Agency)

La Scuola dei Maestri, 30esima edizione

Con tale qualifica, maestro, il regista argentino conduce la 30esima edizione dell’Ecole des Maîtres, il corso di perfezionamento internazionale per attori da poco iniziato a Villa Manin a Passariano (UD). L’antica e monumentale villa veneta, la sua foresteria, il parco, sono la sede principale che il promotore CSS di Udine ha riservato alla sessione italiana del progetto.

Nelle prossime settimane l’Ecole si svilupperà in altri tre Paesi – Belgio (Liegi), Portogallo (Lisbona e Coimbra), Francia (Caen e Reims) – per essere poi nuovamente in Italia al Piccolo Teatro di Milano, dal 17 al 21 settembre.

Ieri 5 settembre, lui e i suoi giovani attori – 16, provenienti da 4 diversi Paesi – hanno presentato in pubblico, negli spazi di Villa Manin, la prima fase del lavoro. 

Claudio Tolcachir tra i 16 attori dell Ecole des Maîtres 2022
Ecole des Maîtres 2002 (ph Alisa Franzil)

Conoscersi per caso a Buenos Aires

Come in certi locali da ballo della Buenos Aires di un tempo, e di quella contemporanea, dove ogni sera sconosciuti si incontrano, si scelgono, si piacciono, ballano assieme e forse di più. Così prende avvio La creazione accidentale. 

È il titolo che Tolcachir ha dato al suo progetto. Un tema che riporta in campo teatrale, in forma quasi pedagogica, le stesse modalità con cui persone di tutte le classi sociali, la sera, o il sabato, la domenica pomeriggio, si ritrovano sulle piste da ballo.

Tango e milonga sono strumenti di fluidità sociale. Gli sguardi, i cenni, un sopracciglio alzato, un cabeceo, sono un universo di codici nascosti, regole e segnali che vanno ben oltre la danza.

La creazione accidentale  - Ecole des Maitres 2022 (ph Alice ML Durigatto / Phocus Agency)
La creazione accidentale (ph Alice BL Durigatto / Phocus Agency)

Così i vecchi motivi di Adolfo Carabelli e Francisco Canaro, meno noti forse dell’onnipresente Carlos Gardel, accompagnano i sedici sconosciuti che in questa sala – che sia da ballo o di teatro – provano a conoscersi, a studiarsi, a piacersi, a rifiutarsi. 

Come tutti gli attori, amano farsi vedere, amano piacere, amano amarsi. E in questo piccolo universo, misurano se stessi, la propria storia, la forza di seduzione, le incertezze e le incapacità.

La creazione accidentale (Ph  Alice BL Durigatto / Phocus Agency) Claudio Tolcachir - Ecole des Maîtres 2022
La creazione accidentale (Ph Alice BL Durigatto / Phocus Agency)

Desideri e ossessioni

Con loro ho condiviso anche le mie domande, i miei desideri, le mie ossessioni” ha spiegato Tolcachir alla fine di questa prima uscita pubblica. Nella quale era facile riconoscere il tema dell’accidentalità. Dell’amore e del caso, avrebbe detto un altro maestro.

Ma quello che accade là, in scena è tutto loro: il loro immaginario, i loro pensieri, le loro ossessioni. Io li ho solo aiutati a tirarle fuori, a metterle a fuoco. Li ho spinti ad essere essi stessi creatori, liberi dall’imperativo dell’efficacia, fiduciosi in sé. E questo si sta rivelando meraviglioso e curativo anche per me. Oggi, nel teatro, tutto ciò è un lusso“. 

La creazione accidentale (Ph  Alice BL Durigatto / Phocus Agency)
La creazione accidentale (Ph Alice BL Durigatto / Phocus Agency)

Gli chiedo: “Si può sostenere che il teatro, in particolare quello sudamericano, in Argentina o in Cile, dove si vivono condizioni economiche e politiche difficili, se non autoritarie come in Brasile, resta proprio per questo un laboratorio sociale?”

Accidentale, imperfetto, pieno di umanità

Per noi latinoamericani il teatro è una necessità – mi dice – è un luogo dove incontrarsi, per capire e approfondire la propria identità. A volte è uno spazio di assemblea, a volte di resistenza. Tutto ciò che nasce per necessità ha sempre in sé una vibrazione che commuove”.

Sulla commozione, sull’empatia, Tolcachir lavora molto. Creazioni come Emilia, o El viento en un violin, anche il più recente Edificio 3 (produzione, lo scorso anno, del Piccolo di Milano) hanno girato il mondo e fatto di lui il rappresentante di una poetica della sensibilità.

Tutto ciò che mi colpisce – mi spiega ancora – si trasforma in teatro. Non saprei dire esattamente da dove mi nasca questo stimolo. Ma ciò che mi serve di più è avere a disposizione uno spazio di libertà e di rischio, come è questo, il lavoro che sto facendo con i giovani attori dell’Ecole”.

E ancora:

Tutto ciò che è accidentale, imperfetto, pieno di umanità, rimane spesso fuori dal lavoro d’attore. Ma è proprio questo materiale, assolutamente personale, quello che mi interessa”.

“Al di là della fiducia personale (una cosa che a me manca) la mia preoccupazione è trovare qualcosa che superi l’idea di teatro soltanto come professione. Non riesco proprio a smettere di pensare al teatro come vocazione“.

Claudio Tolcachir - Ecole des Maitres 2022

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ECOLE DES MAÎTRES 2022
corso internazionale itinerante di perfezionamento teatrale
XXX edizione: 26 agosto – 1 ottobre 2022 

La creazione accidentale
maître Claudio Tolcachir
assistenti Hugo Samek, Nicoletta Oscuro
allievi Viola Carinci, Daniele Cavone Felicioni, Christian di Filippo, Lucia Marinsalta (Italia); Lénaïc Brulé, Sarah Espour, Paul Mosseray, Laura Ughetto (Belgio); Julien Desmarquest, Isabel Aimé Gonzáles Sola, Ana Maria Haddad Zavadinack, Ophélie Trichard (Francia); Ana Baptista, Filipa Carloto Matta, Eduardo Molina, Lúcia Pires (Portogallo)

partner di progetto e direzione artistica 
CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa (Italia) 
CREPA – Centre de Recherche et d’Expérimentation en Pédagogie Artistique (CFWB/Belgio) 
Teatro Nacional D. Maria II, TAGV – Teatro Académico de Gil Vicente (Portogallo) 
Comédie de Caen – Centre Dramatique National de Normandie, 
Comédie, Centre dramatique national de Reims (Francia)
con il sostegno di 
MiC – Direzione Generale Spettacolo, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia – Direzione centrale cultura, sport e solidarietà, Fondazione Friuli (Italia) 

Tiago Rodrigues, Ginevra, la Croce Rossa. Teatro e soccorso umanitario

Sì, lo farò, nella misura del possibile. Lo diciamo a volte per mettere le mani avanti. Nella misura dell’impossibile, dice invece il regista Tiago Rodrigues. E lo fa, parlando di soccorsi umanitari. Il debutto italiano dello spettacolo, domani 18 febbraio a Teatro Contatto a Udine.

Dans la mesure de l'impossible - Tiago Rodrigues (ph. Magali Dougados)
Dans la mesure de l’impossible (ph. Magali Dougados)

Nella misura del possibile. Lo diciamo quando siamo decisi a fare qualcosa, ma già mettiamo le mani avanti, perché conosciamo anche i limiti del nostro fare: le complicazioni, gli impedimenti, gli ostacoli.

Con Dans la mesure de l’impossible, titolo della nuova creazione teatrale, Tiago Rodrigues ci vuole invece dire che gli ostacoli ci possono abbattere, e che i limiti vanno superati. Se c’è la necessità di farlo. Nei momenti di crisi, bisogna farlo. Nella misura dell’impossibile.

Quarantacinque anni, nato a Lisbona, attore, autore, regista, Rodrigues è un uomo di teatro. Ma è anche uno che conosce il mondo, i mondi. Qualche mese fa è stato nominato direttore artistico del Festival di Avignone il più rinomato tra i festival di teatro al mondo. Lo sarà ufficialmente dal 1 settembre 2022, con un mandato di 4 anni. Su QuanteScene! ho parlato molte volte di lui.

Da un po’ Rodrigues ha preso alloggio a Ginevra – dicono le note che presentano Dans la mesure de l’impossible – e ha intervistato coloro che lavorano nelle due più importanti associazioni umanitarie, quelle che mettono in campo decine di migliaia di persone in tutto il mondo: la Croce Rossa e Medici Senza Frontiere. Ha raccolto le loro parole, in francese e in inglese. Poi si è messo a scrivere nella sua lingua, il portoghese.

 

Dans la mesure de l'impossible - Tiago Rodrigues (ph. Magali Dougados)
Dans la mesure de l’impossible (ph. Magali Dougados)

 

La realtà delle emergenze

Dans la mesutre de l’impossibile è quindi uno spettacolo che affronta il tema delicato e spinoso degli aiuti umanitari nelle zone di crisi. È il tentativo di capire il lavoro dei professionisti e dei volontari sanitari. Affonda nella realtà delle emergenze, la documenta, la sottopone agli occhi, all’attenzione, all’emotività degli spettatori. 

Ho voluto occuparmi dei problemi degli uomini e delle donne che vanno e tornano da zone d’intervento critiche, pericolose” spiega Rodrigues. “Quali sono le ragioni che li hanno spinti a fare di questo principio una professione? E cosa succede quando tornano indietro, nelle nostre comode zone di pace?

Nato da una proposta della Comédie de Génève / Ginevra, realizzato grazie a un cordata internazionale di teatri, subito dopo le repliche nella città della Croce Rossa, Dans la mesure de l’impossible arriverà a Udine, prima tappa italiana, il 18 e il 19 febbraio 2022, nel cartellone del CSS – teatro stabile di innovazione – che di quella cordata fa parte.

CSS Udine - Tiago Rodrigues

Quattro domande a Tiago Rodrigues

In vista del debutto, abbiamo posto al regista alcune domande.

Sono questi due anni di epidemia che l’hanno spinta a occuparsi di situazioni di emergenza, zone di crisi, aiuti umanitari?

L’idea che sta dietro a Dans la mesure de l’impossible è precedente all’epidemia. Mi era capitato di parlare con persone che lavoravano nel settore degli aiuti umanitari e sono rimasto profondamente colpito dalla loro esperienza. Penso che lavorare tra pericoli, conflitti, sofferenze e catastrofi abbia permesso loro di acquisire uno speciale punto di vista sul mondo. E abbia anche avuto un impatto molto personale sulle loro vite”.

Certo la pandemia ha cambiato il modo in cui la sua ricerca si è sviluppata.

Era previsto che viaggiassi attraverso alcune regioni del mondo e li osservassi mentre sono all’opera. Molti di questi itinerari sono stati cancellati. Tuttavia, invece di annullare o differire il progetto, ho sentito che farlo ora era ancora più importante. Se queste persone sono costrette a lavorare in situazioni difficili, mi sono detto, perché non dovrei farlo anch’io? Così ho deciso di partire dalle interviste e dagli incontri che ho fatto e sono soddisfatto, perché questo permette davvero di guardare il mondo attraverso i loro occhi”.

Si può perciò parlare Documentary Theatre, teatro documentario?

Non è teatro documentario, lo potremo definire invece teatro documentato. Non c’è mai stata l’intenzione di scrivere un saggio o un reportage sul fenomeno. Ciò che facciamo non riguarda gli aiuti umanitari nel loro complesso, come se fossero una foresta. Ci occupiamo solo di trenta alberi, trenta storie di soccorso, ciascuna basata sul racconto di un operatore“. 

Dans la mesure de l'impossible - Tiago Rodrigues (ph. Magali Dougados)
Dans la mesure de l’impossible (ph. Magali Dougados)

 Che metodo avete seguito lei, drammaturgo e regista, e i cinque performer che sono in scena?

Siamo partiti da eventi e interviste reali, ma ci siamo poi mossi verso una dimensione più teatrale. All’approccio giornalistico abbiamo aggiunto la scena, gli strumenti narrativi, manipolando il linguaggio, cambiando l’ordine degli eventi, organizzando le emozioni. Interpretando la realtà con la sensibilità del teatro. È un lavoro, questo, in cui ci sono attori che raccontano storie che sono state raccontate loro da coloro che le hanno vissute. A volte le parole sono esattamente quelle dette. Altre volte se ne distaccano, liberamente. E non è facile per lo spettatore, distinguere“.

Agli spettatori dunque che cosa chiedete? Cosa vi aspettate da loro?

La sola cosa che, sempre, mi aspetto dagli spettatori è che riconoscano che il mio lavoro è importante per qualcuno. È chiaro: ci tengo a emozionare il pubblico, cerco di condividere con loro cose che hanno importanza per me, propongo un diversa maniera di osservare parte delle nostre vite, provo a fare delle domande. Non è detto che funzioni per tutti. Ma va bene così, nella misura in cui si capisce che questo lavoro è importante almeno per qualcuno. Ci sono un sacco di esperienze artistiche che non mi toccano profondamente, e tuttavia posso riconoscere che, a qualche persona hanno cambiato la vita“.

[una versione corta di questo articolo è stata pubblicata sul quotidiano IL PICCOLO di Trieste il 16/2/2022]

 Il trailer dello spettacolo: https://www.theatre-contemporain.net/video/tmpurl_fi1BKUFS

Per altre informazioni e prenotazioni, vai al sito di CSS – Udine.

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DANS LA MESURE DE L’IMPOSSIBLE

testo e regia Tiago Rodrigues
traduzione Thomas Resendes
interpreti Adrien Barazzone, Beatriz Brás, Baptiste Coustenoble, Natacha Koutchoumov, Gabriel Ferrandini (musicista dal vivo)
scene Laurent Junod
composizione musicale Gabriel Ferrandini, suono Pedro Costa
costumi Magda Bizarro
assistente alla regia Lisa Como

una produzione Comédie de Genève 
in coproduzione con Odéon – Théâtre de l’Europe – Paris, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Teatro Nacional D. Maria II – Lisbonne, Équinoxe – Scène nationale de Châteauroux, CSS Teatro stabile di innovazione del FVG – Udine, Festival d’Automne à Paris, Théâtre national de Bretagne – Rennes, Maillon Théâtre de Strasbourg – Scène européenne, CDN Orléans – Val de loire, La Coursive Scène nationale La Rochelle
con l’aiuto di CICR – Comité international de la Croix-Rouge

spettacolo in francese, inglese e portoghese, sottotitolato in italiano

18 e 19 febbraio 2022, Teatro Palamostre, Udine
25, 26, 27 maggio 2022, Piccolo Teatro, Milano

 

Chi ha paura del futuro? I 40 anni di Teatro Contatto: quelli che verranno

Teatro Contatto 2022, il cartellone del CSS di Udine, teatro stabile d’innovazione del Friuli Venezia Giulia, tocca quest’anno quota 40. Si potrebbero rievocare i quattro decenni trascorsi. Meglio immaginare quelli futuri.

Teatro Contatto 2022

Controcorrente. In tempi complicati come questi non è facile muoversi in direzione contraria. Ma è necessario farlo. Per non restare in balia dei flussi negativi.

Nel 1982 a Udine, città di provincia e di caserme, un manipolo di ventenni raggruppato sotto un’inedita etichetta – CSS – ideava una stagione di spettacoli e la chiamava Teatro Contatto.

Oggi, nel 2022, quarant’anni dopo, il CSS di Udine è teatro stabile di innovazione e centro di produzione, tra i primi i Italia per volume di attività e capacità di internazionalizzazione.

In queste settimane l’impatto della pandemia sulle attività di spettacolo dal vivo torna ad essere allarmante. Teatri, sale, programmatori si tengono sul vago, in attesa di capire quali disposizioni regoleranno la loro vita quando metà della popolazione italiana e europea risulterà contagiata.

Controcorrente, in questa fase di incertezze e pensieri negativi, Teatro Contatto consolida e lancia il suo nuovo progetto annuale: quello a quota 40.

Chi ha paura del futuro? 

È ciò che si domandano i progettisti di Teatro Contatto. Ma si potrebbe anche scrivere: Chi ha paura del futuro! Per intendere che il futuro è comunque un’incognita, ma non per questo ci deve fermare.

Ecco quindi schierate sulla distanza dei prossimi sei mesi, le produzioni e le ospitalità che Teatro Contatto 2022 mette in campo. Sicuro che chi si arrende all’incertezza, si arrende tout court.

Gli internazionali

Il più interessante, il più internazionalizzato, è il progetto che vede Teatro Contatto tra i produttori del nuovo spettacolo di Tiago Rodrigues. Il titolo sarà:  Dans la mesure de l’impossible.

Il regista portoghese, stimato nel mondo, Premo Europa per il Teatro 2018, Premio Pessoa 2019, e dal prossimo autunno anche direttore del Festival d’Avignone, ha un rapporto consolidato con Udine. Nel 2019 Rodrigues era stato maestro all’Ecole des Maitres, il corso di alta professionalizzazione per attori. Là è nato il rapporto che, dopo alcuni spettacoli, porta adesso i progettisti CSS a co-produrre il suo nuovo titolo assieme a Comédie de Genève, Piccolo Teatro di Milano, Odéon di Parigi, Teatro di Strasburgo. Il 18 e il 19 febbraio prossimi, Dans la mesure de l’impossible sarà al Teatro Palamostre.

Tiago Rodrigues - Teatro Contatto 2022
Tiago Rodrigues

Dopo aver deciso di occuparsi dei numerosi teatri di guerra presenti nel pianeta, Rodrigues ha voluto conoscere da vicino il mondo della Ginevra internazionale, il direttore della Croce Rossa, i professionisti che lavorano con lui, medici, infermieri, operatori sociosanitari, mediatori culturali. Ha quindi provato a guardare il mondo attraverso i loro occhi e le loro responsabilità. Ispirato dalle loro testimonianze, ne racconta adesso le storie. Cosa spinge un essere umano a scegliere di rischiare la propria vita per aiutare gli altri?

Produzione internazionale è anche quella sviluppata con Agrupación Señor Serrano. Dopo aver debuttato al Festival International des Arts Bordeaux Métropole e lo scorso luglio alla Biennale di Venezia, la compagnia di Barcellona premiata con il Leone d’argento, presenterà anche a Udine The Mountain.
Lo spettacolo “pone il tema delle fake news al centro del suo stupefacente universo multimediale dove convergono la prima spedizione sull’Everest, Orson Welles, un sito web di fake news, un drone che scruta il pubblico, molta neve, schermi mobili e Vladimir Putin“.

Agrupación Señor Serrano - The Mountain
Agrupación Señor Serrano – The Mountain

Gli italiani

Produzione italiana, realizzata insieme a Marche Teatro sarà il nuovo lavoro scritto da Liv Ferracchiati. Elaborato durante le sessioni dell’Ecole des Maitres 2021 (che era impostata sulla scrittura e necessariamente si è svolta in remoto) il nuovo progetto drammaturgico d’autore si intitolerà Uno spettacolo di fantascienza e troverà spazio in un verosimile 2050, o da quelle parti.
Ispirato all’ultimo progetto, mai realizzato, di Cechov, questa pièce ambientata su una nave diretta al Polo Nord, riprende l’idea di quel viaggio e lo immagina collegato al tentativo dei suoi tre personaggi di scongiurare una catastrofe climatica“.

Nuova produzione CSS sarà anche A+A Storia di una prima volta, scritta e diretta dal regista Giuliano Scarpinato e realizzata con il sostegno dell’Istituto Italiano di Cultura di Parigi.
Con grazia, poesia e adeguata ironia lo spettacolo racconta il viaggio di due adolescenti come tanti, alla scoperta dell’intimità nella quale i due protagonisti dovranno destreggiarsi, tra falsi miti, paure ed ansie, per giungere insieme a qualcosa di unico, speciale ed irripetibile“.

Gli ospiti e gli incontri

Il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini offrirà a Teatro Contatto l’occasione per ospitare un lavoro di Ascanio Celestini intitolato Pasolini Museo.
Qual è il pezzo forte di questo Museo? – si domanda il performer romano – Quale oggetto dobbiamo cercare? Quale oggetto dovremmo impegnarci a acquisire da una collezione privata o pubblica, recuperarlo da qualche magazzino, discarica, biblioteca o ufficio degli oggetti smarriti?”

Emma Dante - Pupo di zucchero
Emma Dante – Pupo di zucchero

Saranno presenti nella prima parte del cartellone 2022 anche Carrozzeria Orfeo (con Miracoli metropolitani), Emma Dante (con Pupo di zucchero e le dieci sculture create ad hoc da Cesare Inzerillo) e  Il bacio della vedova di Israel Horovitz, “ipnotico viaggio dentro i rimbalzi psicologici della violenza sulle donne, orchestrato dalla regia di Teresa Ludovico“.

Alle produzioni e agli spettacoli ospiti si intrecceranno gli incontri Il futuro accade che sul palcoscenico del Palamostre udinese inviteranno a conversare, tra gli altri, Alberto Negri (giornalista del Sole 24), Chiara Valerio (scrittrice e editor della casa editrice Marsilio), Francesca Cavallo (scrittrice e coautrice della serie bestseller Storie della Buonanotte per Bambine Ribelli) e Massimo Polidoro (psicologo, giornalista, esperto nel campo delle fake news delle pseudoscienze).

Marta Cuscunà Earthbound. Perché il futuro è dietro la porta

Earthbound è il titolo del nuovo spettacolo di Marta Cuscunà. Uno sguardo contemporaneo su ciò che sarà il pianeta tra duecento anni.

“Non credo che ci trasformeremo in automi” ha detto qualche giorno al Festival della Letteratura a Mantova, il filosofo Slavoj Žižek. Uno che ha parecchio sèguito e uno sguardo spesso rivolto al futuro.

Eppure, già dal titolo del suo più recente libro Hegel e il cervello postumano è chiaro che secondo lui – garantista umano a oltranza – in qualcosa d’altro ci trasformeremo. 

Earthbound - Marta Cuscunà - ph Guido Mencari
Earthbound – Marta Cuscunà – ph Guido Mencari

In che cosa ci trasformeremo?

Magari in quelle strane creature, un po’ tricheco, un po’ pipistrello, che Marta Cuscunà immagina abitare il mondo nel 2425. Ce le presenta nel suo più recente lavoro teatrale Earthbound, lei, creatrice e performer che già nel 2018, in Il canto della caduta (vedi qui e anche qui) aveva tentato il salto nel tempo e gettato uno sguardo su una remota comunità che non sapeva che farsene della guerra. Millenni fa, naturalmente.

Cuscunà ora guarda avanti, molto avanti, e affascinata dalla fantascienza radicale di Donna Hataway, prova a immaginare, con i mezzi teatrali di adesso, quel che potrebbe essere l’orizzonte umano, post-umano, o trans-umano – lo scopriremo vivendo – di domani.

Però la fantascienza, anche la più avanzata, come questa creata da Haraway, eco-femminista statunitense, autrice del Manifesto Cyborg, non è una previsione di futuro. È invece – almeno a mio avviso – la capacità di leggere l’oggi da un punto di vista diverso da quello abituale e banale. Giornalistico, in definitiva.

Marta Cuscunà e un pupazzo - ph Guido Mencari
Earthbound – Marta Cuscunà – ph Guido Mencari

Posizione 2425

Seguiamo dunque Cuscunà e teletrasportiamoci assieme a lei nel 2425. Che sarà un mondo fortemente inquinato e infetto (proprio come quello odierno). Che vedrà le intelligenze artificiali svolgere tutti i compiti di routine (come succede già oggi). Un mondo in cui l’homo sapiens si abituerà a convivere con altre creature che si saranno evolute grazie a salti di specie (e anche su questo oggi siamo abbastanza ben informati, e perfino vaccinati).

Il futuro insomma è dietro la porta. Anzi, è già entrato.

EarthBound. Legati al pianeta, dipendenti dalle tecnologie

Pure il vocabolario usato dalle future creature sembra quello contemporaneo. Parole come connessione, abilitazione, sincronizzazione, tornano spesso, a ricordarci che ieri, come oggi e come domani, siamo stati e saremo sempre dipendenti dalla tecnologia.

Molti millenni erano la fusione e la lavorazione dei metalli. Ci si sono poi messi la polvere da sparo, il motore a vapore, quello a scoppio, quello elettrico, e infine Steve Jobs e Bill Gates, ad asciugarci il sudore della fronte e a indirizzarci verso una vita sedentaria.

Quella che le future creature di Earthbound sembrano esercitare nel loro habitat, ora spiaggiate sopra uno scoglio, ora appese per le zampe a un ramo, oppure rannicchiate come una pianta cactacea nella propria comfort zone.

Earthbound. Abitanti di un’enorme sfera che gira

Nell’impianto scenografico che Paola Villani ha preparato per Earthbound c’è una enorme sfera abitata che gira. E lascia di volta in volta intravedere questi nuovi esseri – simbiogenetici scrive Haraway – cui le leggi del sovrapopolamento hanno ostacolato la riproduzione. Oppure dà visibilità a esseri decrepiti e fisicamente impotenti (in pratica, la nostra specie, oramai prossima all’estinzione). 

Earthbound - Marta Cuscunà - ph Guido Mencari
Earthbound – Marta Cuscunà – ph Guido Mencari

Di lato, Villani ha collocato un alberello stentato, per dire che la natura naturans comunque esiste ancora. E si potrebbe in qualche modo farla rifiorire, grazie alle tecnologie green, naturalmente.

A fare la spola tra la sfera e l’alberello c’è Marta Cuscunà, che si muove veloce e disinvolta su un monoruota (se non immaginate che cos’è, vedetevi questo link) e dà voce a una futura intelligenza artificiale. Non troppo diversa però dall’Alexa contemporanea di Amazon (vedi qui un mio post su di lei), anche nelle numerose e divertenti defaillance di cui è zeppa la vita degli/delle assistenti digitali di oggi.

Marta Cuscunà - ph Guido Mencari
Earthbound – Marta Cuscunà – ph Guido Mencari

Animatronica

Dovessimo usare parole difficili, diremo che la distopìa annunciata da Donna Haraway e portata in scena da Cuscunà, con pupazzi animatronici (cioè meccanismi rigorosamente mossi a mano) è un’immagine dello stato di equilibrio delle società odierne.

La contesa tra la spinta all’innovazione avventurosa e le sicurezze riposte nella tradizione. O con più semplici parole, l’inestinguibile battaglia tra progressisti e conservatori, tra gli integrati e gli apocalittici che Umberto Eco immaginava scontrarsi nella cultura di massa. E che oggi si è trasferita, nel mondo occidentale almeno, ai consumi di massa. Letali, come si sa, per la sopravvivenza del pianeta.

Gli aggeggi aninatronici di Earthbound - ph Guido Mencari
Gli aggeggi aninatronici di Earthbound – ph Guido Mencari

Su questo Haraway e l’antropologo francese Bruno Latour (da cui Cuscunà ha ripreso il titolo Earthbound) hanno parecchie cose da dire.

Gli spettatori più attenti sapranno coglierle e ci rifletteranno sopra. Io per esempio vi ho scorto la somiglianza tra intelligenze artificiali e immortalità dello spirito. Che è un pensiero parareligioso.

Altri, meno portati a sognare il futuro, potranno seguire la favola , ma senza entusiasmarsi troppo. Perché l’avvenire non è materia per tutti i palati.

Se vi interessa tuttavia sapere qualcosa di più su Haraway e sul suo romanzo, andate qui e buona lettura.

Oppure guardatevi questo video:

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EarthBound
ovvero le storie delle Camille

liberamente ispirato a Staying with the trouble di Donna Haraway
di e con Marta Cuscunà
scena Paola Villani
assistenza regista e scenografica Marco Rogante
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, Etnorama
con il sostegno di São Luiz Teatro Municipal (Lisbona)
con il supporto di Istituto Italiano di Cultura di Lisbona, i-Portunus, A Tarumba – Teatro de Marionetas (Lisbona)

Mi vedi? Con Zoom, dentro a stanze che non sono le nostre

Un’esperienza emotiva su Zoom. Una perlustrazione di sentimenti online. Una vita che non è la nostra. Ma si vive in tempo reale.

Mi vedi? di Guillermo Pisani. Schermata di Zoom

Mi vedi? è il titolo. Con un punto di domanda alla fine. La risposta è un’esperienza emotiva su Zoom, una perlustrazione di sentimenti sulla nota piattaforma per videoconferenze. Tre stanze dentro alle quali vivere, a distanza.

Animano quelle stanze sei attori e un centinaio di spettatori per sera, connessi “da là dove si trovano”. Dal divano del salotto, dal proprio studio o dalla cucina, dal posto di lavoro, dal sedile del treno che li riporta a casa…

Mi vedi?” è la domanda che torna spesso sulle nostre bocche. Soprattutto quando, davanti allo schermo, in videoconferenza, proviamo a trovare un rapporto con gli altri, mentre distanziamento, isolamento, mancanza di cinema, di teatri, di luoghi di incontro, ci costringono a essere soltanto immagini. Piccoli riquadri dentro la schermata.

Mi vedi? è quindi qualcosa da provare. Non per lavoro, o per necessità, ma per il piacere di scoprire che i limiti possono diventare canali d’espressione. Per la curiosità di capire come Zoom può trasformarsi in uno spazio emotivo, o di gioco. Per sapere come gli altri ci vedono, quando solo le facce e le voci, sembrano dover dire tutto di noi, rettangolini dentro le videochat.

L’idea è del regista e autore argentino, ma da tempo approdato in Francia, Guillermo Pisani, che dice: “Ciò che mi ha colpito, in questi mesi di videoconferenze forzate, è come gli spazi privati delle nostre case si siano aperti a una dimensione pubblica”.

Pisani utilizza le più recenti funzioni di Zoom per creare, durante la performance, tre diverse stanze virtuali nelle quali gli spettatori collegati in tempo reale possono muoversi e interloquire con gli attori che le abitano. In ogni stanza, simultaneamente, si sviluppa una situazione. Magari è un episodio doloroso. Oppure un acceso dibattito sul quale prendere posizione. O qualcos’altro ancora.

Spettatore che segue "Mi vedi?" di Guillermo Pisani

L’anteprima dello spettacolo, in versione italiana, è prevista sabato 20 febbraio (ore 21, con l’invito a connettersi su Zoom dopo essersi registrati), poi due repliche (sabato 27 e sabato 5 marzo). Biglietti si acquistano dal sito internet del Css – Udine che ospita Mi vedi? nella stagione teatrale Blossom-Contatto.

“Fa una forte impressione vedere tutte queste persone affacciarsi dal nostro schermo. Però mi interessa di più capire – continua Pisani – come ciascuno di noi può modificare la ‘scena sociale’ su si trova a interagire con agli altri, e in tempo reale”.

Il progetto Mi vedi? è stato realizzato inizialmente in Francia, una collaborazione tra il Teatro di Caen, in Normandia, e la compagnia fondata dallo stesso Pisani. L’adattamento e la traduzione che lo portano ora in Italia (ma ci si può registrare all’evento da ogni parte del mondo) è di Rita Maffei. Ad accogliere i partecipanti in ciascuna stanza ci saranno Paolo Fagiolo, Daniele Fior, Rita Maffei, Klaus Martini, Nicoletta Oscuro, Francesca Osso.

“Il senso di questo progetto va ben oltre l’emergenza sanitaria che ci limita nei movimenti – dice Pisani – che ha messo in questione i limiti stessi della democrazia e ci ha interrogati sul senso della condizione umana. Passata la crisi, i fenomeni e le tendenze che adesso sono state scoperte e accelerate, non scompariranno certo”.

Sarebbe questo su Zoom il futuro del teatro, è la domanda che sorge spontanea. “No, assolutamente no. Il futuro del teatro continuerà ad essere quello di incontrarsi dal vivo, tutti assieme intorno a un’opera rappresentata dal vivo. Ma queste sono esperienze prepotentemente entrate nelle nostre vite: è necessario e appassionante capire quale sarà il segno che lasceranno”.

[questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano IL PICCOLO, domenica 14 febbraio 2021]

Link a un servizio di Arte.tv e a uno di Theatre-contempororain.net sul progetto di Pisani:

https://www.arte.tv/fr/videos/101026-000-A/la-tu-me-vois-la-creation-theatrale-en-visioconference/

https://www.theatre-contemporain.net/embed/UkoHR6cB

Mileva, il minidocu. Come il teatro rimedia se stesso

Vi ricordate di Mileva Marić, la donna che sussurrava a Einstein? 

Enigmatica e sfortunata scienziata, Mileva era stata la prima donna a essere ammessa, nel 1896, al Politecnico di Zurigo. Sui banchi di quell’università, allora uno dei istituti d’eccellenza mondiale, aveva incontrato e conosciuto uno studente che prometteva molto, Albert Einstein. Si erano anche sposati.

 

Dentro a Mileva - minidocu

A proposito di Mileva ho scritto un post su QuanteScene! all’inizio di febbraio (qui il link al post del 4 febbraio 2020). Proprio con questo titolo – Mileva – una giovane attrice, Ksenija Martinovic, aveva presentato in quei giorni lo spettacolo da lei pensato e creato attorno a quella donna, storicamente quasi sconosciuta. Le luci e le ombre che il lavoro scientifico di Mileva Marić, il suo ruolo di moglie, le vicissitudini di un rapporto complesso, potevano aver proiettato sulla vita e sulla carriera dell’uomo che avrebbe cambiato il corso della scienza nel ‘900.

Poi è successo quel che è successo

Per lo spettacolo prodotto dal CSS – Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia – era prevista una tournée. Sappiamo bene che cosa è successo, in Italia e nel resto del mondo, a cominciare da febbraio.

Mileva, la sua storia, quel titolo, quella produzione, sono rimasti chiusi nella memoria di qualche centinaio di spettatori: soltanto quelli che l’avevano vista nelle prime repliche.

 

 

L’emergenza, che dura da 10 mesi e che ha colpito nella sostanza essenziale anche il settore dello spettacolo dal vivo, ha avuto tuttavia la funzione di attivare ragionamenti e pratiche nuovi

E la decisione, di trasformare quattro recenti produzioni CSS in altrettanti docufilm, da condividere in Rete, ha fatto sì che di Mileva, oggi si possa parlare di nuovo. 

Il lavoro in post produzione di Fabrizio Arcuri che dietro una videocamera, assieme a Stefano Bergomas, ha registrato la costruzione e le prime repliche dello spettacolo, permette ora a Mileva di essere di nuovo oggetto di curiosità e di interesse. Del nostro interesse.

Rimediare Mileva

Altre volte ho parlato del senso che sembra oggi acquistare il verbo rimediare. Non soltanto, alla romanesca: metterci una pezza. E più prosaicamente ancora: trovare qualche anima buona con cui passare la notte. Rimediazione è il lavoro che adatta e trasforma contenuti, traghettandoli da un medium a un altro medium. 

Mileva Minidocu 10_2020

Non vi rovinerò il weekend invitandovi a leggere un lavoro fondamentale in questo senso, di 20 anni fa, e in inglese anche: il potente saggio di Jay David Bolter e Richard Grusin che si intitola Remediation. Understanding New Media (The MIT Press, Cambridge, MA).

No no, tranquilli. Però un pensierino sulla frase che segue e che è scritta  da loro, quando avete tempo, fatela. Mi raccomando.

Ogni nuovo medium trova una sua legittimazione perché riempie un vuoto o corregge un errore compiuto dal suo predecessore, perché realizza una promessa non mantenuta dal medium che lo ha preceduto”. 

Una cosa ancora

Dimenticavo di dirvi, che in Mileva, il minidocu, ci sono in qualche modo anch’io. Perché ho visto formarsi e crescere, all’Accademia Nico Pepe di Udine, Ksenija Martinovic. E mi è piaciuto farne un ritratto. 

Ma, nonostante ciò, vale la pena che il minidocu lo vediate. Tutto. Trenta minuti, quattro voci per conoscere Mileva e il lato nascosto di Einstein.

 

DENTRO A è la nuova serie di 4 minidocu curati da Fabrizio Arcuri e dedicati alle più recenti produzioni teatrali Css Udine. È visibile sulla pagina facebook CSS, IGTV, YouTube e Cssudine.it
Sugli stessi canali si possono vedere anche gli altri minidocu realizzati finora da Arcuri per questa serie:

 

– Dentro a… Un intervento di Mike Bartlett (questo è il link

– Dentro a… 

– Dentro a.. .

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MILEVA (2020)
testo di Ksenija Martinovic 
dramaturg Federico Bellini
interpreti Ksenija Martinovic e Mattia Cason
con la consulenza scientifica di Marisa Michelini, professore ordinario di Didattica della Fisica, Università degli Studi di Udine
produzioneCSS – Teatro stabile di innovazione del FVG

 

Danser sur le réseau. Jérôme Bel, coreografo a distanza

“Ho a cuore il destino dell’ambiente”. Per questo, Jérôme Bel ha rinunciato all’aereo. Per questo, ha rinunciato anche alla coreografia. O meglio, alla coreografia come di solito ci capita di immaginarla.

Danze per Laura Pante è un lavoro coreografico creato attraverso Skype e tante email. Debutta questa sera a Udine per Teatro Contatto.

Danze per Laura Pante -  Jérôme Bel

Fino a oggi DAD voleva dire Didattica a Distanza. D’ora in poi ci puoi anche leggere dentro anche danza a distanza.

Tra gli infiniti disastri che l’epidemia Covid ha comportato, uomini e le donne di buona volontà sono però riusciti a scovare anche alcuni aspetti positivi. Pochi: ma ce ne sono. Nel periodo più critico, tra lockdown, cancellazioni, limitazioni, distanziamenti, il virus ci ha costretti ad aguzzare le connessioni digitali: comunicazione in remoto, videoconference, smart working. Potevano gli artisti sottrarsi alla richiesta del momento?

Jérôme Bel, coreografo francese, che alle convenzioni del vivere e del danzare è sempre stato insofferente, ha colto l’opportunità al volo. Pervenuta a lui dal CSS – teatro stabile di innovazione del FVG, l’offerta gli calzava giusta. Una programmazione Covid-free (com’è la stagione Teatro Contatto 2020/21 Blossom-Fioriture, avviata a Udine già lo scorso luglio) lo ha stimolato a concentrarsi su un progetto a cui già stava pensando.

Circa due anni fa ho pensato di modificare i miei metodi di lavoro, per ridurre l’impatto dell’inquinamento sull’ambiente. Così mi sono deciso a non utilizzare più l’aereo, né per i miei progetti francesi, né per quelli internazionali” spiega Bel, in collegamento Skype dalla sua casa di Parigi.

Sono stato un po’ deriso, perfino attaccato per questa scelta, che non mi ha impedito però di realizzare in remoto alcuni progetti in Sudamerica e in Asia. Il risultato è stato discreto e ho pensato perciò che fosse necessario affinare queste tecniche, visto che i dispositivi per farlo non mancano“.

Bel e io stiamo a quasi 1500 km di distanza e la connessione Skype ogni tanto congela il suo volto in qualche simpatica smorfia. Ma dal suo punto di vista non è un problema.

Jérôme Bel è uno di quelli che l’opinione degli altri se la lascia alle spalle. Emancipazione e sperimentazione sono stati per lui principi da seguire sempre. Anche a costo di sentirsi rincorso dai mugugni di sacerdoti e sacerdotesse della danza fatta-come-si-deve.

La sua Shirtology, nel 1997, aveva fatto storcere il naso a molti. Dov’era il coreografo?

Eppure Shirtology e il suo interprete, che si sfila via via di dosso, spiritoso e disinvolto, una trentina di t-shirt decorate, è ancora oggi in repertorio.

E così Disabled Theater. Creazione che, come dice il titolo, portava in scena nel 2012 una decina di performer non canonici, disabili e di una una forza espressiva emozionante. Dov’erano i danzatori? Dov’era la danza?

I lavori di Bel si sono da allora in poi affacciati sul vasto filone del teatro sociale e partecipato e, senza che venisse meno per un solo attimo la volontà autoriale, nelle nuove creazioni si sono fatte strada, piuttosto che una pratica coreografica fine a se stessa, la danza di comunità, l’elogio delle differenze (dilettanti, bambini, persone con disabilità…). “Gente in cui prevale il desiderio di danzare, il processo di emancipazione attraverso l’arte“.

Gala -  Jérôme Bel
Gala (2015) – Jérôme Bel

Di altre mie idee, che riguardavano la danza a distanza, erano già a conoscenza in molti” aggiunge ancora Jérôme Bel. “Desideravo scrivere partiture che fossero di per sé eloquenti e non esigessero il lavoro in presenza con gli interpreti. Quando Fabrizio Arcuri del CSS di Udine, mi ha chiesto di anticipare di un anno il mio nuovo lavoro, ho pensato che era il momento giusto“.

Laura Pante durante l'elaborazione della nuova creazione di Jérôme Bel
Laura Pante durante l’elaborazione della nuova creazione di Jérôme Bel

Con Laura Pante – danzatrice, ma anche coreografa e graphic designer – Bel ha dato avvio a un fitto epistolario via email, e poi a sessioni Skype, durante le quali, in un paio di mesi, si è andata consolidando la nuova creazione: Danze per Laura Pante (vedi qui la locandina).

L’interesse del coreografo era rivolto a una co-autrice che, nel momento in cui veniva meno il controllo del coreografo sullo spazio (piattamente restituito dal monitor del computer), “potesse sostanziare ciò che manca con l’intelligenza del proprio corpo e dello spazio locale“.

In modo che un progetto coreografico globale, spendibile in tutto il mondo, possa di volta in volta acquisire un profilo locale, grazie a un lavoro specifico, territoriale.

Il che significa tradurre glocal (globale/locale) in danza. Un’esperimento.

Così, a cominciare da stasera, al Teatro S. Giorgio di Udine, la coreografia a distanza di Jérôme Bel prende corpo.

Danze perLaura Pante -  Jérôme Bel

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DANZE PER LAURA PANTE
concept Jérôme Bel
di e con Laura Pante
musiche originali Guglielmo Bottin, Beatrice Goldoni
assistente Chiara Gallerani
crediti fotografici Dido Fontana

una produzione CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, in collaborazione con Institut français Italia e Fondazione Nuovi Mecenati
Il lavoro di Jérôme Bel è sostenuto da Direction régionale des affaires culturelles d’Ile-de-France, Ministero della Cultura–Francia

30 spettatori ammessi a ciascuna replica
2-3-4-28-29-30 ottobre
14-15-26-27-28 novembre
3-4-5-6 dicembre
Udine, Teatro S. Giorgio